Ambiente
Idrogeno: cosa manca per strutturare il mercato italiano ed europeo
Di Paolo Bozzacchi
Transizione ecologica. Verde. L’idrogeno è una delle risorse energetiche chiave per superare agilmente l’attuale crisi, grazie a una più ampia diversificazione delle fonti rinnovabili. Se n’è parlato a Milano durante la terza edizione di “Hydrogen Forum”, organizzata da Il Sole 24 Ore, alla quale sono intervenuti i principali player italiani del settore. Nel giorno in cui è stata resa nota dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti la lista dei progetti assegnatari degli oltre 100 milioni di euro stanziati dal Pnrr per realizzare 36 stazioni di rifornimento a idrogeno in Italia. Oltre i tre quarti dei fondi riguardano il Nord: Lombardia, Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige.
“Abbiamo bisogno di un piano governativo nazionale sull’idrogeno che tracci la linea”, l’appello di Alberto Dossi, presidente H2it e vicepresidente Assolombarda. “Un elettrolizzatore costa tra i 10 e i 20 milioni di euro, servono certezze per gli investimenti. C’è poi il tema degli incentivi, ma quelli ci sono: 3,6 miliardi di euro. Infine servono le infrastrutture, e al momento sono state assegnate 36 su 40 stazioni di rifornimento. Tutto questo ci permetterà di mettere a terra i progetti. Solo così potremo creare il mercato dell’idrogeno. In Europa il rischio di incagliarsi sull’idrogeno c’è. Tutto il mondo si sta muovendo, noi dobbiamo fare più squadra con le Istituzioni per non farci scappare l’opportunità”.
“L’idrogeno ha un ruolo nel percorso di decarbonizzazione”, spiega Stefano Besseghini, presidente Arera. “L’idrogeno ha ancora un ruolo che va definendosi. E al momento la posizione dei regolatori è quella di spingere con grande decisione per fare in modo che l’assetto consumo-generazione punti a identificare il più rapidamente possibile un modello tecnico di business in grado di tenere in piedi il meccanismo”. Poi aggiunge: “I progetti Pnrr hanno forse sofferto di una frammentazione tipica italiana, che sarebbe stato meglio evitare. Serve una tassonomia tra ricerca, sviluppo e innovazione perché hanno necessità diverse di finanziamento, obiettivi diversi e anche capacità diverse di remunerare l’investimento”.
“Bisogna trovare sistemi di stoccaggio dell’idrogeno”, chiede Pierroberto Folgiero, amministratore delegato Fincantieri. “L’intensità energetica dell’idrogeno è un quinto, quindi servono serbatoi cinque volte più grandi. Ora una nave da crociera fa 60 Mw a propulsione. Stiamo lavorando per usarne 5 a idrogeno per operazioni porto, senza emissioni”.
“Crediamo che la distribuzione dell’idrogeno sia un asset strategico”, ribadisce Pier Lorenzo Dell’Orco, amministratore delegato Italgas Reti. “Stiamo investendo per digitalizzare e sostituire la componentistica delle reti per poter trasportare gas tradizionale, gas rinnovabili e idrogeno. Il percorso europeo ci rende però poco soddisfatti per la regolamentazione, si sta profilando un pacchetto che non sfrutta tutti gli asset a disposizione. Si pensa a nuove infrastrutture per l’idrogeno senza considerare il blending, cioè la miscela di gas e idrogeno, per arrivare al consumatore finale”.
“Le rinnovabili pesano per il 70% dei costi nell’elettrolizzazione. Bisogna creare una filiera dell’idrogeno verde vicino alle fonti rinnovabili”. Così Piero Ercoli, Svp Decarbonization Projects di Snam.
Fare squadra sull’idrogeno assume per l’Italia e per l’Unione europea sempre più le fattezze di una necessità piuttosto che di una scelta.