Il Festival della canzone italiana arriva alla sua 72esima edizione e come sempre porta con sé voce, polemica e riflettori. Il leitmotiv delle prime due serate lo si ritrova nel commento inaugurale di Amadeus “Sono felice di iniziare questa mia terza avventura e mi auguro che sia il festival della gioia”. Insomma, un Festival leggero, forse anche troppo o almeno fino ad ora. Tanto si sa: la scaletta può cambiare fino all’ultimo.
E si incorona ufficialmente come show, un “Talent e quale show”. Se durante la prima puntata l’Ariston si è trasformato in una vera discoteca con mascherina (chiusure permettendo?!) tanto che lo stesso Dargen D’Amico mette il Dito nella piaga, senza Donatella Rettore, e canta “Dove si balla”, tra le incertezze e difficoltà, a cui la pandemia ci ha quasi abituati, interpretandola come antidoto alla quotidianità. Ieri sera Checco Zalone, nuotando probabilmente in un mare non suo, parte lento; ma poi con un colpo di coda lancia due ritornelli che restano in testa. Una satira sulla pandemia, semplice ma diretta. E i virologi diventano i Bohemian Rhapsody del momento.
Stiamo assistendo a una kermesse quasi pre-pandemica, con baci, scivoloni e abbracci. Gli spettatori riempiono il teatro al 100% e si alzano in piedi anche per ballare. Un ritorno alla normalità grazie ai vaccini, ma anche qualche “italianata” di troppo come quella di Amadeus che con il cappellino va a ritirare i Maneskin con il trenino. La band, nonostante la gag iniziale del conduttore, è perfetta, interpretazione da star internazionali e Damiano si commuove. La bellezza e l’arte di chi, l’arte, la fa davvero.
Dunque, Amadeus quest’anno offre un fritto misto con sguardo sul porticciolo, da un lato musicalità innovative e voli pindarici, dall’altro gli applausi per i boomers e in mezzo c’è Gianni Morandi.
In tutto questo, ogni tanto qualche battuta sull’elezione del Presidente Mattarella, al quale Fiorello si paragona per essere stato anche lui tirato sul palco per la giacchetta e dall’altro il “Banche unificate” di Draghi.
Una formula che per il Direttore di Rai1, Stefano Coletta, restituisce: «Uno show che va incontro ai bisogni primari del pubblico: la voglia di innamorarci, di danzare, di leggerezza, di incontrarsi, di dirsi delle cose. La selezione musicale di Amadeus raggiunge una maturità significativa, che è espressione massima del festival. E un Festival davvero per tutti. Saranno cinque serate di evasione». Un Festival quindi per tutti, ma forse anche troppi. Un Festival che comunque fa economia e produce indotto, e che vede riunite, lontane dai riflettori, circa 300 maestranze e professionalità, tra cui Fi.Fa Security Network, azienda marchigiana, punto di riferimento per i servizi di vigilanza e per la gestione di grandi eventi a livello nazionale. Si occupa delle attività necessarie al mantenimento delle condizioni generali di sicurezza: dalla verifica degli accessi, alla protezione di presentatori, cantanti e ospiti presenti alla 72° edizione della kermesse più importante del nostro Paese.
Insomma stiamo assistendo a un Festival di Sanremo, almeno fino ad ora, che ricalca quelli del tempo pre Baglioni, che lascia spazio a polemiche, come nel caso del Battesimo di Achille Lauro, contestato duramente dal Vescovo di Sanremo Mons. Antonio Suetta “la brutta piega che, ormai da tempo, ha preso questo evento canoro” alla querela da parte del Codacons. Fino alla confermata presenza di Saviano che intervenendo sulla Strage di Capaci ha riaperto il dibattito tra le forze politiche sulla necessità di affrontare un tema così doloroso per il Paese.
In particolare, Federico Mollicone, deputato Fdi e componente della commissione di Vigilanza Rai attacca: «La presenza di Saviano a Sanremo per parlare dei 30 anni dalla strage di Capaci è un oltraggio al tema stesso».
Di diverso avviso Alessandra Carbonaro, vicecapogruppo del Movimento cinque stelle alla Camera dei deputati che su Facebook scrive: “Scioccante che si veda una minaccia in uno scrittore e giornalista che ha saputo raccontare a tutti gli italiani la realtà e l’orrore delle mafie, e che per questo vive da anni sotto scorta. Diffondere e rafforzare la cultura dell’antimafia va a favore del Paese, sempre”. “Ma cosa c’entra il Festival di Sanremo con la strage di Capaci? Non credo sia opportuno usare quel palco lì per parlare del trentennale delle stragi” ribatte invece Giuseppe Costanza, l’autista del giudice Falcone sopravvissuto alla strage.
Da parte sua, Saviano in un post su Instagram spiega: “È un onore per me e una grande responsabilità ricordare, giovedì 3 febbraio a Sanremo, a 30 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, la rivoluzione civile di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ci tengo a dire che interverrò a Sanremo a titolo gratuito; importantissimo per me, sul palco dell’Ariston, poter raccontare il sacrificio di due uomini che hanno cambiato radicalmente non solo le modalità del contrasto alle organizzazioni criminali, ma anche la loro narrazione. È a Falcone e Borsellino che dobbiamo la nostra capacità di guardare in modo radicalmente diverso alla sintassi del potere”.
È proprio così, Sanremo è Sanremo e non si smentisce mai. Lo scorso anno ci ha stupiti e tenuto compagnia, proprio in un momento in cui ne avevamo più bisogno chiusi al sicuro nelle nostre case, lasciandoci “fuori di testa” con un tocco di “musica leggerissima”. Questa edizione, almeno sino ad ora, è il Festival come lo conoscevamo, donne dimesse al fianco di “Uomini Soli”, esibizioni interessanti, ma nel solco della tradizione, con qualche “papalina” qua e là per far salire i punteggi al FantaSanremo. Chissà probabilmente è questo il compromesso per il ritorno alla normalità.