Cultura

Patrimonio culturale privato in crisi: sostegno pubblico cercasi

02
Novembre 2021
Di Andrea Maccagno

 

L’altra metà della mela. Il patrimonio culturale privato è spesso considerato la “Serie B” rispetto a quello pubblico, da parte di media e istituzioni. Eppure rappresenta l’altra metà della mela del tesoro culturale italiano. Prima della pandemia, ad esempio, oltre 9400 dimore storiche private aperte al pubblico accoglievano 45 milioni di visitatori l’anno. Numeri simili a quelli dei musei pubblici, in grado di attrarre 49 milioni di visitatori. Patrimonio pubblico e privato insieme possono esaltare il turismo in Italia, che vive di prossimità ed esaltazione del bello, locale e periferico. 

L’Osservatorio del Patrimonio culturale privato promosso dall’Associazione Dimore Storiche Italiane, Confagricoltura e Confedilizia ha prodotto il suo secondo Rapporto realizzato dalla Fondazione Bruno Visentini, focalizzando lo studio sui costi di manutenzione e l’indotto lavorativo che il patrimonio genera. 

Le dimore storiche, infatti, sono gioielli italiani che necessitano di numerosi interventi di restauro, i cui costi sono spesso troppo elevati e interamente a carico dei privati. I dati sulle attività di manutenzione sottolineano un calo tristemente importante: rispetto al 2017, crollano del 37% le spese complessive per interventi ordinari, passate da una media di 24.600 euro per immobile a 21.100 euro. A tenere sono invece le spese straordinarie (+4,8%), spesso improcrastinabili e nell’ultimo anno stimolate dal “Bonus facciate”: un’iniziativa lodevole e sicuramente da prorogare. Il dato che emerge, comunque, è che la spesa complessiva scende da 1,5 miliardi di euro a 1,3 miliardi.

Si tratta di dimore che spesso insistono nei luoghi più periferici del nostro Paese, venendo a costituire il principale elemento di attrazione e di sviluppo di indotto. Il Rapporto mostra un aumento del numero di dimore rilevate, grazie al progressivo censimento in atto da parte dell’ICCD, oggi pari a 37.708 (dati di Vincoli in rete). Si tratta di case storiche, palazzi, ville, castelli e torri che configurano una rete diffusa su tutto il territorio nazionale. Il 28% di tali dimore si trova in comuni sotto i 5.000 abitanti. Oltre la metà (54%) risiede comunque in comuni sotto i 20.000 abitanti ed il 31,3% si trova in aree periurbane o al di fuori dei centri abitati. Si tratta di un patrimonio vasto ed eterogeneo, collocato tanto nelle metropoli quanto nei piccoli centri, comprese le valli e le montagne del nostro Paese.

Per quanto concerne il mercato del lavoro nelle filiere alimentate dalle dimore storiche, il Rapporto dimostra come risultino di difficile reperibilità alcune figure professionali a causa del ridotto numero dei candidati o di una generalizzata inadeguatezza a ricoprire ruoli specifici. Su tutti, rileva che circa il 38% dei proprietari di dimore storiche dichiara di trovare difficoltà nel reperire restauratori o artigiani: il livello di conoscenza della materia e quello della professionalità richiesto, infatti, è spesso insufficiente.

Un’ulteriore analisi è stata quella condotta sullo spopolamento dei piccoli borghi, trend presente già nell’indagine 2020 dell’OPCP. Ebbene quest’anno, nelle tre regioni campione (Toscana, Veneto e Puglia), è stata introdotta la variabile dei “cittadini stranieri residenti in Italia”, i quali effettivamente compensano il trend negativo di chi ha deciso di abbandonare i piccoli territori.

A dare voce alle iniziative del Ministero della Cultura ci ha pensato la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni: “Nel PNRR è previsto un miliardo di euro per la valorizzazione delle nostre bellezze storico-artistiche e per il rilancio dei tanti piccoli borghi italiani, che offrono un enorme potenziale per l’economia del nostro Paese. In particolare, per valorizzare l’identità dei luoghi – dai parchi ai giardini storici – abbiamo previsto un investimento di 300 milioni di euro, mentre per la tutela e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale sono destinati 655 milioni di euro, di cui 645 per interventi effettuati da soggetti privati. Crediamo importante quindi investire sui borghi e realtà rurali, collaborando in maniera trasversale con il Ministero dell’Agricoltura e del Turismo per il rilancio degli stessi, trasformandoli in attrattori, e anche con le Film Commission, come strategia di rilancio, per potenziare il cineturismo delle aree interne”.

Più allarmato Giacomo di Thiene, presidente dell’Associazione Dimore Storiche Italiane: “Il Rapporto dimostra come la crisi generata dal covid e un sistema fiscale complesso abbiano diminuito gli interventi manutentivi sugli immobili. Un dato preoccupante, vista la centralità che tali beni costituiscono per il nostro Paese sia dal punto di vista culturale sia da quello dello sviluppo economico sostenibile. Ricordo che ogni euro investito nelle dimore storiche determina benefici più che doppi per l’economia dei luoghi nei quali sorgono, concorrendo alla valorizzazione di un patrimonio identitario che tutto il mondo ci riconosce, sul quale possiamo e dovremo continuare a primeggiare. Per farlo serve una politica ben più concreta di quella fino ad oggi messa in campo, oltre ad azioni che agiscano anche nel medio e lungo periodo per stimolare la formazione di maestranze che stanno scomparendo, creando occupazione per i tanti giovani che si stanno laureando nelle facoltà di gestione dei beni culturali. Basterebbe davvero poco: se si considera che il patrimonio privato costituisce il 2 per mille dell’intero patrimonio immobiliare, è evidente la ridotta incidenza economica di qualsiasi iniziativa in questo settore rispetto al bilancio dello stato, dando così concreta attuazione agli articoli 9 e 118 della Costituzione”. 

Incentivare gli interventi nelle dimore storiche significa sostenere un patrimonio privato che può rilanciare quel tessuto economico oggi molto sfibrato. Ma significa anche ridare lustro e centralità alla storia e alla cultura italiana, fatte di borghi e gioielli famigliari che sarebbe uno scempio far cadere in rovina. Se lo studio serviva a mettere in guardia le istituzioni, adesso la risposta è quanto mai attesa.

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