Ambiente

Questione energetica, l’ipotesi idrogeno verde

17
Aprile 2022
Di Luca Grieco

Tendenzialmente funziona così: accendiamo il fornello per mettere su l’acqua, oppure azioniamo il riscaldamento perché (anche) in casa fa freddo. Gesti semplici, naturali e quotidiani che si compiono senza pensarci più di tanto. Alla base di tutto c’è il gas che, come si potrà immaginare, è utilizzato anche in molti altri comparti e non solo per fini domestici: dall’autotrazione alla produzione di energia elettrica, passando per la produzione industriale. Insomma, si tratta di uno dei tasselli fondamentali che ci permettono di vivere in condizioni agiate in un Paese benestante, uno di quei fattori che ci danno la possibilità di avere uno standard di vita che tendiamo quasi a dare per scontato. 

Nel 2021, l’Italia ha consumato circa 76 miliardi di metri cubi di gas e la maggior parte di questi sono stati importati. La produzione nazionale è quasi irrisoria al confronto, se si pensa che nel nostro Paese si attesta a circa 3 miliardi di metri cubi all’anno. Fino a qualche anno fa, la produzione era molto più intensa ma le politiche energetiche, evidentemente, sono state immaginate per prediligere non tanto altre fonti – che pur sono state implementate -, quanto sicuramente altri sistemi di approvvigionamento. Il nostro sistema nazionale è infatti alimentato prevalentemente dal gas importato da Paesi terzi e arriva da noi tramite gasdotti internazionali oppure viene trasportato via mare in forma liquida. Secondo gli ultimi dati disponibili (Ministero della Transizione ecologica e riferiti al 2020) la matrice di importazione è questa: il 43,3% dalla Russia, il 22,8% dall’Algeria, l’11% dalla Norvegia, il 10,6% dal Qatar, il 6,7% dalla Libia, il 2,6% dagli USA, l’1,4% dall’Olanda e la restante parte (circa 1,7%) da altri Paesi.

La crisi Russo-Ucraina ha destabilizzato i rapporti internazionali e posto gli Stati europei, soprattutto noi italiani, di fronte alla necessità di rivedere i canali di approvvigionamento. Non è difficile comprendere come la possibilità di una crisi energetica sia molto più marcata se il tuo primo fornitore di gas entra in guerra a qualche migliaio di km da te. In questo caso, la volatilità dei prezzi ha mostrato la fragilità strutturale sulla quale per troppo tempo, evidentemente, il nostro Paese ha strutturato la sua matrice energetica e ha fornito al Governo l’input per cercare nuovi partner energetici.

In occasione dell’incontro ad Algeri, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha dichiarato: «I nostri Governi hanno firmato una dichiarazione d’intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia. A questa si aggiunge l’accordo tra Eni e Sonatrach per aumentare le esportazioni di gas verso l’Italia». L’obiettivo, quindi, è potenziare il rapporto già in essere con l’Algeria e far sì che vi siano – secondo una nota stampa rilasciata da ENI – maggiore flessibilità di forniture energetiche, arrivando a importare volumi crescenti di gas a partire dal 2022, fino a 9 miliardi di metri cubi di gas all’anno nel 2023-24. L’accordo non è stato svelato nel dettaglio, ma rientra, appunto, nell’ampia strategia disegnata dall’esecutivo italiano per indebolire la nostra dipendenza dal gas russo e diversificare i fornitori. E, infatti, il 13 aprile il direttore generale Natural Resources di ENI, Guido Brusco, e il presidente di Egas, Magdy Galal, hanno firmato un accordo che mira a massimizzare sia la produzione di gas che l’esportazione di GNL. Si parla, per quest’ultimo, di circa 3 miliardi di metri cubi nel corso di quest’anno. A trarre beneficio dall’accordo saranno Europa e Italia, anche nell’ottica della decarbonizzazione dell’economia energetica, con la transizione ecologica sempre sullo sfondo. Ma c’è anche l’alternativa legata all’idrogeno.

Non solo fornitori differenti. Sempre nell’ambito dell’accordo con l’Algeria, il Premier italiano, infatti, ha parlato anche di idrogeno verde. C’era da aspettarselo, in effetti. Lo scorso ottobre, Benattou Ziane, ministro algerino delle Energie rinnovabili, dichiarava «idrogeno attraverso gasdotti è molto probabile, poiché possiamo ridurre le nostre esportazioni di gas naturale in Italia del 25% e sostituirlo con idrogeno verde». Giusto a metà: via libera all’idrogeno verde, certo, ma anche all’aumento delle importazioni. Del resto, l’onnipresente principio della neutralità tecnologica vale oggi più che mai considerando che né Ziane né l’Europa avrebbero mai immaginato uno scenario geopolitico come quello attuale. 

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