Cultura
“Gramsci è vivo” di Giuli: il “sillabario” per una destra illuministica
Di Ilaria Donatio
“Gramsci è vivo”, dice il titolo del libro Alessandro Giuli, presidente della Fondazione Maxxi, giornalista e scrittore che scrive, per i tipi di Rizzoli, un “Sillabario per un’egemonia contemporanea”.
Dunque, Gramsci è vivo, ma ora la vera sfida, riflette Giuli, si gioca a destra per “transitare dalla mentalità degli esclusi e dei ‘governati’ a una logica di sistema, che alla lettera significa ‘stare insieme’ e oltre la lettera vuol dire appunto autopercepirsi come una classe dirigente sorretta da una visione prospettica della società”.
In altre parole: “Urge una destra capace di affermare se stessa illuministicamente”, per poter arrivare a dichiararsi “la più progressista tra i conservatori”, “disincagliarsi dalla caricatura mostrificante che gli odiatori cercano di cucirle addosso” e farsi “destra moderna, matura e plurale”, uscendo dal generico patriottismo.
E cosa dovrebbe e potrebbe essere questa nuova destra e cosa c’entra Gramsci? Ecco, senza girarci troppo intorno, il cuore del discorso è quella egemonia culturale che da quando è al governo Giorgia Meloni è diventata l’argomento socio-culturale più dibattuto.
Egemonia culturale, dunque, intesa come agire sul piano culturale per penetrare la società civile nel segno della più autentica strategia gramsciana.
E su questo il MaXXi può ben rappresentare uno dei nuovi laboratori pre-politici di cui Giuli ha voluto “indentificare con chiarezza i confini” che poi sono i “valori non negoziabili e non rinnegabili che stanno al cuore della identità collettiva”.
Quali? Li mette in chiaro l’autore, “per il MaXXi, ma nella mia concezione per l’Italia intera: il rispetto della Costituzione del 1948, dei diritti civili e del dialogo, la fede nella democrazia come necessario strumento di convivenza”. Insomma, “entro i confini di questi valori imprescindibili è possibile, auspicabile, superare le vecchie divisioni ideologiche tra vecchia destra e vecchia sinistra”.
Tanto più perché, sostiene, le vecchie contrapposizioni politiche non esistono più, venuta meno l’antica corrispondenza tra classi sociali e partiti.
Superato il sovranismo (“uno choc anafilattico sopraggiunto nel sistema immunitario dell’Occidente globalizzato”) e il populismo al governo, si apre quindi la strada di “‘un’aurora normalizzante” che consiste nel ripristino di una democrazia dell’alternanza “fondata sul confronto tra un progressismo riformista con venature radicali e un conservatorismo social-liberale”.
La sfida per la destra è quella di affermarsi “illuministicamente”, neutralizzando quel “terribilismo assertivo degli ultimi arrivati” di cui le recenti “varianti Vannaciste” non sono altro che “infantili declinazioni”.
Mettendo al bando “fantasticherie reazionarie e regressive”, con l’obiettivo di dichiararsi invece “i più progressisti fra i conservatori” e traghettare la nuova destra “dall’epica trasfigurata del Signore degli Anelli” verso la realtà .