Cultura

Tra carta e digitale vince il Salone Internazionale del Libro

24
Maggio 2022
Di Flavia Iannilli

La rinascita di Torino non si limita agli Eurovision. A non temere le sfide, a soli sette mesi dall’edizione precedente, è il Salone Internazionale del Libro. Con 110mila metri quadrati di superficie è il più grande di sempre, 893 sono gli editori ad aver partecipato, 1550 gli appuntamenti nelle 33 sale convegno scandite da un programma fittissimo e con ospiti che hanno creato file interminabili. Il boom di vendite per gli editori lo proclama un Salone da record.

Non fanno eccezione i giorni lavorativi, durante i quali il Lingotto ha pullulato di giovani dagli universitari ai più piccoli, per i quali sono stati creati spazi ad hoc, tanto da far esclamare qualche mamma “Questa sì che è una signora gita!”. E non stupisce solo i piccini perché veder riprodotto il “bosco degli scrittori” (in cui la parola bosco viene presa alla lettera) dentro il padiglione Oval entusiasma anche i più cinici, nonostante continuino a trovare qualche pecca. Un evento che trova spazio anche per la memoria, a spiccare sono il trentennale dalle stragi di Capaci e via D’Amelio e il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini.

Al termine di questa edizione, dove il Salone ha ritrovato la propria ciclicità riunendo tutta la filiera, si può affermare che il libro non è solo un’isola; e se lo fosse, è molto lontana da quella in cui si trova Tom Hanks in Cast Away ispirata al romanzo di Daniel Defoe. Piuttosto, se il Salone di quest’anno fosse un libro, si potrebbe paragonare più alla saga di George R. R. Martin che, per quanto molti possano ormai considerare mainstream, ha rappresentato in maniera meticolosa ogni suo personaggio facilmente paragonabile alle personalità ospitate dal Lingotto, senza tralasciare gli obiettivi che ogni autorità deve raggiungere totalmente accostabile alle tematiche affrontate dagli ospiti nelle sale convegno.

I circa 169mila visitatori del Salone si sono fatti largo tra i grandi temi di attualità. Forse proprio per questo fa scalpore la tensione tra Pif ed Elio Germano sul modo di raccontare la guerra, facendo evincere quanto sia difficile trovare la pace. Si passa dalla salvaguardia del Pianeta al benessere psicologico e fisico, dalla qualità dell’istruzione alla riduzione delle disuguaglianze, dalla guerra in Ucraina all’innovazione del settore.

Un nodo, quest’ultimo, che lascia ampio spazio alla riflessione. Mentre in altri campi la digitalizzazione prende piede, quello dell’editoria sembra andare a rilento. Come si pensa di ridurre questo gap? Il pensiero è quello di creare delle “Call to action” per prenotare le presentazioni o prendere le adesioni a progetti e laboratori. Ma altrettanto importante è creare connessioni tra editori, librai e agenti, sia per il passaggio di informazioni che per la condivisione di feedback. Uno scambio che permetterebbe di mettere in evidenza sul web quali sono i titoli di tendenza, un processo che può passare attraverso i social, con l’aggiunta di un canale Telegram per veicolare le flash news. Questo permetterebbe di esaltare anche le piccole case editrici e di valorizzare le diversità. Un processo che inizierebbe a fare la differenza.

Ma la digitalizzazione dell’editoria non passa solo dallo scambio di informazioni tra chi i libri li fa e il lettore. Perché è difficile immaginare come uno strumento cartaceo possa essere accompagnato al digitale. Ad oggi si è pensato alla produzione di QR Code applicati alle pagine dei libri in modo da poter agganciare i contributi digitali. Uno strumento semplice ma immediato e l’innovazione si trova nello snellire alcuni procedimenti. Il secondo step che ci si propone è quello di far vivere contenuti fisici attraverso i dispositivi, cercando di far coesistere i due strumenti.

A questo punto la domanda a cui dovrebbe rispondere l’appassionato, che non è più solo lettore, sarebbe: qual è la reazione che si avrebbe se si potesse ricevere il racconto di una storia da poter ricordare con l’esperienza di tutto il corpo e non solo con l’immaginazione? Probabilmente ci sarebbe una totale spaccatura nella risposta. La stessa crepa che si trova, ad oggi, con l’impatto visivo di un film tratto da una saga o da un romanzo. La possibilità di immaginare un personaggio, una situazione, un paesaggio, un sentimento, una descrizione che si legge all’interno di un libro è personale. Il fatto che un regista possa dare vita all’immaginazione di molti è difficile che possa trovare una positiva unanimità da parte dei lettori.

Non a caso Fellini si impose di non rappresentare mai la Divina Commedia, poiché il capolavoro di Dante si mostrava già da solo. Se da una parte si tratta di una sfida dall’altra si intende che la digitalizzazione nell’editoria è complessa proprio perché entra nell’intimo delle persone.

Per quanto qualcuno abbia parlato di vanità all’interno del Lingotto, “Cuori Selvaggi”, questo il titolo dell’edizione 2022 del Salone, ha fatto scendere in campo riflessioni e voci che necessitavano di uscire soprattutto al tramonto della pandemia. Perché in questo tempo complicato, tra emergenza sanitaria e guerra alle porte, i libri hanno significato un approdo in un’isola personale ma felice.

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