Ambiente

Il ritorno del nucleare: come e perché l’energia atomica è tornata al centro del dibattito

24
Maggio 2023
Di Simone Zivillica

Qualsiasi discussione sull’utilizzo dell’energia nucleare porta con sé una certa dose di difficoltà a distaccarsi dal bagaglio ideologico che questo tema ha prodotto nel tempo. Il nucleare conosce un pre e un post Chernobyl, in quanto l’impatto mediatico di quel disastro è stato tale da portare a considerare l’energia nucleare come nemica della sicurezza per la popolazione così come per l’ambiente, a causa delle scorie nucleari che hanno tempi di degradamento lunghissimi. Tuttavia, però, gli scetticismi intorno questa tecnologia c’erano anche prima e dopo si sono solo rafforzati. Oggi sembra arrivato il momento di parlare del nucleare come una possibile soluzione per il futuro veramente green, piuttosto che una brutta pagina di un passato da dimenticare. Una pagina dove, tra l’altro, si legge una storia italiana fatta di eccellenze e opportunità, nonché soluzioni a problemi strutturali, come quello del deposito e stoccaggio delle scorie nucleari. Un esempio di come potrebbe essere risolto questo problema lo avanza il Gruppo Sogin, società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, che pianifica di porre in essere il Deposito Nazionale con una capacità di 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 17 mila metri cubi di rifiuti a media e alta attività.

Il Deposito Nazionale progettato da Sogin

FAKE NEWS NUCLEARI

Da considerare, poi, le molte fake news che circolano attorno all’impiego dell’energia atomica, quasi tutte inerenti alla sicurezza di questa tecnologia. L’ultima in ordine cronologico, e solo a titolo esemplificativo, nasce dalla guerra in Ucraina, dove dieci giorni fa è stato colpito un deposito di munizioni nella zona ovest del paese. In quella zona si è registrata un aumento della dose di radioattività gamma. I canali che allertano sulla pericolosità di questa circostanza danno per certo che nell’esplosione siano stati coinvolte anche munizioni all’uranio impoverito, le cosiddette Armor Piercing Incendiary (API) ossia munizioni perforanti incendiarie, che hanno esordito durante la prima Guerra del Golfo. La pagina di divulgazione scientifica Avvocato dell’Atomo, fa notare che anche se fosse così – e non abbiamo elementi per confermare una notizia simile – “l’uranio è un emettitore ALFA, con la maggior parte delle emissioni gamma sotto i 190 keV (il cesio-137 emette a 662 keV). Questo già fa capire che l’uranio non può essere la causa di questo aumento, sia per l’insufficiente quantità di uranio possibilmente coinvolta e successivamente dispersa, sia per la tipologia di radioattività dello stesso. Ma se anche la fisica non vi convincesse, il calendario vi dà una prova definitiva: l’aumento della dose è dell’11 maggio, ma l’esplosione è del 13 maggio” – scrive sul suo profilo Facebook l’Avvocato dell’Atomo. Appare evidente, quindi, che non può esserci correlazione tra i due eventi e che quindi quella notizia è una bufala fatta circolare ad arte.

FONTI ENERGETICHE, RAPPORTI DI POTERE

Senza voler entrare nel merito tecnico della produzione dell’energia nucleare, dei protocolli di sicurezza, dello smaltimento delle scorie e dell’approvvigionamento delle materie prime, è interessante cercare di capire come l’energia nucleare abbia avuto, abbia e avrà un ruolo importante nei rapporti di forza tra paesi. Come, in sostanza, stanno cambiando le relazioni geopolitiche grazie, o a causa, del mutato scenario energetico, che vede alcuni stati, come la Germania, che ha definitivamente abbandonato l’energia nucleare e altri che ne producono tanta da soddisfare il proprio fabbisogno per il 70% solo da quella, come la Francia.

Da sempre gli stati muovono interessi e relazioni in base alle risorse che gli occorrono per soddisfare il proprio fabbisogno. Nel caso delle necessità energetiche di uno stato moderno, queste sono alla base del funzionamento stesso della società. Per fabbisogno energetico dobbiamo intendere tutto ciò che è necessario per accendere le luci, caricare le innumerevoli batterie che illuminano schermi e display che teniamo in tasca o negli zaini, far camminare auto, bus e treni, far accendere e far lavorare server enormi come quelli necessari per gli hub di intelligenza artificiale o mining di criptovalute, e praticamente tutto quello che ci gira intorno. 

