di Sergio Pizzolante
Nella sua ultima intervista al Corriere della Sera, di qualche anno fa, Raoul Casadei disse che non aveva paura della morte, desiderava solo che al suo arrivo, lo trovasse vivo.
Il Covid, maledizione, ha vinto il suo corpo, ma la sua luce è accesa. Per sempre.
Ha ragione Francesco Guccini: “il suo legame (con la Romagna) è inscindibile, qualsiasi romagnolo, al suo funerale, vorrà sempre Romagna Mia”. Non solo con la Romagna caro Francesco. E Guccini sa che nessun emiliano vorrà andarsene con l’Avvelenata o la Locomotiva.
Lo dico da gucciniano. Ma lo dico dichiarando la forza dell’avversario. Di Raoul.
Da ragazzi noi ascoltavamo Guccini e De Gregori e De Andre’ e Dalla. E ci vestivamo come loro. E volevamo essere come loro. Stavamo bene se eravamo tristi. Ci struggevamo , ci piaceva così. Guardavamo con distanza le balere. Ci nascondevamo se in casa o dagli amici o alla festa dell’Unita’ o dell’Avanti, partiva Romagna Mia. Ed era allegria.
Prima il comizio con tutti i mali del mondo gridati ad alta voce e poi subito dopo Casadei e tutti erano felici e tutti cantavano, ballavano. Come era possibile? Ci chiedevamo. Erano vivi. Ottimisti. Questo era. Questo è. Io continuo a preferire De Andre’.
Ma diciamoci la verità, noi non sapevamo o non ammetavamo, non ammettiamo, che abbiamo bisogno di pensiero e spensieratezza insieme. Di Fabrizio e di Raoul. Ammettiamolo e vivremo meglio. Facciamo il nostro coming out musicale e culturale ed esistenziale. Si cantiamo Romagna Mia anche noi. Ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di essere allegri. Di ottimismo. Di essere vivi. Di un vaccino contro la tristezza.
Questo è Raoul Casadei. Un vaccino. Contro la tristezza. È stato scoperto tanti anni fa. La morte lo ha colto vivo. E vivrà per sempre. Anche per noi.
Grazie Raoul.