Cultura

Cloudescenza

19
Giugno 2024
Di Flavia Iannilli

“Ma scusa tu alla mia età che cosa facevi?”. Una sola domanda che cade come un fulmine a ciel sereno. La persona in questione ha 17 anni, un numero che divide precisamente in due l’età di quella che scrive. La prima reazione è un sorriso misto a tenerezza, quello che viene a tutti coloro a cui viene ricordata “così de botto, senza senso” l’adolescenza. Un ghigno più simile a un rigurgito; e non perché quella tappa venga intesa come trapassato remoto ma per quel terremoto che ha sepolto la spensieratezza sotto le responsabilità.

Eppure un senso di libertà, carico di parole dimenticate, accende la miccia dei ricordi. “Sto aspettando”, incalza lei, portabandiera di una dozzina di diciassettenni in attesa. Avrei voluto chiedere l’aiuto a ChatGPT: come intavolare una spiegazione plausibile, con la generazione vittima del non visualizzato, sulla vergogna di inviare un trillo al ragazzetto che ti piaceva? O l’impegno e la passione con cui si confezionava il proprio profilo Msn? Come dettagliare le ore impiegate a riempire il diario della smemoranda, che aveva spazio per tutto tranne che per i compiti, a chi è cresciuto con il registro elettronico?

“Cos’è Msn?”, di getto si potrebbe definire l’antenato di Facebook. “Allora anche voi avevate i social”, come far comprendere a chi è nato nel mondo dei giga illimitati che internet collegato ad un computer fisso aveva un utilizzo limitato e scandito dal sergente madre?

“Beh vi potevate chiamare, i telefoni li avevate…”, il cassetto dei ricordi, giunti a questo punto, ha dovuto estrarre il floppy disk contenente l’infinito capitolo del 4888. La famosa chiamata a carico del ricevente, di cui si faceva un uso inflazionato a causa dell’estinzione del credito residuo (0,50cent a messaggio).

L’espressione inghiottita da un buco nero spazio temporale delle adolescenti spinse la conversazione tanto a largo da dover precisare che i messaggi, prima sul tanto chiacchierato 3310 poi sul Motorola starTAC e infine sul fallito BlackBerry, avevano un numero contenuto di caratteri da poter digitare.

Questa dura verità faceva trapelare una realtà ancora più sconcertante: immaginare una vita senza le basi della comunicazione dei ragazzi di oggi, senza la connessione oltremare-monti-fiumi, senza spunta, doppia spunta blu, ultimo accesso, online, emoji, like. Una vita da liceale a tutti gli effetti, con le sue complicazioni, con gli ormoni impazziti, con gli sbalzi d’umore, con le incomprensioni e con telefoni ma senza l’applicazione miliare era una cosa tanto lontana quanto vicina. Qualcuno aveva vissuto quell’assurdo spartiacque.

“E come facevate?”. Aspettavamo e in quell’attesa c’era tanta fantasia fatta di supposizioni, di come sarebbe stato, di cosa sarebbe successo, di speranze riposte nel divertimento, di quanta ansia ci avrebbe sopraffatto. C’era una sala d’aspetto per le serie televisive, per i nuovi album, per i primi approcci, imbarazzi e delusioni. L’attesa diventava il viaggio e di quelle avventure non c’è nessun cloud, drive, memoria esterna da comprare o rullini infiniti.

“Beh meglio adesso…” Meglio?! d’impulso si azzarderebbe un “niente di paragonabile”. Sarà colpa di quel ritrovarsi a tarda ora a Piazza Giuochi Delfici con un pallone e tante superficialità da rimpallarsi che sa tanto di quel ghigno di tenerezza; così distante da un display.

Qualcuno aveva vissuto la rivoluzione tecnologica nell’età del cambiamento. Gli ultimi “Guardiani della notte” a protezione della barriera sono i nati negli anni 90.