Cultura
Fermare la violenza sulle donne, è ora di un giro di boa
Di Alessandro Cozza
Il 25 novembre è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una data che, nata per ricordare il brutale assassinio avvenuto nel 1960 nella Repubblica Dominicana delle tre sorelle Mirabal e col tempo divenuta data simbolica per la lotta contro ogni genere di violenza, ci ricorda tutti gli anni quanto lavoro ci sia da fare per arginare quella che è ancora una piaga troppo dolorosa per il nostro Paese. Secondo il report “Il pregiudizio e la violenza contro le donne” elaborato dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, sono 104 le donne vittime di femminicidio in Italia nel 2022. Un dato che, ad oggi, è già peggiore di quello dell’anno scorso, quando nei dodici mesi del 2021 furono 100.
Tra i tanti dati a disposizione, due in particolare meritano una triste menzione. Il primo è quello relativo al numero delle vittime per mano di partner o ex partner che è pari al 58,8%, il secondo è quello che indica che più di 1 omicida su 4 è nella fascia di età compresa tra i 31 e 44 anni. Un dato, quest’ultimo, che fa riflettere su quanto lavoro ci sia ancora da fare sulle nuove generazioni. Altri dati importanti arrivano dal rapporto realizzato da Eures. Il primo permette uno spunto positivo: ovvero che nelle grandi città diminuiscono i numeri di femminicidi. Per esempio, a Roma le vittime passano dalle 21 del 2021 alle 8 del 2022, mentre a Milano i casi passano da 7 a 5. Il secondo indica, invece, che c’è un aumento del 26,3% dei femminicidi realizzati a mani nude, frutto di esplosioni di rabbia.
«La violenza contro le donne è una aperta violazione dei diritti umani, purtroppo diffusa senza distinzioni geografiche, generazionali, sociali – ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – negli ultimi decenni sono stati compiuti sforzi significativi per riconoscerla, eliminarla e prevenirla in tutte le sue forme. Tuttavia – prosegue – per troppe donne, il diritto ad una vita libera dalla violenza non è ancora una realtà. Le cronache quotidiane ne danno triste testimonianza e ci ricordano che ci sono Paesi dove anche chi denuncia e si oppone alle violenze è oggetto di gravi ed estese forme di repressione».
In questi anni le istituzioni hanno cercato di invertire la rotta di un paese che sembrava dare troppo poco peso a questo fenomeno. Dopo l’attivazione nel 2006 del numero gratuito di pubblica utilità anti violenza e stalking 1522, è arrivata di recente l’approvazione nel 2019 della legge “Codice Rosso”, che prevede processi più rapidi, pene più severe e maggiori tutele per le vittime oltre che l’introduzione del reato del revenge porn e di quello di sfregio del volto.
«I dati che riguardano le violenze sulle donne continuano a rappresentare un dramma nazionale. Come Governo, abbiamo molto lavoro da fare e intendiamo portarlo avanti a 360 gradi, incentrando il nostro impegno su tre pilastri d’azione: prevenzione, protezione e certezza della pena – ha scritto su Facebook il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni – questo Esecutivo rifinanzierà i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio – assicura – ci impegneremo per attuare la legge 53 del 2022 sulla raccolta dei dati statistici in merito alle violenze che le donne subiscono, che ancora necessita dei decreti attuativi e di attività tecniche. Faciliteremo l’adozione di protocolli e migliori pratiche nei Tribunali per un’applicazione sempre più efficace della normativa sul ‘codice rosso’».
Non ci sono giustificazioni, non ci sono scusanti. C’è bisogno di girare intorno alla boa e navigare dritti verso un contrasto duro e concreto nei confronti di coloro che praticano violenze, di qualsiasi genere, nei confronti delle donne.