Ambiente

Stati generali Green Economy 2022, la transizione ecologica non può attendere

09
Novembre 2022
Di Alessandro Cozza

Le parole chiave del 2023? Sono due. Transizione ecologica. Quali siano i binari che guideranno le nostre scelte, professionali e non, ormai sembra sia chiaro. Puntare alla qualità ecologica attraverso l’uso delle energie rinnovabili, la riduzione dei consumi e l’investimento nell’economia circolare. Questa è la fotografia dell’Italia contenuta nella Relazione sullo Stato della GREEN ECONOMY presentata in apertura degli Stati Generali, il summit verde dedicato quest’anno a “La nuova sfida della transizione ecologica per le imprese italiane”, promosso dal Consiglio Nazionale della GREEN ECONOMY 2022 in collaborazione con il Ministero della transizione ecologica e il patrocinio della Commissione Europea, che si sta svolgendo alla Fiera di Rimini, nell’ambito di Ecomondo- Key Energy.

E ha confermare che non ci possono essere alternative alla rivoluzione verde, ci sono i dati critici che rilevano un aumento pari al 6,8% delle emissioni di gas serra nel nostro Paese, un dato più alto della media europea che si attesta al 6%. In questo senso dovrebbero essere maggiormente impegnati i comuni. Se da una parte è vero che l’Italia non ha una legge sul clima, è altrettanto vero che poche città si sono fissate l’obiettivo del raggiungimento della neutralità climatica, che è ormai un obbligo per i Paesi Europei.

«L’Italia c’è, sul panorama internazionale e non solo europeo, ed è oggi più che mai impegnata nel favorire la crescita di un sistema imprenditoriale innovativo, eco-consapevole, indispensabile per costruire un futuro più sostenibile», ha detto il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, in occasione dell’inaugurazione di Ecomondo. Futuro più sostenibile che deve partire sicuramente dall’aumento del consumo di energia da fonti rinnovabili che è cresciuto del 3%. Questo, in realtà, è uno dei pochi dati positivi del report. Nell’ultimo anno sono cresciuti i consumi finali di energia che hanno riguardato un po’ tutti i settori: in modo più consistente i trasporti, ma anche terziario, industria, agricoltura ed edifici a uso abitativo. Il superbonus del 110%, ad esempio, è servito a rilanciare alcuni settori produttivi, ma molto poco a ridurre i consumi di energia. Non solo. Quello registrato nel 2021 riporta un dato relativo ad un consumo di suolo che è il più alto degli ultimi dieci anni: circa 19 ettari in media in più al giorno, equivalenti a 69,1 chilometri quadrati in più, con il 7,13% di copertura artificiale del suolo, resta ben al di sopra della media europea (4,2%). A causa della crisi climatica, delle ondate di calore e dei lunghi periodi di siccità, il corretto uso, il risparmio e la tutela delle risorse idriche sono di crescente importanza. Gli sprechi sono ancora insostenibili: dei circa 10 miliardi di metri cubi all’anno immessi negli acquedotti per gli usi potabili, 4 miliardi siano dispersi durante il trasporto nelle reti.

«Per me questo appuntamento segna l’avvio di un confronto che deve essere comune. Sento tutto l’orgoglio del ruolo che mi è stato affidato ma anche la grande responsabilità di un dicastero che deve orientare politiche ambientali ed energetiche, responsabilità che intendo assumere in un clima di confronto, collaborazione e di interlocuzione continua con tutto il sistema delle imprese, dell’associazionismo e di tutti coloro che si occupano della difesa del nostro ambiente, clima e territorio», ha aggiunto Fratin. E proprio dalle imprese che arriva il segnale più incoraggiante. Le aziende, infatti, stanno affrontando la sfida della transizione ecologica come un’opportunità per trasformare il proprio business in direzione green, anche se trovano in questo percorso ancora ostacoli, soprattutto la burocrazia (50%). L’attenzione delle imprese verso la transizione ecologica è significativa: il 45% presta un livello elevato di attenzione e un altro 41% un livello buono, solo un 14% ammette di non essere per niente attento. Tre aziende su quattro (il 76%) sono addirittura convinte che l’Italia dovrebbe essere fra i promotori della transizione ecologica perché questa scelta metterebbe il Paese all’interno del gruppo avanzato delle economie mondiali. «L’indagine documenta che la transizione ecologica non è un’opinione, ma un processo reale che coinvolge un gran numero di imprese italiane, in gran parte le più avanzate su due pilastri: quello della transizione climatica e quello dell’economia circolare – ha spiegato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile -. Due pilastri che affrontano problemi ambientali epocali e le sfide di competitività e mercato. Il dato complessivo che emerge è quello di un sistema delle imprese che vede la transizione ecologica non solo come ineludibile necessità ma anche come possibile opportunità».

Qualche segnale che lascia ben sperare si intravede. Come per esempio che nel 2021 sono state immatricolate 468.000 auto in meno di quelle vendute nel 2019, le auto diesel vendute sono state il 29% in meno dell’anno precedente e quelle a benzina il 16%; nel 2021 sono state immatricolate 136.000 auto elettriche (+127%) e 423.000 auto ibride (+91%), mentre ha ripreso a crescere la sharing mobility. Ma quanto emerge da questa due giorni di confronto sul futuro verde è chiaro. Serve dare un’accelerata importante al cambiamento perché altrimenti i 20gradi a novembre, lo scioglimento dei ghiacciai, l’assenza di neve, l’eccessiva escursione termica tra il giorno e la notte e l’emergenza idrica arriveranno presto ad un punto di non ritorno.

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