Cultura

Perché alla politica non interessa la reunion degli Oasis?

26
Agosto 2024
Di Marco Cossu

Vera o falsa che sia, la reunion degli Oasis è la notizia più intrigante che questa estate blandissima ci regala sotto l’ombrellone. Dopo 15 anni di dissidi, (ultima apparizione insieme  il 22 agosto del 2009 al V Festival di Stafford) i fratelli Gallagher sarebbero riusciti a trovare una quadra per calcare ancora una volta i palchi insieme. Dopo tanta trap il Dio del rock ha battuto un cenno, con lui gli anni ‘90. Per farli mettere d’accordo si vocifera una cifra di 60 milioni di euro. Le chiacchiere si rincorrono e danno vita a qualcosa di eccelso: Heaton Park nella loro Manchester, Glastonbury, dieci tappe a Wembley (roba da far impallidire le otto di Taylor Swift), Twickenham, Hotspur Stadium. Da parte dei fratelli Gallagher nessuna smentita. Alimentano il chiacchiericcio, lasciano sassolini, tessono fili: per Noel la voce del fratello equivale a «dieci shot di tequila il venerdì sera, la mia è mezza pinta di Guinness il martedì», «I never did like that word FORMER» scrive Liam su X riferendosi al suo ruolo da cantante degli Oasis. Il sogno nostalgico per la prossima estate è la retromania, la rivalsa del secolo precendente, la rivincita del Cool Britannia dopo le miserie musicali della Brexit. Le chat friggono: “andiamo!”, “partiamo!”, “io mi ammazzo per prenderlo!”, i tabloid britannici schiaffano la notizia in copertina, il web, come dicevamo un tempo, è esploso. Come poteva essere il contrario per la band che alla fine dei conti ha messo d’accordo senza distinzione sociale alcuna i demotivati figli degli anni ‘70, ‘80 e ‘90? Generazione ormai in sella al mondo, al potere. Eppure, nessun dignitosissimo rappresentante generazionale ne parla. Già, perché i politici, attenti a qualsiasi fottutissima tendenza (per dirla alla Liam) non parlano della reunion degli Oasis? La narrazione anche per un semplice post ci sarebbe tutta: i figli del proletariato industriale, maggiori interpreti del britpop e della cultura metropolitana, saliti agli allori per le più belle canzoni in lingua franca da strizzare a squarciagola negli stadi, nei pub, sulle spiagge, si riuniscono da fratelli dopo tanti litigi e quindici anni di separazione. Ero loro fan, mi hanno dedicato Wonderwall, le ho dedicato Wonderwall! Nulla, nemmeno un post, sarebbe una miniera di like. Nemmeno un accenno alla miniera d’oro che potrebbe costituire una loro reunion, solo in termini di Adidas Spezial, cappellini alla pescatora e parka venduti.

Why, Why, Why? Non trovo pace da due giorni e mi rigiro sulla sabbia. Perché ai politici non piacciono i fratelli Gallagher? Da fan ossessionato e da malato di comunicazione la domanda ha un’importanza cosmogonica. Difficile codificare il pensiero politico di Noel e Liam – e direte voi che bisogno c’è di farlo. Gli Oasis non hanno mai fatto politica, se ne sono tenuti sempre alla larga. Perché? Semplicemente non gli interessava. Nonostante la loro genesi sia legata a quella cultura musicale figlia della depressione thatcheriana e si siano distinti in quel brodone cool negli anni del New Labour (ndr Noel aveva espresso parole positive nei confronti di Tony Blair tanto da essere suo ospite al Number 10 per poi distaccarsene) non hanno mai seguito nessuna scia o adottato nessun frame ideologicamente costruito per fare quello che hanno fatto. Figli del socialismo britannico? Forse. Socialisti? No. Libertari? Certamente. Quello che facevano era semplicemente mandare a quel paese chi avevano voglia di mandare, considerando la politica lontano dai bisogni della gente comune. Quello che la politica doveva fare era amministrare bene senza entrare nella vita privata delle persone. Per questo non abbiamo mai visto bandieroni e vessilli politici nei loro concerti. I fratelli Gallagher hanno prosperato nell’impolitico, nella ribellione all’autorità, cantando alle masse parlando all’individuo. Questo li ha resi e li rende impolarizzabili, inutilizzabili per qualsiasi fine politico, è il loro ecumenismo. L’obiettivo della loro musica non è mai stato quello di influenzare l’opinione politica delle persone o spingere a cambiare il mondo – cosa che, possiamo dircelo francamente, è una stronzata – ma intrattenere ed estraniare, lo “slide away”, il “I’ll sing the blues if I want”, per vivere per sempre. D’You know what I mean? 

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