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La storia del 6 Nazioni siamo noi: l’edizione 2025 presentata al Colosseo

21
Gennaio 2025
Di Simone Zivillica

Storia. È quella che respirano i capitani di Francia, Galles, Inghilterra, Irlanda e Scozia mentre avanzano verso l’interno dell’anfiteatro. La mattina comincia piovosa e plumbea. Il cielo si apre in un’alba rosea giusto per il tempo dello shooting fotografico per capitani e allenatori. Michele Lamaro, capitano azzurro, ha il sorriso sornione del padrone di casa, lui che oltretutto è romano. È un tripudio di “aw” per gli anglosassoni. In silenzio, stupito, il capitano francese. Sono ragazzi, per la maggior parte, poco più che ventenni. La storia tocca a loro in un luogo che parla a tutte le generazioni e culture. “Fino a quando si sono fatti gli spettacoli qui?” Chiede Michele a uno degli archeologi del Colosseo, messo a disposizione per l’occasione in esclusiva dal Ministero della Cultura. Fino al 532 dopo Cristo. Michele sospira soddisfatto: ”Bene dai, allora ci ho quasi preso quando me l’hanno chiesto i ragazzi”.

I “ragazzi” sono pluripremiati atleti di fama e caratura internazionale, primo tra i quali Antoine Dupont, capitano francese, minuto nelle dimensioni (relativamente) ma gigante tra giganti, che oltre ad aver vinto tre campionati francesi, due Champions Cup (la Champions League del rugby) con il suo club, il Tolosa, essere stato nominato miglior giocatore del mondo sia nel rugby a 15 che in quello a 7, aver vinto un Sei Nazioni, la scorsa estate ha anche portato la prima medaglia d’oro olimpica nel Rugby a 7 della storia della Francia. Una sorta di Messi, insomma. Giusto per dare l’idea del livello dei “ragazzi” a cui Lamaro ha dato lumi della Storia della sua città e di un po’ tutta l’umanità, almeno quella occidentale. Tra loro, inoltre, non ci sono solo gli altri capitani e colleghi illustri, ma anche tutti gli allenatori delle compagini del Sei Nazioni. È un po’ come vedere il Gotha di questo sport tutto riunito in un ufficio d’eccezione. C’è il francese Galthié che ha vinto tutto con il club e si candida a fare lo stesso con la nazionale. C’è lo scozzese Thounsand che ha creato la Scozia più forte almeno degli ultimi 50 anni. C’è il gallese Gatland, uno che è stato vincente ovunque sia andato, e che è tornato a casa per provare a risollevare le sorti di un Galles perso tra affari interni che poco hanno a che fare con lo sport. Insomma, per continuare con i parallelismi – sempre fin troppo ambiziosi – con altri sport, è come vedere Mourinho, Ancelotti, Ferguson e chi più ne ha più ne metta, parlare e scherzare in un contesto decisamente idilliaco.

Storia. La si studia e la si fa. Oggi tocca alla seconda. Un quarto di secolo fa, l’Italia varcava per la prima volta l’ingresso di uno stadio del torneo che da quel momento in poi si sarebbe chiamato Sei Nazioni, aggiungendo un posto alla tavola dei grandi del rugby mondiale. Prima ancora era una questione britannica e si chiamava Home Nations Championship. Era fine ottocento e durò poco, dagli anni ’10 del ‘900 si unì la Francia per un secolo di battaglie ovali che hanno fatto, appunto, la Storia. L’Italia si fa attendere giusti giusti cent’anni, ma il 5 febbraio 2000 inaugura il neonato Sei Nazioni a casa sua, quella che l’avrebbe ospitato per molti anni, lo Stadio Flaminio di Roma. Anche lì fu Storia. Prima partita contro la Scozia, campione in carica, e prima vittoria. Rimase l’unica di quell’edizione e per molti anni le gioie sportive sono comunque state poche per gli azzurri ovali. 

La bellezza dello sport è che la Storia la si scrive con i risultati e con i momenti. Oggi, qui al Colosseo, è sicuramente uno di quei momenti. Per celebrare i 25 anni dell’ingresso italiano nel Sei Nazioni, la presentazione dell’edizione 2025 del Torneo più antico di questo sport per la prima volta nella storia si tiene in Italia, a Roma appunto, e non a Londra come avviene da più di un secolo. I risultati portano ancor più peso specifico a quest’evento. L’Italia, infatti, sotto la guida dell’argentino Gonzalo Quesada, si presenta reduce dal miglior Sei Nazioni di sempre, quello del 2024, dove ha portato a casa le vittorie con Scozia e Galles, un pareggio fin troppo dubbio con la Francia, una sconfitta di misura con l’Inghilterra (anche qui con tanti dubbi) e un’altra netta con un’ancora lontana Irlanda. Non solo. Il novembre dei Test Match ha visto sì qualche ombra di una brutta gara con la Georgia e di un secondo tempo troppo spento con l’Argentina, ma ha illuminato con una prestazione brillante la partita con gli Dei tuttineri neozelandesi, in una cornice tanto inedita quanto splendida come quella dell’Allianz Stadium di Torino.

Che il Colosseo di stamattina sia il preludio di una nuova pagina di Storia ovale azzurra? Sicuramente fare pronostici è sempre troppo azzardato, soprattutto in uno sport dove la palla non rotola mai dove vorresti o dove te l’aspetti. Quel che è certo è l’orgoglio di aver ospitato i migliori allenatori e giocatori al mondo di questo sport, nel luogo simbolo della nostra Storia. Una giocata, questa, che non può che far ben sperare. Il campo dirà la sua verità, ma cominciare così è una partenza di livello assoluto, che ci pone – forse, finalmente – nell’olimpo dei grandi, e lo fa a pieno diritto nel luogo più epico. Se non è necessariamente detto che tutte le strade portino a Roma, quelle del Sei Nazioni 2025 partono sicuramente da qui. Che i giochi abbiano inizio.

Fotografie, riprese e montaggio a cura di Simone Zivillica