Cultura
La candidatura dell’Italia per Einstein Telescope, con Antonio Zoccoli presidente INFN
Di Marco Cossu
L’Italia è in lizza per ospitare l’ambizioso progetto dell’Einstein Telescope, un’infrastruttura rivoluzionaria dedicata alla ricerca delle onde gravitazionali. Il progetto segna un passo cruciale per la comunità scientifica e rappresenterebbe un punto di svolta, non solo in termini di ricerca e conoscenza dell’universo, ma anche per opportunità di ricadute economiche e sociali.
Attualmente, l’Italia concorre con i Paesi Bassi per l’opportunità di ospitare l’Einstein Telescope. Entrambi presentano siti di notevole interesse: la Sardegna, con la località delle miniere di Sos Enattos, rappresenta la proposta italiana, mentre i Paesi Bassi propongono un sito nella regione del Limburgo, ai confini con Belgio e Germania. La decisione finale dovrebbe arrivare entro il 2025, delineando un percorso che richiederà almeno 9 anni per la costruzione dell’esperimento, coinvolgendo, si stima, fino a 4000 persone full-time e numerose altre figure specialistiche per periodi determinati. Si prevede che circa il 70% sia impiegato nella nazione prescelta.
Esploreremo come l’opportunità di ospitare un’infrastruttura di tale portata possa avere ricadute occupazionali, stimolare lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia e creare un terreno fertile per una nuova ondata di innovazione industriale e sociale, confermando il ruolo dell’Italia nel panorama scientifico internazionale.
La ricerca delle onde gravitazionali è un’impresa che promette di aprire nuovi orizzonti nella comprensione dell’universo. Scopriremo cosa ci aspetta da questa avventura scientifica e quali prospettive si delineano per l’Italia nel contesto di questa corsa alla scoperta dei segreti dell’universo. Abbiamo incontrato Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e professore ordinario presso l’Università degli Studi di Bologna.
L’Italia è candidata per la costruzione di Einstein Telescope, il progetto per un grande interferometro di terza generazione per la ricerca di onde gravitazionali. Cosa significa per il nostro Paese e per la comunità scientifica italiana?
«Einstein Telescope (ET) sarà uno dei principali progetti di ricerca europei dei prossimi decenni, con un impatto scientifico di livello mondiale. Si tratta di una grande infrastruttura sotterranea che accoglierà il futuro osservatorio di onde gravitazionali di terza generazione: l’Italia è candidata a ospitarlo con un sito nei pressi della miniera di Sos Enattos, in Sardegna. Ospitare questa straordinaria struttura di ricerca rappresenterebbe un’opportunità unica per il territorio interessato e per l’Italia in generale, in continuità con la grande tradizione che il nostro Paese può vantare in questo specifico campo di ricerca.
L’investimento necessario per questa grande opera è stimabile in poco meno di 2 miliardi di euro, di cui almeno la metà destinata alla costruzione del laboratorio sotterraneo. Alcuni studi di impatto preliminari, basati sul Conceptual Design Study finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del VII Programma Quadro, stimano un indotto potenziale complessivo di circa 6 miliardi. In particolare, gli stessi studi prevedono una forza lavoro di circa 4000 persone impiegate full-time per la costruzione del laboratorio e dell’esperimento, più numerosi altri specialisti con diverse professionalità impiegati per frazioni di anno. Tale forza lavoro sarà distribuita in tutta Europa, ma con una previsione indicativa di circa il 70% nella nazione ospitante».
Quali sono i concorrenti dell’Italia e quali saranno le tempistiche per l’individuazione del sito ospitante e la realizzazione del telescopio?
«Al momento, oltre al sito italiano, l’altra candidatura ufficiale per ospitare l’Einstein Telescope è stata avanzata dai Paesi Bassi, con un sito nella regione del Limburgo, molto vicino al confine con Belgio e Germania. La decisione finale dovrebbe arrivare entro il 2025 (anche se non si possono escludere slittamenti), mentre la costruzione dell’esperimento durerà almeno 9 anni: si prevede quindi che Einstein Telescope possa entrare in operatività intorno al 2035»
Il sito che è stato selezionato è nell’area dell’ex miniera di Sos Enattos, nel cuore della Sardegna. Perché proprio quella località?
