Cultura

In Ue abbiamo un problema di free speech 

20
Gennaio 2025
Di Daniele Capezzone

Dimenticate per un momento la vostra opinione politica su Donald Trump, personaggio che indubbiamente polarizza i sentimenti e le valutazioni. E proviamo insieme a concentrarci su un tema di fondo che teoricamente dovrebbe stare a cuore a tutti. Mi riferisco alla questione del free speech.

Piaccia o no, è solo grazie all’agenda Musk-Trump che negli Usa sta finalmente saltando la cappa costruita negli anni e basata sulla combinazione di una moderazione molto intrusiva, accompagnata da un fact checking spesso assai orientato e da una crociata contro vere o presunte fake news, tanto quanto contro un vero o presunto hate speech. 

Non intendo fare processi alle intenzioni, ma è un dato di fatto che quel sistema si sia rivelato una gabbia censoria, un meccanismo di controllo molto spinto della parola, dell’espressione e dunque anche del pensiero. E la circostanza che la narrazione di accompagnamento fosse improntata all’inclusione e alla diversità conferisce un tocco orwelliano all’operazione: proclamo la differenza ma pratico l’uniformità, esalto il pluralismo ma incoraggio il conformismo. 

E che le cose stessero in questi termini lo ha mostrato inequivocabilmente, nei giorni scorsi, uno dei protagonisti del mondo online, il capo di Facebook/Meta Zuckerberg, che ha rivelato le pressioni a cui era stato sottoposto negli anni precedenti, e dalle quali ora si sente finalmente libero. 

Attenzione, però: questa rivoluzione riguarda solo gli Usa, perché qui in Ue resta operativo (a partire dal famigerato Dsa) il complesso delle regolazioni bruxellesi improntate ai dogmi della vecchia stagione. 

E così rischiamo di stare non uno ma due cicli indietro rispetto agli Stati Uniti. Indietro sul piano dell’innovazione (non a caso i campioni del big tech sono tutti americani), e indietro sul piano di un’espressione più libera e non sottoposta a controllo pubblico. 

La politica ne dibatte troppo poco, ma si tratta di un clamoroso “divide” che ci separa dalla parte più dinamica e innovativa del pianeta. E stare indietro determina costi elevatissimi, in termini di sviluppo tanto quanto di libertà.