Ambiente

La guerra e i danni ambientali: il caso Ucraina

10
Marzo 2022
Di Daniele Bernardi

L’ultimo rapporto ONU parla di oltre 1200 morti tra i civili in Ucraina dall’attacco russo del 24 febbraio. La guerra d’altronde è soprattutto questo: morte. Ma ci sono altre perdite che vengono prodotte, spesso con effetti meno visibili ma non meno importanti: i danni ambientali.

Tutte le guerre producono danni all’ambiente, attraverso bombardamenti ed esplosioni che generano incendi e devastazioni sul territorio, ma anche mediante lo sfruttamento del suolo e delle risorse che i militari consumano durante gli stazionamenti. L’Ucraina, tuttavia, è un caso particolare. La zona più interessata dal conflitto è sicuramente il Donbas, un’area considerata la più inquinata del paese e probabilmente una delle più inquinate al mondo. L’elevata presenza di industrie chimiche e di infrastrutture energetiche influiva negativamente già da tempo sulla vita delle persone che abitavano da quelle parti. “Puoi vedere il fumo – a volte è arancione; a volte è grigio. C’è un odore acre, […] quando apri la finestra per alcune ore, avrai il davanzale ricoperto” affermava Viktoriia Pikuz al National Geographic, un’insegnate che viveva vicino al polo industriale della città di Mariupol (oggi nota per i combattimenti).

Quando è iniziata la guerra, la situazione è peggiorata. Per guerra qui si intende il conflitto civile iniziato già nel 2014, con le truppe filorusse finanziate da Putin intente ad ottenere con le armi l’indipendenza da Kiev. L’inizio degli scontri ha portato molte di queste aziende a chiudere, ma le ha anche viste trasformarsi in teatri di guerra, oggetto dei bombardamenti che hanno scaraventato detriti inquinanti in tutta l’area.

Il problema principale però, in alcuni casi, è proprio l’inattività. Il Donbas è conosciuto come una regione ricca di carbone, per estrarre il quale è stata costruita una fitta rete di gallerie nel sottosuolo. In totale si contano circa 35 miniere. Queste miniere hanno bisogno di pompe in grado di estrarre l’acqua. Dall’abbandono degli scavi, le pompe hanno smesso di funzionare e buona parte delle gallerie è tornata ad allagarsi portando con sé copiose quantità di materiali chimici inquinanti, rilasciate nell’ambiente dalle aziende presenti in Donbas. L’acqua inquinata confluisce nelle principali falde acquifere della zona, contaminando le risorse idriche della popolazione. Un rapporto dell’UNICEF dello scorso marzo denunciava una mancanza di acqua pulita per le famiglie dell’Est-Ucraina: “Per coloro che abitano lungo la ‘linea di contatto’, cucinare, lavarsi le mani e avere accesso all’acqua potabile sono una sfida quotidiana”. Spesso non si tratta neanche di danni collaterali imprevisti ma di una pianificata strategia di guerra, volta ad indebolire e a stremare la popolazione, come dimostra il bombardamento del 2017 a un condotto che conteneva riserve di cloro, utile per gli impianti di depurazione delle acque.

Quando si parla della guerra in Ucraina e di ambiente, il grande elefante nella stanza è ovviamente la questione nucleare. L’Ucraina ha sul proprio territorio 15 reattori nucleari attivi, ma il più famoso e pericoloso è, paradossalmente, quello inattivo: il reattore 4 dell’impianto di Chernobyl. Il reattore non si è mai spento dall’incidente del 1986 e continua a rilasciare forti radiazioni, seppure limitate dal ‘sarcofago’, una struttura in acciaio e cemento che lo riveste. Il sito è stato conquistato all’inizio della guerra dalle truppe russe e questo ha generato forti preoccupazioni nella popolazione ucraina e mondiale, soprattutto dopo che, probabilmente a causa dello smottamento del terreno da parte dei mezzi militari, si è registrato un aumento del livello di radiazioni. A generare ancora più preoccupazione sono però i reattori in mano all’esercito ucraino, questi infatti, come sostiene anche Bennet Ramberg, ex funzionario del Dipartimento di Stato statunitense e autore di “Nuclear Power Plants as Weapons for the enemy”, potrebbero seriamente essere oggetto di bombardamento da parte delle armate russe, con conseguenze disastrose su tutto il territorio. Ne è un esempio l’impianto di Zaporizhzhia, raggiunto il 4 marzo scorso dai missili russi, fortunatamente senza riportare grandi danneggiamenti.

I danni provocati all’ambiente non hanno effetti immediatamente percepibili, ma, dopo otto anni di scontri, nel Donbas cominciamo a farcene un’idea. La mancanza di acqua potabile, l’aria irrespirabile e il suolo con un livello sorprendentemente alto di radiazioni stanno uccidendo tanto quanto le bombe. Ma non è solo questo che dovrebbe preoccuparci: l’inquinamento ambientale e i suoi effetti sulla popolazione sono sempre più di frequente motivo di ulteriori scontri, spesso per accaparrarsi le poche risorse rimanenti. Herald Welzer le chiama ‘guerre climatiche’. Se perciò non si pone un freno a quanto sta avvenendo in Ucraina, presto quell’area e le altre circostanti potrebbero essere teatri di nuove guerre. 

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