«Esistono diverse motivazioni di carattere geologico che rendono l’area di Sos Enattos, nella provincia di Nuoro, un luogo ideale per ospitare ET. In primis, la Sardegna è una terra estremamente stabile dal punto di vista sismico: si tratta di una caratteristica essenziale per garantire alte prestazioni del rivelatore di onde gravitazionali (specie nella ricerca di oscillazioni a bassa frequenza), che deve essere il più possibile schermato dal rumore sismico. Inoltre, la configurazione delle rocce della miniera e della zona interessata, oltre alla scarsa presenza di falde acquifere, rendono il sito individuato particolarmente idoneo alla costruzione in sicurezza di un laboratorio sotterraneo. Infine, la zona di interesse è caratterizzata da una bassa antropizzazione, altro fattore che garantisce la presenza di un ambiente “silenzioso” ideale per gli obiettivi scientifici di ET».
Come è strutturato un interferometro e come funziona?
«Gli interferometri usati per osservare onde gravitazionali sono composti da lunghi tubi a ultra-alto vuoto, lungo i quali scorrono fasci laser che vengono riflessi da un sistema di specchi sospesi. Dopo la riflessione, i fasci laser si sovrappongono formando la cosiddetta figura di interferenza, tipica della propagazione di onde. Quando un’onda gravitazionale attraversa l’interferometro, si produce una minuscola deformazione dello spaziotempo che ha l’effetto di modificare il percorso dei fasci laser e quindi della figura di interferenza. Stiamo parlando di variazioni dell’ordine di una frazione di miliardesimo del diametro di un atomo: per riuscire a misurarle è necessario sviluppare tecnologie di rilevazione di altissimo livello, sviluppate ad hoc per questo tipo di esperimenti».
Esistono tre antenne capaci di captare le onde gravitazionali al mondo: i due bracci di Ligo negli Stati Uniti e Virgo, a Cascina in Italia. Cosa ha di diverso rispetto a questi esperimenti l’Einstein Telescope?
«La differenza principale è che gli esperimenti attuali sono costruiti in superficie, mentre Einstein Telescope sarà sotterraneo. In questo modo, ET avrà una sensibilità molto maggiore rispetto ai suoi predecessori, potendo osservare onde gravitazionali di frequenza più bassa: ciò si tradurrà nella capacità di avere accesso a un volume di cielo circa mille volte superiore rispetto a LIGO e Virgo. Inoltre, in confronto agli attuali strumenti, la lunghezza dei bracci dell’interferometro è prevista essere molto maggiore: si passerebbe da 3-4 chilometri a 10-15 chilometri. Un altro aspetto sono poi le tecnologie implementate: in Einstein Telescope, per esempio, saranno utilizzate tecnologie criogeniche.
Un altro fattore che potrebbe differenziare ET dai rivelatori attuali (ma il condizionale è d’obbligo) è la configurazione. I due interferometri di LIGO e quello di Virgo hanno tutti una forma a “L”: ciascuno è costituito da due lunghi tubi disposti ad angolo retto. L’idea iniziale del progetto Einstein Telescope prevede invece per quest’ultimo una forma triangolare, con tre bracci lunghi 10 chilometri, e la costruzione di un unico interferometro. Tuttavia, è al vaglio degli scienziati anche la possibilità di riproporre la configurazione a “L”, con la costruzione di due interferometri gemelli in due siti distanti, verosimilmente uno in Sud Europa e l’altro a Nord».
Perché è importante ascoltare le onde gravitazionali, cosa potrebbero dirci?
«La possibilità di rilevare onde gravitazionali, che è diventata realtà a partire dal 2015 proprio grazie a LIGO e Virgo, ha aperto un canale osservativo completamente nuovo su alcuni dei fenomeni astrofisici più violenti del nostro universo. Alcuni di questi – come la fusione tra buchi neri – non sono sondabili tramite telescopi elettromagnetici, per cui le onde gravitazionali sono l’unico “messaggero” disponibile per poterne ricavare informazioni utili. La sensibilità di ET permetterà di osservare una quantità enorme di eventi di questo tipo, permettendo di riscostruire l’intera popolazione di buchi neri dell’universo, spingendosi fino a periodi molto lontani nel tempo (di poco successivi al big bang). Non solo: grazie a ET diventerà frequente anche l’osservazione dei cosiddetti eventi “multimessaggeri” – come la fusione tra stelle di neutroni -, in cui la rilevazione di onde gravitazionali è associata a quella di segnali elettromagnetici, con la possibilità di ricavare una grande quantità di informazioni di tipo diverso sul comportamento della materia in condizioni estreme. Ma le onde gravitazionali potrebbero dirci molte altre cose, anche inaspettate, su alcuni dei grandi misteri dell’universo».