Per anni la fonte energetica principale in tutto il mondo sono state fonti fossili, ovvero materia organica che impiega secoli per formarsi e consiste principalmente in carbonio e idrogeno legati. I tre tipi di combustibili fossili principali utilizzati fino a oggi – e ancora oggi – per la produzione energetica sono il carbone, l’olio e il gas naturale. Proprio quest’ultimo è stato protagonista di un gioco di forze parallelo a quello messo in campo in Ucraina dalla Russia, che ha consentito – e continua a consentire – a Putin di tenere molti dei paesi europei che dipendono dal gas, prodotto in Russia, sotto lo scacco dell’aumento dei prezzi del gas. Per questo motivo, il governo italiano dallo scoppio della guerra ucraina ha cercato altre fonti di approvvigionamento, essendo sostanzialmente povera di giacimenti propri – quantomeno non sufficienti a colmare il buco creato dalla mancanza di gas russo. Già, perché oltre alla minaccia, già realizzatasi, dell’aumento del prezzo del gas, c’è stata anche quella della chiusura totale o parziale dei rifornimenti. 

CICLI E RICICLI STORICI (ED ENERGETICI)

La storia energetica, così come la storia in generale, è fatta di giri immensi che talvolta ritornano. Nel 1973 l’OPEC, ossia l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio, tagliò la produzione di petrolio provocando il pressoché imminente rialzo dei prezzi del greggio e quindi di una buona fetta di energia. I paesi europei e gli Stati Uniti conobbero la prima corsa alla costruzione di centrali nucleari che ha portato il parco centrali del mondo occidentale a quello che, bene o male, conosciamo oggi. Per motivi diversi e con una materia prima diversa, quello che sta succedendo oggi è speculare. La guerra in Ucraina è considerata dalla Russia un affare privato e le interferenze estere, soprattutto occidentali, hanno fatto sì che Putin abbia cominciato a mandare segnali concreti facendo lievitare i prezzi del gas, di cui è produttore. Oggi, quindi, si torna a parlare dell’energia nucleare come valida sostituta alle fonti fossili.

Ci sono, però, due differenze sostanziali tra ciò che è accaduto negli anni ’70 e quello che sta accadendo oggi. Innanzitutto, il disastro di Chernobyl ha portato l’opinione pubblica a non considerare l’energia nucleare come una fonte energetica sicura e alcuni paesi, come l’Italia, hanno deciso tramite referendum di far cessare il funzionamento delle centrali attive e di non costruirne di nuove. In più c’era il discorso sulla gestione dei rifiuti radioattivi delle scorie nucleari, tema su cui non c’era ancora la conoscenza, la tecnologia e l’informazione dei giorni nostri. Oggi, a differenza di allora, il nemico principale dell’energia nucleare non è tanto la sicurezza o gli aspetti di sostenibilità ambientale – che il nucleare soddisfa ampiamente con le tecnologie contemporanee – quanto l’avversione ormai fissata nella cultura di molte popolazioni verso una fonte di energia reputata obsoleta rispetto alle rinnovabili, che però da sole non soddisfano il fabbisogno energetico di paesi moderni e altamente industrializzati.

Si spiega, così, il motivo per cui molte delle superpotenze mondiali, le stesse che si stanno giocando un ruolo da leader nel prossimo assetto di forze a livello internazionale, Cina, Russia e Stati Uniti, infatti, stiano investendo molto sia in ricerca che in costruzione di nuove centrali nucleari per tre motivi principali. Innanzitutto, per rendersi il più possibile indipendenti dalle esportazioni di altre fonti energetiche prodotte da altri paesi. Inoltre, per avere esse stesse la capacità di esportare energia a paesi terzi, come fa, per esempio, la Francia da cui compriamo energia per circa il 5%, innalzando il proprio potere negoziale nei consessi internazionali. Infine, quella che sta accadendo oggi appare essere una nuova corsa energetica, spinta sia dai sempre crescenti fabbisogni specifici ma anche dalla necessità di posizionarsi come attore più solido nel panorama mondiale. 

