Era il primo novembre 2005 quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la Risoluzione 60/7, scelse la data del 27 gennaio per istituire la “Giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime della Shoah”. Una data chiaramente non casuale, ma il giorno in cui, nel 1945, le truppe sovietiche dell’Armata Rossa abbattevano i cancelli di Auschwitz.
In Italia, però, il Giorno della Memoria fu istituito dal Parlamento Italiano nel 2000 sempre nella giornata del 27 gennaio. In particolare, la legge numero 211, sancisce la commemorazione pubblica non soltanto della shoah, ma anche delle leggi razziali approvate sotto il fascismo, di tutti gli italiani, ebrei e non, che sono stati uccisi, deportati ed imprigionati, e di tutti coloro che si sono opposti alla ‘soluzione finale’ voluta dai nazisti, spesso rischiando la vita. Questa legge prevede l’organizzazione di cerimonie, incontri ed eventi commemorativi e di riflessione, rivolti in particolare (ma non soltanto) alle scuole e ai più giovani. Lo scopo è quello di non dimenticare mai questa parte drammatica del nostro passato di italiani ed europei, affinché, come dice la stessa legge “simili eventi non possano mai più accadere”. Come queste parole indicano chiaramente, non si tratta affatto di una ‘celebrazione’, ma del dover ribadire quanto sia importante studiare ciò che è successo in passato.
Una giornata che vuole essere un monito affinché, soprattutto le giovani generazioni sappiano quanto è successo, siano al corrente dei dettagli che hanno caratterizzato la storia di quegli anni, non perché si possa cancellare quanto accaduto ma perché cose simili non accadano più. Le Nazioni Unite, infatti, nella loro risoluzione esortano gli Stati membri a “sviluppare programmi educativi per infondere la memoria della tragedia nelle generazioni future e impedire che il genocidio si ripeta”.
Un evento, quello delle stragi nazifasciste, che a distanza di quasi 80 anni continuano ad animare i dibattitti non solo fra l’opinione pubblica, ma anche nelle istituzioni politiche e giudiziarie. È di questa settimana, infatti, l’interrogazione dell’Onorevole di +Europa Riccardo Magi, nella quale chiedeva al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di impegnarsi con il suo Governo affinché l’Avvocatura dello Stato, piuttosto che opporsi come successo in più occasioni fino adesso, proceda con i risarcimenti alle famiglie vittime della persecuzione che tra il 1939 e il 1945 colpì donne, uomini, bambini e anziani del nostro Paese.
Di cosa si tratta? Del “risarcimento per i danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità compiuti dalle forze del Terzo Reich tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945” istituito dall’art. 43 del D.L. n. 36 del 2022 convertito in Legge n. 79 del 2022, nel contesto delle normative del PNRR. Il Fondo speciale si pone in continuità con il precedente Accordo di Bonn del 1961 tra Italia e Germania, che già aveva riconosciuto indennizzi in favore di cittadini italiani colpiti da misure di persecuzione nazionalsocialiste che non verranno però riconosciuti da Berlino ma dallo Stato Italiano. Possono richiedere l’accesso al Fondo i Cittadini Italiani o i loro eredi che sono stati catturati dalle truppe tedesche e internati in Germania dal 9 Settembre 1943. Il finanziamento è di 20 milioni per il 2023 e di 13,6 per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026.
Su questo punto il Premier ha risposto all’interrogazione sottolineando come il suo Governo ci tenga a riconoscere questo risarcimento ma ricordando anche come compito dell’Avvocatura dello Stato sia quello di verificare che effettivamente sussistano i presupposti per ottenerlo. “Non è disattenzione verso le vittime, è rispetto della legge”, ha detto Giorgia Meloni nel corso del suo intervento. Il dibattito in aula è stato serrato, “noi abbiamo proprio poche risorse in quel Fondo, io oggi mi sarei aspettato da lei la proposta di aumentare quel Fondo, e di farlo tutti insieme con una proposta trasversale” ha replicato Riccardo Magi, ricordando come quello riconosciuto della Corte Costituzionale non sia un semplice indennizzo, ma proprio un risarcimento. “Aspetto che arrivi ancora dal Governo questa proposta, altrimenti la faremo noi. E questo sarebbe un modo di celebrare la Giornata della Memoria, in maniera non retorica, ma pienamente sentita e vissuta, in maniera da riconciliare tutto quanto il Paese con la propria storia”, ha concluso Maggi.
Al netto di quanto succederà nei palazzi della politica romana, in tutta Italia si moltiplicano, come ogni anno, le iniziative per rendere omaggio a questa giornata. La storia non si dimentica.