I poderosi incendi verificatisi nelle Hawaii, precisamente nell’isola di Maui, portano con sé conseguenze ancora molto pesanti. Gli edifici ridotti in cenere sono sono almeno 3.000, le vittime identificate superano le centinaia (115 a Lahaina). Stando ai dati diffusi l’ultima settimana, mentre proseguono i lavori di rimozione dei detriti, risultano disperse ancora 66 persone.
Nei prossimi giorni le autorità cominceranno a permettere ai residenti e ai proprietari di edifici lavorativi di andare nelle zone colpite dal disastro, sotto supervisione. La cenere è ancora tossica, quindi ci vuole cautela, e l’operazione di bonifica potrebbe richiedere quasi un anno, costerebbe circa 1 miliardo di dollari. Lo Stato ha chiesto ai proprietari di immobili in affitto a breve termine sull’isola di prendere in considerazione l’affitto delle loro proprietà a lungo termine alle persone rimaste senza casa a causa dell’incendio, e ha parlato con diversi hotel della possibilità di affittare le loro intere proprietà agli sfollati.
Più di 6.000 sopravvissuti all’incendio si stanno ancora rifugiando nelle camere d’albergo, L’Agenzia Federale per la gestione delle emergenze sta aiutando lo Stato a fornire sovvenzioni per l’alloggio e assistenza per l’affitto agli sfollati per i prossimi 18 mesi. Lahaina fu costruita lungo la costa dove il vulcano occidentale di Maui degrada nell’Oceano Pacifico, ed era l’antica sede del Regno hawaiano prima di diventare una popolare destinazione turistica. Come potrebbe essere ricostruita non è chiaro. «La gente di Maui deve avere tutto il tempo di cui ha bisogno per guarire e riprendersi e inizierà a ricostruire solo quando sarà pronta. Ribadiamo un concetto: la terra nel Lahaina è riservata alla sua gente mentre ritorna e ricostruisce», hanno detto le autorità.
Va detto però che Lahaina, la città in cui le fiamme si sono concentrate, era stata designata come Smart City, cioè come centro sperimentale in cui attuare le sperimentazioni di tutta quella gamma di innovazioni racchiuse sotto il concetto chiamato “Città dei 15 minuti”. Dunque è ipotizzabile che le grandi aziende dell’industria civile siano già pronte a intervenire e trasformare la distesa di ruderi in un cantiere a cielo aperto. Dinamica questa che ha alimentato dietrologie e versioni dei fatti molto attratte dal sospetto del dolo. Ma al di là delle critiche sulla mancata prevenzione, per ora nulla è emerso come prova.