Sarà davvero la volta buona? Davvero questa emergenza ci ha scossi profondamente facendoci rendere conto che non ci sono più margini per sopravvivere di rendita?
Andiamo con ordine. Nel Piano turistico presentato nel 2017 – ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo era Dario Franceschini – erano stati individuati questi tre pilastri, come ha ricordato la Sottosegretaria Lorenza Bonaccorsi durante il webinar “Ripartiamo dai borghi” organizzato da Confagricoltura: innovazione, accessibilità, sostenibilità. Le stesse tre linee guida che, a leggere editoriali e sentire commenti, valgono oggi.
Messo da parte il dubbio che nei tre anni passati poco o nulla sia stato fatto, partiamo dall’oggi. In un’estate dove i turisti internazionali saranno purtroppo ben pochi, il Centro Studi di Confagricoltura stima una perdita per 1,5 miliardi di euro di fatturato nella filiera dell’agriturismo e la Fondazione Bruno Visentini parla di 1,8 miliardi di possibili perdite per le attività e l’indotto che ruota intorno alle dimore storiche aperte al pubblico. Intanto si torna con insistenza a parlare di borghi, turismo di prossimità, lento, diffuso.
Ma per passare dalle parole ai fatti serve “mettere a terra” subito qualcuno di questi progetti. C’è bisogno, come ha ribadito il Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, di fare una riflessione di sistema per individuare le aree interne da valorizzare, verificare le risorse a disposizione – anche quelle europee – e decidere come investirle, attivando subito un percorso di condivisione tra tutti gli attori, dal Governo ai privati che sul territorio vivono e investono.
Progetti che non potranno essere ovunque come quello realizzato negli ultimi anni a Sambuca di Sicilia: un comune di circa 6.000 abitanti in Provincia di Agrigento. Ma che da questa storia potrebbero trarre spunto. L’ha raccontata Francesca Planeta, dell’omonima azienda vitivinicola, che dall’operazione lanciata nel 2018 dall’amministrazione comunale locale ha sicuramente beneficiato in questi anni. Quando quattro anni fa Sambuca di Sicilia venne indicato come “Borgo dei borghi” le presenze di curiosi e turisti sul territorio sono iniziate ad aumentare, con evidenti effetti positivi per le diverse attività locali. Poi nel 2018 l’amministrazione decise di aderire al progetto “Case a 1 euro” partito da alcuni comuni italiani con l’intento di contrastare l’abbandono del territorio e far tornare alla vita e all’attività le aree in difficoltà. Un’operazione che, a Sambuca di Sicilia, ha generato un boom di presenze, un ricavato di oltre 2 milioni di euro, la nascita di dodici b&b, tre negozi di ceramica, con una diffusione dell’immagine positiva anche delle cantine della famiglia Planeta in numerosi Paesi nel mondo. Un’operazione che ha iniziato a stimolare la ripartenza anche delle attività artigiane, mestieri che altrimenti, come ha sottolineato la stessa Planeta “rischiano di scomparire”.
Tutte figure professionali che potrebbero tornare a essere richieste anche se si stimolassero seriamente gli investimenti sul patrimonio culturale privato, caratterizzato da una rete di oltre 14mila immobili vincolati sotto l’aspetto culturale-artistico-architettonico, sparsi sul territorio, immobili che in un progetto di ripartenza dai borghi potrebbero giocare un ruolo di primo piano.
Manutenere, restaurare, migliorare anche dal punto di vista della tenuta sismica ville, palazzi, castelli, giardini, rocche, torri, significa mettere in moto l’economia dei territori nei quali questo patrimonio si trova, territori che nella maggior parte dei casi sono comuni sotto i 20mila abitanti o proprio i piccoli borghi.
Non si capisce fino in fondo, quindi, la ratio che ha portato all’attuale testo del decreto rilancio, come ha sottolineato il Presidente dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, Giacomo di Thiene, proprio nel corso del webinar di Confagricoltura: un testo confusionario, ancora in fase di interpretazione, nel quale gli immobili vincolati sono di fatto esclusi dai benefici fiscali di ecobonus e sismabonus.
Un cortocircuito che non si sa bene a chi o cosa ricondurre, ma le cui potenziali conseguenze sono chiare a tutti: rischiare di far spegnere ancora di più i nostri borghi, perdere maestranze, non consentire ai giovani ben formati e preparati di cimentarsi con la vita reale e lasciare solo sulla carta le dichiarazioni su un nuovo modo di concepire la riscoperta delle aree interne e di un turismo sostenibile. Un rischio che, con volontà politica e attenzione, si può ancora scongiurare.
Francesca Maffini
photo credits: borgando