Cultura
Scuola: vacanze invernali più lunghe e lezioni fino al 10 luglio. Perché no?
Di Paolo Bozzacchi
L’esperienza insegna. O almeno dovrebbe. Dopo due anni di pandemia è ormai chiaro a tutti che a scuola le lezioni in presenza sono a rischio ogni anno nei mesi centrali dell’inverno. Perché non allungare le vacanze invernali di una settimana o 10 giorni, quelle pasquali di una settimana (dando anche nuovo respiro alle strutture ricettive in mesi più interessanti a livello commerciale, epidemiologico e climatico) e spostare in avanti il calendario della fine delle lezioni scolastiche intorno al 10 luglio? E perché non fissare questo nuovo calendario a data da destinarsi fin quando la pandemia non sarà solamente uno spiacevole ricordo?
Sarebbe una buona notizia non solo per i ragazzi e per il personale docente sempre più spaventato dal potenziale contagio, ma anche per il settore del turismo, dei trasporti e della ristorazione, pesantemente colpiti da due anni di attività in modalità “apri-chiudi-aspetta-spera”.
Nel mezzo della querelle Governo-Regioni-Presidi (di cui abbiamo scritto qui) sulla riapertura o meno dal 10 gennaio in presenza delle classi nelle settimane di picco della quarta ondata del virus Covid19 (variante Omicron), urgono pragmatismo e buon senso. Ma anche visione di lungo periodo. Notizie come quella del Governo Draghi pronto ad impugnare l’ordinanza del Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che stabilisce la didattica a distanza fino al prossimo 29 gennaio per le scuole elementari e medie, non sono di grande aiuto per dare risposta definitiva al problema della scuola a singhiozzo.
Le ragioni addotte dal Ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi per contrastare la decisione di De Luca partono dall’efficacia del vaccino: “Nessuno nega la ripresa dei contagi, legata anche alle festività. Rispetto allo scorso anno però c’è una grande differenza, il vaccino. Il personale scolastico, anche prima dell’obbligo, era vaccinato già al 95%, studentesse e studenti hanno risposto con entusiasmo e responsabilità alla campagna e nella fascia tra i 12 e 19 anni la copertura è oltre il 75%. Il vaccino è lo strumento per tutelare la scuola, per un ritorno alla normalità. Il governo ha anche stanziato 92 milioni di euro per i test gratis ai ragazzi della secondaria”. Poi Bianchi allarga lo sguardo all’Europa: “Nessun governo nazionale dei grandi Paesi europei, come Francia o Spagna, ha chiuso le scuole. Se fosse necessario, devono essere le ultime a chiudere. Si possono far scattare le lezioni a distanza solo in casi eccezionali. Ma il ricorso massiccio alla didattica a distanza, oggi, come se i vaccini non ci fossero, sarebbe un errore”.
Proprio perché le nuove regole (per 10 giorni in dad alla materna con un positivo, alle elementari con due e alle medie/superiori con tre) non danno la sensazione di una scuola aperta in presenza per molti, andiamo alla ricerca di proposte alternative e diamo spazio ad una voce più sussurrata delle altre, ma non meno autorevole.
E’ quella dei medici di Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Il Presidente Filippo Anelli è stato chiaro: “C’è tra i colleghi una forte preoccupazione per il picco atteso verso la metà del mese. Le misure messe in atto dal Governo sono importanti, ma potrebbero non essere sufficienti per arginare il diffondersi dell’epidemia. I due anni trascorsi ci hanno insegnato che una misura davvero efficace è quella di limitare, in vista del picco, i contatti tra le persone. La riapertura delle scuole, in un momento in cui gli studenti hanno appena iniziato a vaccinarsi o a fare i richiami, a seconda delle fasce d’età, ci preoccupa, così come preoccupa i presidi. Per questo chiediamo uno stop di 15 giorni, da recuperare poi a giugno, quando dovremmo essere fuori dall’emergenza”.
Cui fa da eco Guido Rasi, il consulente del Commissario Figliuolo nonché ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea dei medicinali che a titolo personale ha dichiarato a Il Sole 24 Ore: “Due settimane di didattica a distanza sarebbero molto importanti perché oggi siamo a 200mila casi sottostimati. Immaginiamo tra una settimana cosa vedremo. Se non facciamo due settimane adesso dovremo fare una cosa frammentata per i prossimi tre mesi”.
Se l’esperienza insegna e l’eccezionalità del momento può essere intesa più come opportunità di pensare in grande che occasione di depressione, la proposta di modifica del calendario scolastico fino a pandemia finita potrebbe aiutare il contenimento dei contagi, mettere d’accordo i ragazzi, le famiglie, il personale scolastico, le Regioni e il Governo e dare un piccolo grande aiuto all’economia. Perché no?