Ambiente
Sistemi di invasi sul Fiume Paglia: al via il dibattito pubblico su un’infrastruttura chiave per la sicurezza idraulica del Tevere
Di Marta Calderini
È stato avviato il dibattito pubblico sul progetto “Sistemi di invasi sul fiume Paglia”, una delle più importanti iniziative infrastrutturali in corso nel centro Italia. L’opera, promossa dall’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale (AUBAC), ha come obiettivo la messa in sicurezza idraulica del territorio e una gestione più efficiente e sostenibile della risorsa acqua, in un contesto segnato da crescenti criticità climatiche.
Alla conferenza stampa, svoltasi a Roma, hanno partecipato il Segretario Generale dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale Marco Casini, Angelica Catalano, Direttrice generale per le dighe e le infrastrutture energetiche del MIT, Manuela Rinaldi, Assessore regionale del Lazio ai Lavori pubblici, Thomas De Luca Assessore regionale all’Ambiente di Regione Umbria e Ornella Segnalini, Assessore ai Lavori Pubblici di Roma Capitale.
Il progetto, finanziato nell’ambito del Piano nazionale degli interventi nel settore idrico – Sezione invasi (Legge 145/2018), è strutturato in due fasi: la prima, già conclusa, ha portato alla redazione del Documento di fattibilità delle alternative progettuali (DOCFAP); la seconda, in fase di avvio, prevede la progettazione tecnica ed economica (PFTE) della soluzione che sarà selezionata anche sulla base del confronto pubblico avviato oggi.
L’area interessata è il bacino del fiume Paglia, principale affluente del Tevere, che attraversa Toscana, Umbria e Lazio. Il progetto nasce per fronteggiare problematiche ormai strutturali: esondazioni sempre più frequenti, erosione spondale, ridotta capacità di laminazione naturale, impermeabilizzazione del suolo, accentuata variabilità delle precipitazioni. Lo studio condotto ha identificato una combinazione di interventi infrastrutturali – casse di espansione per la laminazione controllata delle piene e un invaso artificiale per l’accumulo di acqua a fini irrigui e ambientali – capaci di rispondere sia alle esigenze di protezione del territorio, sia a quelle di approvvigionamento idrico.
Secondo Casini, il progetto «nasce da una visione di lungo periodo, basata sull’analisi del territorio e delle sue vulnerabilità. Non si tratta solo di contenere i fenomeni alluvionali, ma di rafforzare la capacità del territorio di adattarsi ai cambiamenti climatici. Il dibattito pubblico che si apre rappresenta un’occasione di ascolto e partecipazione concreta: vogliamo che questo percorso sia condiviso, trasparente e fondato sull’interesse collettivo».
Il carattere sovraregionale dell’opera richiederà un confronto costante con le Regioni coinvolte. «Oggi è una giornata importante per la nostra regione”, ha dichiarato Manuela Rinaldi, «perché l’avvio del dibattito pubblico segna l’inizio di un percorso di realizzazione di grandi opere di prevenzione e di tutela della risorsa idrica. Ringrazio l’Autorità di Bacino Distrettuale per l’attenzione e la professionalità con cui affronta le problematiche dell’intero bacino idrografico».
Dello stesso avviso Thomas De Luca, che ha sottolineato come «sia fondamentale ragionare su opere che mettano in sicurezza i territori e che guardino all’irrigazione come elemento chiave per la resilienza ambientale e agricola. Il dibattito pubblico permette alle amministrazioni locali di avere voce in capitolo e di contribuire attivamente al miglioramento del progetto».
L’impatto atteso si estende anche alla città di Roma: la regolazione delle piene del Paglia incide direttamente sulla sicurezza idraulica del medio-basso Tevere, contribuendo a prevenire la pericolosa sovrapposizione con le piene dell’invaso di Corbara, una delle principali criticità per la Capitale. A ribadirlo è stata Ornella Segnalini, secondo cui «il fiume Paglia è uno degli affluenti più critici del Tevere e contribuisce in modo significativo al rischio idraulico per Roma. Episodi come l’alluvione del 2014, che ha messo a rischio 50.000 cittadini tra Labaro e Prima Porta, ci ricordano che non possiamo abbassare la guardia. Dobbiamo recuperare l’acqua, ma anche difenderci da essa. Per questo stiamo lavorando per rafforzare le capacità operative dei Consorzi di Bonifica. Il dibattito pubblico arriva nel momento giusto, quando il progetto è ancora in fase di fattibilità e può essere migliorato grazie al confronto».
La conclusione dell’iter progettuale è prevista per febbraio 2026, ma già da ora si delinea l’importanza strategica di un’opera capace di coniugare sicurezza, resilienza e partecipazione. In quest’ottica, il dibattito pubblico non è un passaggio formale, ma uno strumento sostanziale di democrazia. Previsto per legge dal Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 50/2016) e regolato dal DPCM 76/2018, il dibattito pubblico non si tratta di un mero adempimento formale, ma di un processo strutturato volto a raccogliere le opinioni, le osservazioni e le proposte dei cittadini, delle associazioni, degli enti locali e degli stakeholder. La sua funzione è duplice: da un lato, aumentare la trasparenza e la qualità delle decisioni pubbliche; dall’altro, migliorare i progetti grazie all’intelligenza collettiva dei territori. Il dibattito ha una durata massima di quattro mesi, durante i quali si svolgono incontri pubblici, laboratori tematici, forum online, analisi indipendenti, sopralluoghi e strumenti informativi multicanale. Il tutto è coordinato da un Responsabile del Dibattito, figura terza e imparziale, nominata dalla Commissione nazionale per il dibattito pubblico, il cui compito è garantire correttezza, imparzialità, inclusività e parità di accesso al confronto. Il valore di questo strumento risiede proprio nel momento in cui interviene: il dibattito si apre in una fase preliminare, quando il progetto è ancora modificabile, influenzabile, migliorabile. È qui che si gioca la vera partita della condivisione: prima che le scelte siano cristallizzate, quando è ancora possibile decidere insieme. Il progetto degli invasi sul Paglia rappresenta dunque un banco di prova concreto per dimostrare come le grandi infrastrutture possano non solo essere sostenibili e necessarie, ma anche partecipate e condivise. Un’occasione, questa, per trasformare una sfida tecnica in una decisione collettiva. E per ridare ai cittadini un ruolo attivo nella costruzione del proprio territorio.