GEOPOLITICA NUCLEARE

È per questo motivo, infatti, che la Cina, che oggi produce solo il 5% della propria energia da fonti nucleari, sta costruendo 20 nuovi reattori, la cui energia prodotta andrà ad affiancarsi all’enorme parco di energia rinnovabile che hanno a disposizione. La Russia, dal canto suo, continua a esportare moltissima energia nucleare ma, soprattutto, a vendere i propri reattori a molti dei paesi confinanti e non: Turchia, Bangladesh, la stessa Cina, Iran, Egitto, Bielorussia, Ungheria sono tutti paesi dotati di reattori russi, a sottolineare l’importanza dello strumento nucleare per affermare la propria egida geopolitica sul territorio. Infine, gli Stati Uniti sono già i maggiori produttori di energia nucleare al mondo e stanno investendo moltissime risorse in ricerca e nella costruzione di nuovi tipi di reattori, più veloci e sostenibili di quelli conosciuti finora e chiamati Small Modular Reators (Piccoli Reattori Modulari) e Micro Modular Reactors (Piccolissimi Reattori Modulari). Tecnologia, questa, su cui stanno lavorando – a ulteriore dimostrazione dell’interesse geopolitico sul nucleare – anche paesi come il Regno Unito, la Corea del Sud, il Giappone e il Canada.

È chiaro, quindi, che la partita sul riassetto delle forze internazionali che si sta giocando in Ucraina, ma anche a Taiwan, tra Russia, Cina e Stati Uniti, sembra passi necessariamente anche da un profilo energetico. In questo, l’energia nucleare ha un ruolo decisivo viste la necessità di guardare oltre alle fonti fossili per motivi di sostenibilità nel medio e lungo periodo, ma con l’obiettivo di mantenere, o rinnovare, la propria sfera di influenza sui paesi confinanti e non. Una meta, questa, che da sempre è stata raggiunta grazie alla fonte energetica più utilizzata nel periodo storico di riferimento e quello che stiamo vivendo potrebbe essere quello del nucleare, al netto che questa tecnologia riesca a raggiungere la competitività e la popolarità riconosciute dal fotovoltaico e dall’eolico nell’ultimo decennio.

ITALIA: IN PARLAMENTO SI TORNA A PARLARE, SERIAMENTE, DI NUCLEARE

Va in questa direzione la mozione presentata dal centrodestra, e accolta, a maggioranza dalla Camera il 9 maggio, con i voti, tra l’altro, del Terzo Polo di Carlo Calenda. La mozione propone il raggiungimento delle zero emissioni di Co2 entro il 2050 secondo il principio della neutralità climatica. Se la meta, dunque, è non emettere più Co2 entro la data stabilita, la strada per arrivarci non deve precludersi di passare per soluzioni differenti dall’elettrico e dalle energie rinnovabili. Tra le fonti di energia alternative alle rinnovabili, infatti, si chiede di “adottare iniziative volte ad includere la produzione di energia atomica di nuova generazione all’interno della politica energetica europea, riaffermando in sede europea una posizione unitaria volta a mantenere nella tassonomia degli investimenti verdi la messa in esercizio di centrali nucleari realizzate con le migliori tecnologie disponibili” – questo il testo della mozione presentata dall’On. Giampiero Zinzi e costruita grazie al lavoro dell’On. Luca Squeri. Ecco quindi che, per la prima volta dopo decenni, si torna a considerare l’energia atomica come una valido mezzo per raggiungere il sempre crescente fabbisogno energetico.

