Cultura
Giorgio Zanchini: «Il giornalismo di domani? Ibrido e transmediale. Serve competenza»
Di Alessandro Caruso
«Si è ribaltato tutto, 10 anni fa il web veniva percepito come qualcosa di pionieristico, oggi ha superato tutto» dice Giorgio Zanchini, uno dei tre direttori del Festival del giornalismo culturale di Urbino, insieme a Lella Mazzoli e Piero Dorfles. Dopo dieci anni di Festival, quest’anno la rassegna urbinate, che si è conclusa domenica scorsa, ha snocciolato anche i dati di un’apposita ricerca Ipsos: i social superano la televisione, la radio e i giornali come fonte dell’informazione culturale. È cambiato il mondo? «È un dato di fatto – dice Zanchini – gli equilibri sono cambiati, per questo serve conoscerli a fondo».
Durante la tre giorni del Festival il web è stato il protagonista. Si è sviscerato ogni aspetto editoriale e commerciale del giornalismo digitale, dalle abitudini dei lettori che cambiano, ai modelli di business fino alle prospettive di questo mercato. Ed è emerso un dato: alla base di ogni strategia digitale e di ogni strumento permangono sempre gli stessi elementi a fare da arbitro nella selezione delle esperienze digitali più di successo: la qualità dell’informazione e la verità.
Sulla verità si è espresso anche Gianrico Carofiglio, nella sua lectio magistralis di apertura: «Il compito dell’informazione resta sempre lo stesso – ha commentato Zanchini – bisogna rispettare i punti di vista, cercando di essere più fedeli possibile al dato che si osserva, il giornalismo corretto ha sempre le stesse caratteristiche, sia sulla stampa che sul web. Le basi, insomma, sono uguali. Quello che cambia è il mezzo. E per fare giornalismo corretto sul web occorre approfondire la conoscenza sulla complessità degli strumenti».
La parola chiave, quindi, è competenza: anche perché, come ricorda Zanchini «il giornalista del futuro sarà sempre più ibrido e transmediale, soprattutto quello culturale. Non sarà quello che informa e basta, ma filtra, perché ha la professionalità per farlo».
Grazie al Festival del giornalismo culturale, Urbino si conferma quindi un centro nevralgico per il confronto sull’informazione, del resto è anche la sede di una delle più antiche scuole di giornalismo italiane. Nei tre giorni del festival il corso e il Palazzo ducale, che ha ospitato la rassegna, sono stati frequentati da molti colti noti del giornalismo, da Carofiglio a Marianna Aprile, fino a Luigi Contu, Paolo Di Paolo, Costantino D’Orazio e molti altri. Unica pecca? «Il Festival è molto inserito nella città di Urbino, ma fatica a fare breccia nella popolazione. Lavoreremo a un maggiore intreccio con scuole e università», promette Zachini. Che anticipa: «Il prossimo anno, del resto, parleremo di lettura. Quindi sarà interessante un confronto generazionale anche con i più giovani. L’obiettivo dell’edizione 2023 sarà rispondere a domande come: cosa occorre fare per informare bene nel momento in cui il modo di leggere si fa sempre più mediato dalla rete? E soprattutto, in una società in cui gli schermi sono diventati il medium predominante, che spazio ha ancora la lettura?».