Cultura

Expo Roma 2030, gli architetti prendono per mano la Capitale per l’assegnazione dell’evento

02
Agosto 2022
Di Alessandro Caruso

Dal distretto dell’architettura contemporanea, alla rigenerazione in chiave green di intere zone di Roma, fino alla realizzazione di strutture ecosostenibili all’avanguardia, ma con il chiaro obiettivo di rivoluzionare l’approccio urbanistico di Roma. Sono solo alcune delle idee e riflessioni emerse nel corso degli architetti agli Stati Generali che si sono riuniti a fine luglio per sostenere la candidatura della Capitale per Expo 2030. Un evento diffuso nella città, che ha avuto tra gli appuntamenti centrali proprio un momento di incontro e confronto dedicato all’architettura, che ha chiamato a raccolta molti professionisti della Capitale, coordinati dall’Ordine di Roma e stimolati da Stefano Boeri, Matteo Gatto e dall’assessore all’urbanistica del Campidoglio Maurizio Veloccia. E il genius loci dell’iniziativa è stato uno degli elementi più eloquenti della giornata: la famosa Vela di Calatrava, una cattedrale nel deserto nel quadrante est della città, nella zona rurale di Tor Vergata. Una struttura monumentale che doveva essere punto nevralgico della futura cittadella dello sport, ma che è purtroppo rimasta incompiuta, così come l’affascinante progetto che le si doveva sviluppare attorno. Il messaggio intrinseco nella scelta della location è stato evidente: le idee valide, quelle che possono avere la forza di incidere nella vita delle persone attraverso la riorganizzazione degli spazi, devono trovare un sistema capace di accompagnarle fino alla realizzazione. Per questo si è voluto ripartire da un modello non perfetto ma di estremo potenziale, per ricominciare da dove si è sbagliato, nell’ottica di un miglioramento sistemico, costruttivo e organico.

«Con la candidatura a Expo Roma 2030 Roma si rimette in gioco. La Vela di Calatrava dove ci incontriamo oggi sarà completata, e in caso di vittoria ospiterà uno dei Padiglioni Expo. Per il 2030 possiamo dire che riqualificheremo l’intera città, facendoci trovare pronti ad ospitare 30 milioni di visitatori», questo è stato il grido di battaglia lanciato da Matteo Gatto, coordinatore del Comitato Roma Expo 2030. E questa è stata la spinta che ha caricato di entusiasmo gli architetti del territorio, che si sono messi al servizio del progetto con idee e visioni utili a rafforzare la candidatura di Roma per questo appuntamento di portata globale.

L’Ordine degli Architetti, con il suo presidente Alessandro Panci, ha infatti siglato un Protocollo d’intesa con il Comitato Expo che punta a valorizzare e incrementare l’uso dei concorsi di progettazione nell’affidamento degli incarichi. L’accordo prevede l’attivazione di incontri e tavoli tecnici volti ad attivare il dibattito culturale sulla città e il suo hinterland, per assegnare ad Expo un ruolo di trasformazione che non sarà relegato alla durata dell’evento. Insomma un chiaro esempio di quel “fare sistema” che troppe volte è mancato alla Capitale nei momenti in cui doveva vincere sfide cruciali per il suo futuro. Chiaro e sintetico, anche Stefano Boeri si è messo a disposizione: «A 7 anni da Milano, Roma Expo 2030 è una grande opportunità di accelerazione per la città e per il Paese. Un’accelerazione che può avvenire in tre modi: portare a conclusione progetti interrotti e in corso con energie pubbliche e private; concepire novità come è stato fatto per Siviglia, Hannover e Shanghai; aprire una fase nuova per le strutture della Capitale»

Le domande a cui rispondere sono tante al giorno d’oggi. Come sarà organizzata la vita della persona nel 2030? Quali nuove esigenze ci saranno? In che modo lo spazio dovrà essere organizzato per la vita sociale? Quale il ruolo della mobilità? Come adattare il contesto urbano alla valorizzazione degli inestimabili tesori che impreziosiscono Roma? Ma soprattutto, come innestare nuovi modelli architettonici sovrapponendoli armoniosamente con ambienti urbanistici concepiti in più fasi storiche del passato? E come rispondere a tutto questo immaginando l’accoglienza di milioni di visitatori? Per rispondere a queste domande sono state ascoltate le soluzioni immaginate e progettate da 50 studi di architetti romani che hanno risposto a una call dell’Ordine degli Architetti capitolino. E i confini di quella fantasia granitica tipica di una creatività funzionale come quella degli architetti hanno reso affascinante il dibattito. Anche perché tra i selezionati c’erano grandi studi storici vicini a start up giovani e vivaci. Un mix che ha dato l’idea del fermento che questa sfida sta alimentando nella Capitale.

Adesso tutte queste proposte saranno raccolte in un dossier, che sarà presentato ufficialmente al Bureau il 7 settembre. Una volta consegnato il dossier, bisognerà aspettare ancora un anno prima di sapere se Roma ospiterà Expo, visto che la decisione finale da parte dei rappresentanti degli Stati membri del Bureau international des expositions arriverà solamente nell’autunno del 2023; oltre alla Capitale in lizza ci sono Odessa per l’Ucraina, Busan per la Corea del Sud e Riyad in Arabia Saudita. Non sarà facile.

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