Ambiente

Green carpet a Sanremo

15
Febbraio 2023
Di Daniele Bernardi

Si è da poco conclusa la 73esima edizione del Festival di Sanremo. Tutti sapranno ormai che ad essere stato incoronato vincitore del Festival è stato Marco Mengoni, con la canzone “Due vite”, ma non tutti sapranno che il cantautore di Ronciglione è anche l’artista più green tra quelli in gara all’Ariston. Un ottimo primato che compensa la scarsa attenzione verso la questione ambientale da parte dell’organizzazione dell’evento, la quale, al di là di un tappeto verde all’ingresso al posto di quello rosso, non può dire di aver fatto davvero molto in merito.  

L’ambiente a Sanremo non è esattamente in prima linea, anzi, forse è più nei testi delle canzoni che nell’effettiva organizzazione del Festival (vedi il riferimento all’eternit nel brano degli Articolo 31: “A differenza loro abbiamo trasformato l’eternit in oro”). Ciononostante, alcuni degli artisti in gara si sono più volte distinti per il proprio contributo nella lotta ai cambiamenti climatici. Il vincitore della 73esima edizione del festival, Marco Mengoni, è da tempo Ambassador nella campagna “Planet or Plastic?” di National Geographic e nel numero del 4 marzo 2022 finì perfino sulla copertina di uno speciale dal titolo “Pianeta Mengoni. Ritratto di un artista tra musica e ambiente”. Inoltre, l’artista viterbese è stato il primo in Italia a vendere i propri dischi con packaging 100% plastic free, promossi tra l’altro mediante una campagna di advertising interamente eco-friendly.

Tuttavia, sul palco dell’Ariston e durante il Festival, l’ambiente e la questione climatica sono rimasti dei perfetti sconosciuti. Il tutto fa specie, soprattutto se pensiamo che non di rado la musica passa in secondo piano durante la competizione per lasciare spazio alla politica e alle questioni sociali.

L’elefante nella stanza è sempre e comunque Plenitude, la figlia verde di ENI (società che di green non ha molto…), il main sponsor del Festival. La presenza di Plenitude aveva già fortemente fatto discutere l’anno scorso, l’azienda è da tempo accusata di greenwashing (ne abbiamo parlato in un altro articolo). Alla base di Plenitude, ci sarebbe la fornitura di gas naturale ed elettricità proveniente da fonti rinnovabili, ma secondo attivisti e non solo, si tratta invece di una copertura, un’operazione di facciata per mettere sotto al tappeto il reale inquinamento causato dalla società.

A difesa dell’azienda di proprietà di ENI, Plenitude ha negli ultimi mesi effettivamente acquisito diverse PMI del settore dell’energia sostenibile. Inoltre, per statuto si definisce una società benefit per cui al di là delle attività di lucro, persegue ulteriori finalità legate al bene comune e lavora in modo sostenibile e trasparente.

Ciononostante, Plenitude costituisce solo una minuscola parte delle attività economiche e dei profitti di ENI. L’Ente nazionale idrocarburi, come mostra Blumberg in un suo articolo, continua ad essere una delle 30 compagnie più inquinanti per quantità di metano emesse nell’atmosfera (ENI è l’unica italiana nella lista).

Tornando al Festival, come per la scorsa edizione, l’elegante (per antonomasia) red carpet è stato sostituito da un più “sostenibile” green carpet, con un prato sul quale hanno sfilato i cantanti. Inoltre, per alimentare una parte del fabbisogno energetico di Sanremo, è stato costruito un piccolo impianto fotovoltaico.

Ma protestano gli attivisti. Il responsabile Clima di Greenpeace Italia, Luca Iacoboni, commenta così lo sponsor del Festival: Mentre milioni di persone sono preoccupate per il caro energia che appesantisce le bollette, ENI non solo continua a macinare profitti record e ad alimentare la crisi climatica, ma per il secondo anno consecutivo sfrutta il palcoscenico di Sanremo per fare greenwashing, promuovendo una presunta svolta green, ampiamente smentita dai fatti, che suona come l’ennesima presa in giro nei confronti di italiane e italiani.

Eppure, c’è da dire che un incentivo a parlare di ambiente e sostenibilità a Sanremo 2023 c’era: il FantaSanremo. Immagino che tutti voi conosciate il Fantacalcio, quella competizione in cui un gruppo di persone si sfida in un campionato immaginario dove le partite sono giocate da squadre improvvisate mettendo insieme giocatori reali e la vittoria assegnata sulla base della prestazione che questi giocatori hanno nelle vere partite di campionato settimana per settimana. So che non è la migliore sintesi per descrivere un rito quasi religioso nel nostro paese, ma immagino che sia chiaro un po’ a tutti il funzionamento. Con Sanremo si è cercato di fare qualcosa di simile ma semplificato: scegli dei concorrenti in gara e, se questi fanno determinate cose (di una lista redatta precedentemente alla prima serata del Festival), guadagni dei punti. Chi ha più punti vince.

Bene. Detto ciò, si dà il caso che per quest’edizione del FantaSanremo, i concorrenti avevano la possibilità di guadagnare un Bonus Sostenibilità se sul palco avessero compiuto azioni in favore della biodiversità e della sostenibilità ambientale. Il bonus è frutto di una partnership tra 3Bee, società benefit che sviluppa sistemi di monitoraggio e diagnostica dello stato di saluto delle api, e gli organizzatori del FantaSanremo. Come sappiamo, nessun concorrente ha guadagnato il Bonus Sostenibilità, con buona pace di chi aveva “investito” su di loro. 

Insomma, ancora una volta l’ambiente è assente dal palco dell’Ariston, e dire che i precedenti per fare meglio c’erano. Non resta che aspettare la 74esima edizione del Festival e sperare che il green carpet non sia più il solo elemento green presente sulla scena.