Game, set, match. È di poche ore fa la notizia secondo cui il Ministro dell’Immigrazione australiano, Alex Hawke, ha revocato il visto di ingresso a Novak Djokovic. La nota di Governo recita “Motivi di salute e ordine pubblico”. I legali del serbo non si sono fermati e hanno impugnato la decisione. Il giudice Kelly, questa mattina, ha dichiarato che l’udienza definitiva è fissata per domenica, vigilia del debutto agli Australian Open, è stata spostata presso la Corte Federale dell’Australia. Per ora non è prevista detenzione e l’espulsione è sospesa fino a sabato (domani), giorno in cui Novak verrà ascoltato dai funzionari dell’immigrazione alle ore 8 locali, le 22 italiane.
L’Ei fu Novak Djokovic, ormai “Novax Djokovid”, non ha abbassato la testa di fronte alle regole di Morrison, decidendo di fare ricorso. La vicenda è su tutte le maggiori testate da settimane: Novak, numero 1 nel ranking mondiale del tennis, è andato in Australia per disputare il primo slam dell’anno, ma, non tenendo fede alle regole degli Australian Open, si presenta senza aver effettuato il vaccino. La polemica vax e novax si accende come un cerino e, ad una settimana dall’apertura del caso Djokovic, arriva una spiegazione: Novak ha contratto il Covid il 16 dicembre, motivo per cui non ha effettuato il vaccino. Notizia da cui scaturisce una seconda polemica basata sulla presenza dell’atleta, da positivo quindi violando la quarantena, ad un’intervista con l’equipe avvenuta il 18 dicembre.
I primi giorni avevano preso le sembianze di una partita prima dell’inizio degli Australian Open. Da una parte del campo il Premier australiano, fermo nel considerare il visto dell’atleta in mancanza del vaccino; dall’altra parte Djokovic, che aveva già contratto il virus ma notoriamente non vaccinato, con un 2021 iniziato nel migliore dei modi.
La prima vittoria arrivava proprio dallo slam in questione, seguiva l’alzata del trofeo su terra rossa per eccellenza dopo aver battuto in semifinale Nadal e in finale Tsitsipas. Si presentava a Wimbledon da difensore del titolo e, dopo aver concesso un solo set a Berrettini, porta a casa il terzo slam della stagione.
Le Olimpiadi di Tokyo rappresentavano lo scalino per raggiungere un possibile Super Grande slam, ma l’imposizione di Zverev in semifinale lascia Djokovic a mani vuote. Gli US Open si prospettavano come un’occasione di riscatto, ma ad avere la meglio in finale è il russo Medvedev. Infine le ATP Finals, iniziate con l’infortunio di Berrettini e concluse con Zverev re di Torino.
E quindi? Rimane pur sempre il n.1 al mondo. Vero, ma ci sono due varianti che non possono essere sottovalutate: la prima è quella anagrafica, un atleta di 34 anni è difficile che rimanga in vetta al ranking mondiale senza alcuno sforzo; la seconda è la “garra” dello sportivo.
Novak Djokovic nato nel 1987 a Belgrado, non è solo il portabandiera della Serbia nel mondo ma ne incarna la tradizionale tenacia. Di riflesso la decisione non è di lasciare l’Australia, scelta perseguita oggi dalla tennista ceca Voracova dopo essere stata fermata per un’irregolarità nel visto – vicenda, quella della n.81, che, guarda caso, non ha avuto la stessa audience – ma di fare ricorso.
Da questo momento in poi le prese di posizione a difesa di Novak non hanno tardato ad arrivare: subito il Presidente e il Primo Ministro serbi, a seguire i componenti della famiglia Djokovic e così via. Giustificazioni? No, semplice presa di coscienza. Guardando al quadro generale è chiaro che si fa presto a generare una boutad tra vax e novax.
Dall’altra parte della rete gioca l’Australia, una nazione che arriva a 0 contagi dopo 7 mesi di lockdown, la nostra “Fase 1”, e che, ad oggi, con 50mila contagiati ha rinviato la A-League. Un Paese con una storia giovane, che nasce come colonia penale inglese. E forse è anche per questo che l’Australia sia così attaccata alle regole.
La palla che rimbalza tra i due campi è la mail, del 7 dicembre, inviata dal Tennis Australia all’ATP (Assosiation of Tennis Professionals) e ai giocatori con le direttive per poter partecipare allo slam. Qualcuno in merito la verità l’ha detta: «Djokovic conosce le regole e le conseguenze da pagare, è una sua libera scelta» sono le parole di Rafael Nadal.
LUNEDì SI GIOCA
Oggi gli Australian Open hanno comunicato con un tweet che lunedì 17 gennaio si disputeranno le partite della parte alta del tabellone. Porzione in cui è incluso Djokovic.
Alla luce dei fatti Novak si trova contro il Governo australiano, dato appurato dall’inizio della vicenda, ma anche contro il Governo serbo a causa della violazione della quarantena, punibile fino a 3 anni di reclusione dalla giurisprudenza di Belgrado.
Se inizialmente c’era chi ritenesse che non ci sarebbero stati né vincitori né vinti, ad oggi c’è chi ritiene che Djokovic sia in netto svantaggio e recuperare la partita a questo punto sarà dura.
Di certo la presenza del numero 1 in Australia ha dato la sua risonanza, forse non quella sperata, ma, alla fine, “purchè se ne parli…”