Tanto più che sono all’ordine del giorno esempi che spingono a valutare attentamente l’atomo come una fonte non solo necessaria, ma anche pulita. Sulle sue pagine social, il collettivo di divulgazione scientifica dell’Avvocato dell’Atomo – un gruppo di under 35 che si batte a mezzo comunicazione, principalmente via social, per la promozione dell’energia atomica – giorni fa ha evidenziato come di notte, in un intervallo di tempo selezionato, la Germania abbia emesso più Co2 dell’India. Questo per evidenziare che dopo l’abbandono totale del nucleare e l’aver puntato tutto sulle rinnovabili, la Germania si è trovata costretta a riaprire le centrali a carbone. Paradossi fin troppo reali nello scacchiere energetico. Sempre l’Avvocato dell’Atomo, sulla situazione tedesca non fa sconti: «Si stanno purtroppo manifestando le conseguenze di alcune scelte scellerate compiute negli scorsi decenni, tra cui quella di chiudere le centrali nucleari e quella di tentare di diminuire le emissioni sostituendo il carbone con il gas russo. A questo si aggiunge che la promessa delle rinnovabili ha dato risultati solo parziali, nonostante mezzo trilione di euro di investimenti pubblici. Oggi la Germania ha emissioni altissime e sta mancando tutti gli obiettivi climatici che si era prefissata, oltre ad essersi trovata esposta più di altri alla dipendenza dalla Russia» – ha commentato Luca Romano, ideatore del progetto dell’Avvocato dell’Atomo, che conta anche la pubblicazione di un libro omonimo edito da Fazi editore.

Proprio gli avvocati atomici quest’estate, in piena campagna elettorale, hanno creato una serie di video in cui andavano ad analizzare le proposte energetiche all’interno di ogni programma politico, evidenziandone debolezze e, dove era presente, le prospettive sul nucleare. Quello che è emerso è una quasi assoluta distanza dal nucleare da parte di tutto il mondo a sinistra dell’emiciclo, mentre a destra (e al centro, Terzo Polo su tutti, che infatti ha presentato il programma più dettagliato in merito) finora c’era stata apertura ma mai una concreta mossa parlamentare, invece presente con la mozione unitaria del centrodestra sul nucleare.

IL PARERE DELL’AVVOCATO DELL’ATOMO

Abbiamo chiesto un commento su questo all’Avvocato dell’Atomo Luca Romano:

«Cosa cambia in concreto dopo l’approvazione della mozione (anzi, delle mozioni) sul nucleare in Italia? Per il momento, nulla: si tratta di generici impegni a valutare, non necessariamente ad adottare, la tecnologia. Non sono previsti studi di fattibilità, né vengono indicate tempistiche di alcun genere.
Quello che si può dire cambi, però, è il contesto generale: il nucleare, dopo 12 anni dal referendum del 2011, è tornato ad essere un tema di discussione parlamentare e non è più un taboo della politica.
Il fatto che vi sia una convergenza tra le forze di destra e quelle di centro su questo tema è sicuramente positivo, sarebbe importante che anche la sinistra si unisse al dialogo affinché questo sia il più costruttivo possibile.

Per avere un reale progresso nelle politiche energetiche oggi serve un’iniziativa bipartisan. Il grosso problema del nucleare in Italia oggi è legato ai tempi e alle modalità del dialogo politico: costruire una centrale nucleare richiede 6-7 anni; se è la prima di un programma nucleare, prima di poter iniziare i lavori occorrono 4-5 anni di iter burocratico-autorizzativo. Si tratta di tempi perfettamente compatibili con quelli degli obiettivi climatici al 2050, ma decisamente poco compatibili con quelli della politica italiana, notoriamente instabile (l’Italia ha cambiato 68 governi in 75 anni) e quindi tende a favorire iniziative che possano restituire consenso in tempi brevi.

Il cambiamento del clima politico attorno al nucleare, però, resta una buona notizia anche e soprattutto per quanto riguarda l’Europa, dove un’Italia pro-nucleare (anche se solo formalmente) può far pendere l’ago della bilancia dalla parte dei paesi del blocco atomico (Francia, Olanda, Svezia, Finlandia, Polonia, Cechia, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Romania, Estonia, Ungheria), lasciando il blocco anti-nucleare sempre più isolato (attualmente Germania, Austria, Lussemburgo e Danimarca, con Spagna e Portogallo incerti). La facilità di accesso ai finanziamenti e lo snellimento dei processi burocratici sarà la chiave del successo del nucleare nei prossimi decenni in Europa, e per questo anche solo un posizionamento formale dell’Italia dalla parte dell’atomo può incidere moltissimo».

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