Quali potrebbero essere le ricadute concrete dirette ed indirette nella vita di tutti i giorni derivanti dalla ricerca delle onde gravitazionali?
«Einstein Telescope, così come gli esperimenti attuali per la ricerca di onde gravitazionali, sarà un progetto di ricerca fondamentale: il suo obiettivo principale è aumentare la nostra conoscenza dell’universo, ricostruendone la storia e l’evoluzione. Tuttavia, per realizzare infrastrutture di questa portata è necessario sviluppare tecnologie avanzatissime, spesso innovative. Ciò sarà vero a maggior ragione per un progetto pioneristico e straordinariamente ambizioso come ET, che si propone di avviare una vera e propria filiera dell’innovazione in numerosi settori, dalla meccanica alla criogenia, passando per l’ottica e l’elettronica, fino alla robotica e al calcolo. È facile aspettarsi, come già accaduto più volte in passato, che lo sviluppo di queste tecnologie innovative potrà portare a ricadute significative (anche non previste) sia in ambito industriale, sia per l’intera società».
Quanti sono i Paesi e i ricercatori coinvolti nel progetto Einstein Telescope?
«Il progetto ET è guidato da Italia e Paesi Bassi, con il sostegno politico di Belgio, Polonia e Spagna. La comunità di ET è attiva da oltre 15 anni e nel 2022 è stata istituita una collaborazione scientifica internazionale, composta da oltre 1.500 persone, tra cui ricercatori, ingegneri, tecnici e scienziati dei dati, appartenenti a più di 220 istituzioni distribuite su 26 nazioni: sia in Europa, con Francia, Germania, Grecia, Repubblica Ceca, Svizzera, Regno Unito e Ungheria (oltre ai paesi promotori), sia nel resto del mondo».
Esiste una “competizione” geopolitica anche nel campo della ricerca scientifica, Einstein Telescope con chi entrerebbe in “competizione”?
«Einstein Telescope non sarà l’unico osservatorio di onde gravitazionali di prossima generazione. Anche gli Stati Uniti stanno progettando il rivelatore del futuro, che si chiamerà Cosmic Explorer: a differenza di ET, non sarà sotterraneo ma ancora in superficie, con una configurazione a “L” che ricalcherà quella degli attuali rivelatori (anche se con dimensioni notevolmente maggiori). Va aggiunto che, parallelamente agli esperimenti “terrestri”, la NASA e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) stanno progettando anche l’esperimento LISA, che punta a lanciare un osservatorio spaziale di onde gravitazionali, con l’obiettivo di avere accesso a segnali di frequenza molto bassa, inaccessibili agli osservatori terrestri. Tuttavia, sarebbe sbagliato parlare di “competizione”: tutti questi progetti sono in realtà complementari tra loro, con l’obiettivo comune di aumentare la nostra conoscenza dei fenomeni cosmici».
In Francia e Svizzera il CERN ha stimolato la nascita e la crescita del territorio e di aziende, anche italiane, che creano ricchezza e occupazione nel settore dell’alta tecnologia. Potrebbe ripetersi qualcosa di simile anche con Einstein Telescope in Sardegna?
«Certamente sì. Non a caso, spesso si fa riferimento all’Einstein Telescope come a un futuro “piccolo CERN”, sia per la portata delle scoperte scientifiche attese, sia per le ricadute tecnologiche e sociali già accennate. Parte di queste ricadute saranno globali, ma molte saranno dirette specificamente al territorio che ospiterà l’infrastruttura, e riguarderanno principalmente le aziende dei settori (e delle rispettive filiere) dell’edilizia, della meccanica, degli studi ingegneristici, geologici, dei trasporti, della rivendita al dettaglio e all’ingrosso, dell’ospitalità e della ristorazione. Una volta a regime, ci aspettiamo che il funzionamento di ET determini un flusso di domanda di beni e servizi, che in molti casi saranno ad alto contenuto tecnologico, con implicazioni positive anche per il processo di creazione d’impresa (spin-off) in settori ad alta produttività.
Inoltre, all’impatto socio-economico si aggiungerà anche un ulteriore impatto sulla società, legato alla produzione scientifica, all’innovazione, al trasferimento tecnologico e alla crescita del capitale umano coinvolto. A regime, ET attirerà un flusso costante di giovani talenti, studenti di dottorato e giovani ricercatori che acquisiranno competenze molto importanti per la loro carriera professionale. Infine, il sito ospiterà un gran numero di eventi pubblici e iniziative di diffusione della cultura scientifica, favorendo lo scambio di idee e anche la promozione del territorio e di un turismo di qualità».