Cultura

Qual è la vera Ferragni? La centralità della reputazione

12
Gennaio 2024
Di Piero Tatafiore

Oramai il caso del Pandoro-gate è passato da esercizio di teoria sulla comunicazione di crisi a caso dell’inverno. Non è bastato il video di scuse, non è bastato aver istituito una war room, non è bastato il milione di euro donato all’ospedale: la forza dell’onda generata dalla falsa beneficenza del pandoro Balocco è direttamente proporzionale all’entità dei followers dell’intera famiglia Ferragni, altissima. Così ora la moglie di Fedez deve difendersi non solo dagli haters, ma dalle procure, al momento ben 8, che hanno aperto fascicoli sulla falsa beneficenza attraverso il reato di truffa aggravata da minorata difesa. Da Trento a Catania è tutto un fiorire di fascicoli sull’attività commerciale dell’influencer, mentre Milano e Cuneo hanno già inserito la Ferragni e Alessandra Balocco, AD della società dolciaria, nel registro degli indagati. Ma non è finita: il Codacons ha comunicato che sono già diverse centinaia le richieste di risarcimento di consumatori che si sono sentiti ingannati dal pandoro che doveva essere benefico. Insomma, un cataclisma per l’influencer cremonese e tutta la sua famiglia. Ciò che sembrerebbe emergere, considerando una certa opacità relativamente anche alla colomba, sempre sponsorizzata dalla Ferragni con intenti benefici, è un sistema nel quale l’influencer sponsorizzava un prodotto facendo credere che il ricavato sarebbe andato in beneficenza; il prodotto, in ragione di questo intento benefico, veniva venduto a un prezzo molto maggiorato; la beneficenza era una quota fissa e minima rispetto ai ricavi; il margine per la Ferragni (e per le aziende partner) esplodeva. Di questo se ne sta occupando la magistratura e vediamo cosa appurerà, da garantisti non ci sentiamo di gettare la croce addosso a nessuno, se non in presenza di una sentenza definitiva. Da un punto di vista di comunicazione, però, la vicenda è interessante e il fatto che aziende come Coca Cola o Safilo abbiano deciso di rescindere il contratto è una sorta di monito per chi fa il lavoro di Chiara Ferragni. Di sicuro i Ferragnez non pensavano che avrebbero mai affrontato simili problemi, altrimenti non avrebbero commesso certi errori nel gestire la crisi, a cominciare dal video di scuse francamente spiazzante. Presentarsi totalmente struccata, senza ring light, con uno sfondo triste mette di fronte il follower a un dilemma: essendo così diversa dalla Ferragni che seguo quotidianamente e che mi mostra anche le sue analisi del sangue, mi domando: qual è la Ferragni vera? Quella che seguo quotidianamente o quella del video di scuse? Una delle due risulta falsa e questo è un problema molto grande per chi fa il suo lavoro. Ma anche il post con il quale tornava su Instagram, l’annuncio della partenza dei saldi dei suoi prodotti, troppo presto, troppo fuori luogo. Per le aziende il problema è ancora più grande: se lavori sulla reputazione, ti pago perché la tua reputazione si trasfonda sui miei prodotti. Se la tua reputazione è negativa, non voglio che i miei prodotti siano associati alla tua figura, tutto molto normale, nessun intento persecutorio. E questo prescinde dalla reale responsabilità penale (o civile), ci devi stare. Magari la vicenda giudiziaria si risolverà positivamente per Chiara Ferragni, ma la speranza più forte è che sia di insegnamento a tutti, perché con la beneficenza non si scherza.

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