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Dopo questo Sanremo, l’industria musicale deve crederci

19
Febbraio 2025
Di Giampiero Cinelli

Il Festival di Sanremo ha convinto tutti. E lo ha fatto anche nei numeri. La kermesse ligure, in questo periodo storico, è a tutti gli effetti un rito collettivo che tiene sul divano, dai più grandi ai più piccoli. Straordinari i numeri della serata cover, che ha registrato il 70,8% di share con 13.5 milioni di spettatori, dei quali moltissimi nella fascia 15-24 anni. Nel target giovanile si è ravvisato addirittura un 90,7% alle 23:48 di venerdì. La media di ascolti complessiva è stata del 67.1%, la più alta di sempre.

I numeri da capogiro
L’impatto economico del Sanremo di Conti è stato di 245 milioni di euro, maggiore di 40 milioni rispetto all’edizione del 2024, vantando una raccolta pubblicitaria grazie agli sponsor di 67 milioni di euro, senza contare i 1.500 posti di lavoro temporanei creati, come ha rilevato la Camera di Commercio di Imperia.

Dati che ci fanno capire che l’industria musicale italiana non va sottovalutata. Secondo le rilevazioni dei primi 9 mesi del 2024, genera un valore totale di 4,3 miliardi di euro (stima di Fimi) inclusi tutti i comparti (prevalentemente discografia, concerti, diritto d’autore, che crescono). L’effetto moltiplicatore, in cui si conta anche la vendita di strumenti, fa arrivare il valore prodotto a 5 miliardi.

La musica nella rivoluzione virtuale
Se però un settore ha potenzialità di generare molto valore, e soprattutto è in trasformazione, nel quadro dell’economia digitale, allora bisognerà stare attenti a come si tutelano ambiti che quella trasformazione la vivono in pieno, necessitando di regolamentazioni ad hoc. Ad esempio il mercato dei diritti d’autore, da poco liberalizzato, dove non solo assistiamo ad una diversificazione dei soggetti agenti, ma anche all’interessamento massiccio del mondo della finanza.

Diritti d’autore, la nuova corsa all’oro
Perché? Perché sui diritti d’autore oggi si può investire, aspettando i ritorni. Proprio come se fossero bond. Li paragona a dei bond Davide d’Altri – fondatore e Ceo di Soundreef, società di gestione di diritti d’autore –, spiegando che di diritti d’autore stanno diventando per gli operatori finanziari dei beni rifugio, perché hanno durata, stabilità e un rendimento prevedibile, tra il 6-7% spesso, quindi tendenzialmente anche di più di un’obbligazione pubblica.

Dinamiche da tenere d’occhio
Davide d’Atri è intervenuto nel talk Largo Chigi di Urania Tv, raccontando che la sua azienda ha rappresentato artisti a Sanremo: «È stato un bellissimo Sanremo, Conti ha fatto un’ottima conduzione. Noi abbiamo avuto un grande risultato di rappresentanza: ben 15 brani su 29, più della metà. Nel 2017 ne avevamo solo quattro». L’imprenditore poi ha fatto notare che in seguito al Festival il rendimento dei diritti d’autore può salire; «negli ultimi anni i colossi del settore hanno comprato miliardi di diritti», motivo per cui i prossimi interventi legislativi dovranno, secondo lui, non rispecchiare timori ingiustificati, ma al contempo tenere a mente la complessità della questione. Per creare benefici a tutte le figure. Soundreef nella sua attività rappresenta, oltre ad interpreti cantautori, anche autori ed etichette.

Il digitale ha aiutato. Il FantaSanremo certamente
Non si può ignorare che tra gli ingredienti del rinvigorito amore per Sanremo vi sia quello della progressiva digitalizzazione delle interazioni, un aspetto che ha permesso al pubblico di connettersi più efficacemente, direttamente e con immediatezza, ora pure giovando della dimensione ludica. Il FantaSanremo, infatti, un gioco online sulla falsa riga del fantacalcio, è oggi largamente diffuso e anche gli organizzatori del Festival ne hanno capito le potenzialità, supportandolo. Quest’anno sul podio del FantaSantemo sono andati Olly, Lucio Corsi e Sarah Toscano. A vincere è stata una squadra chiamata Ricky e Poveri che ha speso nemmeno troppo, 95 “baudi”. In generale, la mossa che ha generato più punti è stata la presenza sul palco di Fru dei The Jackal con i The Kolors.

A svelare questi dettagli, a Largo Chigi, è stato uno degli inventori del FantaSanremo Giacomo Piccinini, il quale ha ricordato in trasmissione gli albori del gioco, che prima non era online ma in un bar di Sant’Elpidio nelle Marche. Pian piano l’idea si è affermata, cominciando a varcare i confini provinciali nel 2020 con la pandemia ed esplodendo nel 2021, quando le persone cominciavano a taggare gli artisti.

Polemiche immotivate?
Come ogni anno le polemiche e le dietrologie non sono mancate. A Largo Chigi le ha smorzate Enrico Melozzi, compositore, produttore e violoncellista, così motivando: «Sanremo non lo intendo come un concorso, è una sorta di fiera della discografia in cui, negli anni, le case discografiche hanno investito e oggi l’impatto sulle vendite dei biglietti è enorme». E riguardo al contributo artistico: «Dovendo dare un giudizio strettamente musicale, sono molto critico: noi temiamo di osare. Purtroppo il mondo della discografia si sta appiattendo e con uno strumento così potente come Sanremo è veramente un peccato. Quindi la discografia deve spingere, perché il Festival non può essere soltanto un modo per raccogliere, deve essere anche un modo per seminare musica, cultura e alzare il livello. Dovrebbe esserci una specie di movimento per cercare di riportare l’Italia al centro del del dibattito culturale mondiale: non dobbiamo andare a Sanremo e portare sonorità estere, devono essere gli altri che devono portare la nostra sonorità. Dobbiamo reinventare uno stile italiano perché abbiamo in mano lo strumento più potente del mondo e possiamo condizionare il mondo con il nostro linguaggio».

La puntata integrale di Largo Chigi