Ambiente

Green Deal, Uil: aumentare l’estrazione di gas nell’Adriatico

24
Marzo 2025
Di Giuliana Mastri

L’Italia si trova stretta tra l’urgenza di una crisi energetica che soffoca le imprese e l’ambizione di una transizione ecologica che non ammette passi indietro. Al convegno “Dal Green Deal al Social Deal. Politiche energetiche e industriali a difesa dell’occupazione”, organizzato dalla Uil nella capitale, emergono visioni diverse ma convergenti su un punto: il costo dell’energia è un macigno che richiede risposte immediate, senza però perdere di vista il futuro. Tra pragmatismo sindacale e strategie governative, il dibattito si accende su gas, nucleare e rinnovabili.

Il segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri, mette sul tavolo una proposta concreta: aumentare l’estrazione di gas dai giacimenti dell’Alto Adriatico, di fronte alla costa ravennate, per destinarlo a prezzi calmierati alle aziende energivore. «In questi giorni stiamo affrontando molte vertenze per aziende che rischiano di chiudere a causa dell’altissimo costo dell’energia», denuncia. La misura, che potrebbe essere attivata «subito», è però vincolata a condizioni sociali precise: «Quelle aziende non dovranno licenziare e non dovranno andare via dal nostro Paese». Un intervento d’emergenza, ma non isolato: Bombardieri rilancia anche il programma Sure, finanziato con bond Ue, come strumento per investire in innovazione e garantire una «transizione sociale». «Quello del Green Deal è anche un nostro obiettivo, ma chiediamo risposte immediate», insiste, indicando nell’ibrido, per esempio nell’automotive, un ponte verso la neutralità tecnologica.

Dal governo arriva un’apertura cauta. La sottosegretaria per le Imprese e il Made in Italy, Fausta Bergamotto, riconosce il problema: «Il costo dell’energia elettrica riduce fortemente la competitività delle nostre aziende. Qualcosa dobbiamo fare». L’ultimo decreto bollette, spiega, è stato un tampone, ma «occorrono interventi strutturali». Sulla proposta Uil, Bergamotto non si sbilancia: «Valutiamo ogni ipotesi possibile». La linea dell’esecutivo punta su una combinazione di fonti: «La diversificazione è fondamentale, riteniamo che le energie rinnovabili e il nucleare possano essere una soluzione». Sul nucleare, però, i tempi sono lunghi: «Pensiamo che nell’arco di cinque anni si possa partire, quindi è bene iniziare a programmare. Ma cinque anni devono passare e le nostre imprese hanno bisogno di aiuto ora».

Il dibattito si arricchisce con l’intervento di Andrea Orlando, responsabile per le politiche industriali del Pd. «È molto opportuna un’iniziativa che rifletta sulle implicazioni sociali di questi grandi cambiamenti», osserva, sottolineando però una criticità: «Gli strumenti non sempre sono all’altezza». Per Orlando, servono politiche industriali solide e una riqualificazione della manodopera, perché «l’aggettivo ‘sociale’ non è accanto a transizione per caso». Senza un percorso inclusivo, il rischio è una crescita delle diseguaglianze che potrebbe alimentare reazioni politiche capaci di inceppare il processo.

Bombardieri, dal canto suo, insiste sulla necessità di un equilibrio tra emergenza e visione. «La transizione sta aprendo grandi problemi e grandi contraddizioni», avverte, proponendo un mix di gas per l’oggi e investimenti in tecnologia per il domani, con Sure come possibile leva europea. Bergamotto, invece, guarda a un orizzonte più ampio, dove il nucleare si affianca alle rinnovabili. Due approcci che non si escludono, ma che rivelano una tensione irrisolta: il tempo delle imprese non è quello della politica, né tantomeno quello della transizione. E mentre il gas dell’Adriatico potrebbe essere una boccata d’ossigeno, il futuro resta un puzzle di cui mancano ancora troppi pezzi.