Ambiente

Intervista a Sara Moretto: “Ecobonus non solo su elettriche e ibride”

10
Settembre 2021
Di Flavia Iannilli

Il settore automotive e la filiera italiana sono in crisi. A incidere è certamente la pandemia sia per le chiusure degli stabilimenti sia per la brusca frenata dell’importazione di materie prime e materiali lavorati. L’interconnessione mondiale, in cui diventa importante ogni tassello della filiera, fa si che un solo problema tenga sotto scacco l’intero settore.

 

In Italia tra delocalizzazione degli stabilimenti e problemi intrinsechi alla legislazione e agli incentivi per veicoli meno inquinanti, si sta comunque cercando di costruire un futuro più luminoso e sostenibile. The Watcher Post approfondisce queste tematiche con l’intervista a Sara Moretto, deputata di Italia Viva.

Il 2 settembre il Consiglio dei Ministri ha deciso di riallocare nell’Ecobonus le risorse inutilizzate del fondo Extrabonus, si tratta di 57 milioni di euro per le vetture elettriche. Cosa ne pensa?

 

Ritengo sia stata una decisione corretta che risolve l’impasse dell’esaurimento delle risorse destinate all’ecobonus per questi veicoli. L’extrabonus in ogni caso era bloccato perché aggiuntivo al primo, quindi questa nuova assegnazione di risorse già stanziate libera i fondi per la riapertura dei contributi e dà una boccata d’ossigeno al mercato. Rimango nel frattempo convinta della necessità di distribuire gli ecobonus tra diverse tipologie di veicoli, non solo elettrici o ibridi, perché la transizione ecologica passa attraverso un progressivo e ampio rinnovo del parco circolante. 

In settimana è stato discussa una sua interrogazione sulla responsabilità solidale prevista dell’articolo 196 del CdS in commissione trasporti. Il noleggio di vetture senza conducente sta animando un interessante dibattito. Per adeguare la normativa alle best practices Ue, si può giungere ad un chiarimento con un provvedimento legislativo nel breve periodo?

 

La questione è complessa perché riguarda più ministeri, incluso quello degli Interni che ha stilato la nota di risposta al mio quesito. Vanno raccordate più esigenze ma senza appesantire le imprese di oneri che non spettano loro, inoltre  il rischio di una deresponsabilizzazione del conducente va considerata tanto quanto la necessità di garantire l’incasso della sanzione da parte della Pubblica Amministrazione. Penso quindi sia urgente una soluzione normativa che non può attendere la riforma del Codice della Strada, troppe volte annunciata. 

Il parco auto in Italia è molto datato (7 anni l’età media delle vetture). Come le norme sulle flotte aziendali potrebbero essere d’aiuto per scalare le classifiche UE in materia? E’ pensabile una riforma della deroga alle direttive UE che consente la detraibilità totale Iva e la deducibilità del costo d’acquisto e gestione delle auto aziendali? 

 

Non è solo pensabile ma giusta. In più occasioni ho depositato proposte in tal senso che si sono scontrate, in primis, con la mancanza di copertura finanziaria. L’Italia però non può continuare ad essere non allineata rispetto agli altri Paesi europei sul trattamento fiscale delle auto aziendali. Ciò penalizza le nostre imprese e l’intero comparto automotive nazionale. In questo momento di misure straordinarie per il rilancio dell’economia questo tema deve essere sul tavolo del governo, anche sapendo che non si può vivere di deroghe. Il mio impegno andrà in questa direzione.

Nell’ambito della crisi che sta affrontando l’intera filiale dell’automotive, dalla carenza dei chip alla chiusura degli stabilimenti come Stellantis, crede che il Governo e le forze politiche stiano mettendo in campo tutte le risorse possibili? Quali sarebbero gli interventi necessari a tutela del lavoro in un settore così strategico per il Paese?

Ho più volte personalmente posto al governo la richiesta di una politica coordinata e a lungo termine per una filiera così strategica. Preoccupano la carenza di materie prime e componenti che stanno allungando i tempi di consegna dei veicoli nuovi con effetto depressivo per il mercato, così come la possibilità di perdere pezzi della produzione in territorio nazionale. Sul primo fronte è necessario un approccio europeo che garantisca corretti rapporti e scambi con i Paesi produttori. A Bruxelles si gioca poi la partita sul regime degli aiuti di Stato che debitamente rivisto aiuterebbe. 

A Roma c’è la consapevolezza che sia giunta l’ora di dare risposte definitive a questioni note ma anche di mettere in campo soluzioni nuove che grazie all’autorevole guida del presidente Draghi possono diventare protagoniste del rilancio del Paese. Anche il  tavolo automotive istituito al MISE può essere il luogo di elaborazione di poche ma serie e lungimiranti proposte per la filiera italiana. 

Gli stabilimenti in Italia sono senza dubbio un fattore strategico per il settore. Sarebbe utile rivedere le norme Ue sugli aiuti a finalità regionale delle grandi imprese per evitare nuove delocalizzazioni?

 

Si, la norma che impedisce alle grandi imprese di ottenere sostegno per  nuovi investimenti nelle aree definite dall’art. 107 del Trattato va aggiornata. Ciò non è certamente sufficiente ad evitare delocalizzazioni, ma men che meno lo sono sanzioni e punizioni “quando i buoi sono scappati”. Anzi, chi pensa di risolvere il problema con nuove multe fa un danno al Paese, allontanando ancor di più gli investitori italiani e stranieri. Il paradigma deve essere opposto, soprattutto in un momento così delicato per l’economia. Servono politiche incentivanti, riforme moderne e un fisco più semplice.

 

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