Ambiente
Olimpiadi invernali: nessuno sport sfugge al cambiamento climatico
Di Flavia Iannilli
Riflettori puntati sulle Olimpiadi invernali di Pechino che avranno inizio il 2 febbraio. Dopo la brutta caduta di Sofia Goggia, sciatrice di punta del team italiano, che non le permetterà di volare in Cina; un’altra cattiva notizia arriva da uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori guidato dall’Università di Waterloo.
Secondo gli studiosi, provenienti da Canada, Austria e Stati Uniti, il cambiamento climatico limiterà i territori in cui sarà possibile svolgere i Giochi invernali. Dalla ricerca, basata sull’andamento attuale delle emissioni, emerge che solo una città, delle precedenti 21 che hanno ospitato in passato le Olimpiadi invernali, sarà in grado di fornire condizioni adeguate per poter ospitare l’evento nuovamente nel prossimo secolo. Sapporo, in Giappone, è l’unica reduce in termini di innevamento e sicurezza per gli atleti.
Sei, delle famose 21, sono state catalogate come affidabili in maniera marginale. 14 non potranno più concorrere alla candidatura e quattro di queste sono già fuori concorso: Squaw Valley (Stati Uniti), Chamonix (Francia), Garmisch-Partenkirchen (Germania) e Sochi (Russia).
Una minaccia reale che porta i ricercatori a monitorare il rischio meteorologico sempre di più. I dati non sono incoraggianti: la temperatura media del giorno, nel mese di febbraio, è passata da -0,4 ° C, registrata dalle prime Olimpiadi invernali di Chamonix del 1924 e costante fino a quelle di Cortina D’Ampezzo del 1956, ai 3,1 ° C, cifra rimasta invariata dai Giochi di Squaw Valley del 1960 a quelli di Nagano (Giappone) del 1998, fino ai 6,3 ° C che hanno caratterizzato tutto il ventunesimo secolo compreso il prossimo evento di Pechino.
«Nessuno sport può sfuggire agli impatti di un clima che cambia. Raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi è fondamentale per salvare gli sport sulla neve come li conosciamo e garantire che ci siano posti in tutto il mondo per ospitare le Olimpiadi invernali» dichiara Daniel Scott, professore di geografia e gestione ambientale a Waterloo.
Quindi una luce in fondo al tunnel c’è. L’unico modo per frenare questa realtà, in questo caso per salvare le Olimpiadi invernali, ma anche la corsa incessante del cambiamento climatico, è attenersi ai limiti contenuti negli Accordi di Parigi. Se così fosse, le città affidabili rimarrebbero le stesse di oggi.
L’Italia nel suo piccolo, durante l’anno di Presidenza del G20, ha lasciato una sua eredità in termini di cambiamenti climatici; anche con progetti trasversali come il G20 Finance Track, attraverso il quale si riconoscono i ruoli centrali delle politiche economiche per contrastare il cambiamento climatico e sostenere la transizione ecologica.
In attesa che il Comitato Olimpico Internazionale faccia sentire la sua voce in merito, ci prepariamo a seguire le Olimpiadi invernali di Pechino, con la speranza di poter tifare quelle di Cortina 2026.