Ambiente

Dialoghi sul Mediterraneo 2022. Focus sull’instabilità nel Mare Nostrum

02
Dicembre 2022
Di Giuliana Mastri

Dialoghi nel Mediterraneo, sul Mediterraneo. Ricchissima l’ottava edizione della conferenza promossa dall’Istituto Ispi, “Med Dialogues 2022“, articolata in panel di diversi ambiti e con la partecipazione dei maggiori rappresentanti istituzionali.

A prendere la parola per primo è stato il Presidente della Repubblica Sergio Matterella, soddisfatto di poter contribuire in un’occasione di confronto e accrescimento reciproco. Il Capo dello Stato ha avvertito su uno dei più grandi problemi del Mare Nostrum anche nel 2022: oltre ai flussi migratori da regolare, il terrorismo e dunque l’instabilità. Richiamando a uno sforzo comune per promuovere la pace e la cooperazione. Soprattutto ora che il conflitto in Ucraina causa criticità nell’approvvigionamento di materie prime nei territori africani. «Il Mediterraneo è anzitutto uno spazio di condivisione, un crocevia di culture, per citare Fernand Braudel “non una civiltà ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre”, dunque con la ricchezza delle loro diversità e la comunanza di destino che le lega», ha detto Mattarella.

Il ministro degli esteri Antonio Tajani, anche in considerazione del fatto che gli scambi col Mediterraneo cresceranno, desidera che l’Italia diventi un hub energetico. I rapporti efficaci in campo energetico e commerciale potranno aiutare sia il nostro Paese che il Sahel sul fattore del cambiamento climatico, che Tajani afferma di aver esperito in una delle sue visite e che sa essere davvero insidioso specialmente in quelle zone. «Quando ero presidente del Parlamento europeo chiesi 100 miliardi di investimenti dall’Europa – ha riferito il ministro –. Abbiamo bisogno di maggiore presenza diplomatica anche in chiave economica e di fare missioni in cui di discuta di crescita. Ci sono già joint venture potenziali. Voi mettete le materie prime, noi le competenze. Così ci svilupperemo. Senza dimenticare per questo l’importanza di potenziare i trasporti».

Tante risorse… inaccessibili.

Il Sahel è lacerato dalle adesioni spontanee al terrorismo islamico e da un aumento demografico del 4% annuo. Lo ha ricordato Mohamed Bazoum, presidente del Niger. Il sostegno avuto dall’Italia è certamente apprezzato, ma bisogna guardare in faccia la realtà secondo Bazoum: «Siamo ricchi di risorse. Tuttavia abbiamo oro che non riusciamo a mobilitare perché non accediamo alle linee di credito. I meccanismi finanziamento sono belli ma solo in teoria. Molto spesso è difficile sbloccarli.». Per crescere insomma c’è bisogno di un nuovo patto e, come spiega il premier del Niger, «Cresceremo se la demografia comincerà a calare e sarà ridotta l’emigrazione».

In conclusione della prima sessione è stato letto il messaggio di Papa Francesco. Ecco alcuni passaggi salienti: «L’interconnessione delle problematiche richiede che vengano esaminate insieme, in una visione coordinata e la più ampia possibile, come emerso in modo prepotente già nel corso della crisi pandemica, altra evidente conferma che nessuno si salva da solo. La guerra sta producendo enormi ripercussioni nei Paesi nordafricani, che dipendono per l’80% dal grano proveniente dall’Ucraina o dalla Russia”. Questa crisi ci esorta a prendere in considerazione la totalità della situazione reale in un’ottica globale, così come globali ne sono gli effetti. Pertanto, come non è possibile pensare di affrontare la crisi energetica a prescindere da quella politica, non si può al tempo stesso risolvere la crisi alimentare a prescindere dalla persistenza dei conflitti, o la crisi climatica senza prendere in considerazione il problema migratorio, o il soccorso alle economie più fragili o ancora la tutela delle libertà fondamentali».

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