Cultura
L’eredità politica di Pinuccio Tatarella
Di Francesco Giubilei e Pasquale Ferraro
Venticinque anni fa ci lasciava prematuramente una delle menti più lucide e acute che siano comparse nello scenario intellettuale e politico italiano, Pinuccio Tatarella. L’uomo che creò la destra di governo che, con l’abilità di chi conosce, comprende e muove i meccanismi della politica, si è battuto e ha perseguito per una vita intera l’obiettivo pionieristico di normalizzare il nostro Paese.
Perché per quanto possa sembrare quasi paradossale, la più grande battaglia politica nel nostro Paese è stata quella di pensare che il nostro potesse essere un Paese normale, in cui l’alternanza politica non fosse un’utopia, ma una realtà e, cosa ancora più rivoluzionaria, che in Italia potesse sorgere una destra capace di ambire non solo all’opposizione perpetua, ma al governo della nazione.
Mettendo dunque la parola fine all’isolamento della destra che con la clava dell’accusa del fascismo – nulla di nuovo – veniva tenuta ai margini della vita democratica.
Tatarella capì prima di tutti, ed è questa la caratteristica di chi, per dirla con De Gasperi, “guarda alla prossima generazione”, che l’Italia del sistema “bloccato” era giunta all’inevitabile epilogo e che se a livello politico era il momento che sorgesse la grande destra conservatrice, in campo istituzionale si doveva andare nel segno di una riforma costituzionale in senso presidenziale, che ponesse fine all’eterna politica del compromesso, non più strumento di mediazione tra le parti, ma oramai sinonimo di ostruzionismo politico.
Di questo rinnovamento doveva – e non avrebbe potuto essere altrimenti – farsi portatrice la nuova destra: “L’alleanza nazionale deve essere l’incontro tra filoni omologabili. Pensiamo al grande filone del presidenzialismo della democrazia diretta, dei referendum propositivi che va dalla destra a movimenti radicali. O al filone della nazione che si ritrova nella destra nazionale, nei cattolici nazionali, nei liberali nazionali, nei settori nazionali senza riferimenti a ideologie. Come a quello della concezione spirituale della vita, al diritto alla vita e alla difesa della famiglia. Pensiamo, poi, al filone culturale e politico che si oppone a tutto ciò che si va costruendo come area liberal, clintoniana, progressiva e azionista”.
La destra, dunque, non poteva che essere protagonista della grande trasformazione globale, che avrebbe modificato l’assetto tradizionale imposto dalla “cortina di ferro” e dalla politica dei blocchi. Di lì il grande lavoro politico e intellettuale per arrivare a edificare un progetto ambizioso – ma necessario – che avrebbe portato il nostro paese fuori dalle secche della stagnazione politica, verso una democrazia compiuta e matura, in quanto fondata non più sul montanelliano “turiamoci il naso e votiamo Dc” ma sulla possibilità di scegliere tra due visoni politiche antitetiche in quanto portatrici di modelli estremamente differenti, tanto sul piano culturale quanto su quello politico, e il primo non poteva che essere il solido fondamento del secondo.
La nascita di Alleanza Nazionale, del Polo come coalizione e la vittoria del 1994 trovarono in quel disegno una prima concreta realizzazione che doveva essere la base solida su cui procedere e giungere al punto in cui una figura proveniente dalla quella storia per lungo tempo ostracizzata potesse giungere a Palazzo Chigi.
Tatarella come Vicepresidente del Consiglio un primo tabù riuscì ad abbatterlo direttamente e oggi, che alla guida del Paese è giunta una Presidente del Consiglio che di quel percorso è stata figlia, resta da realizzare l’ultimo tassello: rendere questo Paese governabile e dunque stabile.