Cultura

Un anno dai molti titoli

31
Dicembre 2022
Di Piero Tatafiore

Quando abbiamo deciso di dare alle stampe l’Yearly Book 2022 immediatamente abbiamo pensato a questo come l’anno dai molti titoli, giornalisticamente parlando. Un anno che sembra tagliato sulla fruizione dei contenuti che abbiamo oggi, “modalità Netflix”, come è stata definita, cioè da serie tv, dove se non succede qualcosa nel primo quarto d’ora, si cambia titolo. Di eventi rimarchevoli ne sono accaduti tanti, forse più che in passato, concentrati nello stesso anno: dalla guerra in Ucraina, alla crisi energetica, dalla prima donna presidente del Consiglio, al primo governo di destra-centro, fino alla morte della regina Elisabetta che, simbolicamente, chiudeva definitivamente il XX secolo. Solo per citarne alcuni. Definimmo il 2022 “l’anno dai molti titoli” a novembre, per esigenza di invio in stampa. Eppure l’anno non era finito, altri titoli da allora ad oggi sono emersi: dai mondiali di calcio in Qatar allo scandalo della corruzione al Parlamento europeo che sta scuotendo le istituzioni di Bruxelles, dalla recrudescenza del Covid in Cina che allarma il mondo, fino alla morte del “GOAT”, greatest of all times, il più grande di tutti: Pelé.

E con la stessa facilità si tendono a bruciare i ricordi. Mario Draghi acclamato come salvatore della patria, rispettato e ammirato in tutto il mondo; Mario Draghi protagonista della foto simbolo (forse) del 2022 – quella sul treno per Kiev con Macron e Scholz – dimessosi in maniera concitata a fine luglio, oggi pare quasi dimenticato. Draghi, pur al governo con consensi altissimi, quando alcune forze politiche hanno fatto esplicito riferimento alla sua “agenda” alle Politiche dello scorso settembre, hanno perso senza appello. Oggi c’è un altro governo, quello di Giorgia Meloni – unico opposizione al governo Draghi – che è in piena luna di miele con gli italiani: gli ultimi sondaggi danno Fratelli d’Italia al 32% e il gradimento della Premier a sfiorare il 60%, in crescita da inizio mandato.

Superato lo scoglio di una legge di bilancio difficilissima per contesto e tempi (il governo si è insediato solo il 22 ottobre), evitato lo spettro dell’esercizio provvisorio, il governo Meloni si trova ora a gestire il primo anno “ordinario”, se può essere ordinaria la gestione di un governo in tempi come questi. Dovrà cercare di sostenere la produzione industriale, evitare una flessione eccessiva del PIL, gestire dossier delicati sul fronte europeo, portare a casa i progetti del PNRR (“come gli antichi romani facevano coi ponti”, cit.), raffreddare l’inflazione, combattere la disoccupazione giovanile, solo per elencarne alcuni. E a febbraio due importantissime scadenze elettorali, le Regionali in Lombardia e nel Lazio. Ma nel 2023 ci sarà anche il congresso del Partito democratico, con un nuovo leader in grado di far dimenticare l’annus horribilis del PD (copyright Ettore Colombo).

Sul fronte internazionale l’augurio è che il 2023 riesca a vedere la pace in Ucraina, evitando tensioni come accaduto in Kosovo nelle settimane passate. Con un occhio alla Cina, che sembra in difficoltà nella gestione del Covid e delle sue ondate. Senza dimenticare il costo dell’energia da cui dipende una parte della politica economica delle singole nazioni.

Ci sarà molto da osservare, nel 2023. Noi di The Watcher Post seguiremo ciò che accade con la consueta attenzione, cercando di spiegare il perché delle cose. Noi ci saremo, voi non mancate.

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