«L’Eolico contribuisce per il 7% al soddisfacimento della domanda, a fronte di un obiettivo al 2030 di 26 Gw di capacità eolica per l’onshore e di 2,1 Gw per l’offshore. Saremo un’avanguardia mondiale per quantità e tecnologie. Il vantaggio dell’energia eolica è di essere pulita a costi relativamente più contenuti rispetto ad altre soluzioni. Il giro d’affari potenziale al 2030 è di 600 miliardi di euro. L’Europa e l’Italia sono prive di fonti energetiche e definiscono le politiche economiche su tre principi: ambiente, competitività e sicurezza, su cui non siamo messi bene. Abbiamo un disperato bisogno di fare energie domestiche, in particolare l’eolico. Il prezzo dell’elettricità in Borsa è sempre più alto, oggi siamo intorno ai 110 Mw/h, un problema per il sistema Paese. Dobbiamo aumentare l’offerta». Con queste frasi Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia, ha rappresentato lo stato dell’arte nel settore dell’energia eolica, illustrando lo studio svolto sull’offshore, al secondo Summit italiano organizzato da Anev a Roma.
L’eolico può dare molto di più
L’Italia è il Paese con la più alta dipendenza dall’estero da importazioni, anche di energia elettrica, che viene importata per il 17%. Ci troviamo in ritardo nella produzione eolica rispetto agli altri Paesi. Ci sono sempre comunità che cercano di preservare il territorio, condizione che favorisce l’eolico offshore. L’Italia è il sesto Paese per capacità installata (quinto in Ue a 27) con oltre 12 Gw, ma è quasi assente nel comparto dell’offshore. Il potenziale europeo di capacità offshore è tra 330 e 520 Gw. La maggiore parte del potenziale italiano è rappresentato dal galleggiante. Il Pniec, l’attuale piano per l’energia italiano, indica una capacità di 2,1 Gw offshore, a fronte di un potenziale di più di 20. Il problema è che manca una regolazione sulle autorizzazioni per lo spazio marittimo. Servono grandi investimenti per infrastrutture, intervenendo sulle Regioni critiche.
Le previsioni
«Nei prossimi anni si dovrebbe vedere una riduzione dei costi delle tecnologie. Bisogna anche aggiustare le tariffe. Prevediamo un’esplosione di 25 Gw, 9 di onshore, un business secondo solo al fotovoltaico. L’Italia ha una grande occasione per diventare hub dell’energia con una filiera dell’eolico», ha affermato Davide Tabarelli, il quale ha anche esortato la velocizzazione nella fornitura di mezzi e infrastrutture atte all’eolico.
L’indipendenza energetica
Il vicepresidente di Anev Mauro Fabris ha sottolineato: «Oltre 100 Gw di richieste progetti offshore, bisogna favorire la creazione della filiera. Il Governo sta ponendo attenzione alle fonti energetiche. Il tema energetico ormai definisce la geopolitica. L’indipendenza energetica è la nuova via per la ricerca della pace. L’eolico offshore rappresenta una realtà molto più importante di quella che definisce il Pniec, un limite da rivedere. L’eolico offshore può contribuire a risolvere il problema energetico nel nostro Paese. Il tema dell’eolico offshore ha superato una serie di resistenze, che riscontravamo i primi tempi nei ministeri».
L’asticella posta da Anev
Il presidente Anev Simone Togni ha rinforzato il concetto, dichiarando: «Noi riteniamo che due porti (quelli previsti da Decreto energia per la costruzione delle piattaforme galleggianti per le pale, ndr) non siano la soluzione per questa tecnologia. Ne serviranno almeno 4, forse 6. E poi anche tutta la catena di approvvigionamento, l’acciaio, la lavorazione, i floater, le palificazioni, le pale. E poi bisognerà chiudere il cerchio con un quadro normativo stabile e di lungo periodo. Come Anev abbiamo indicato in 11 Gigawatt al 2040 come quello che questa tecnologia può raggiungere».
I programmi
Togni ha concluso: «Per fare questo, è necessario avere già da oggi il Decreto Fer2 (il decreto del Mase con gli incentivi per le rinnovabili innovative, ndr), che stiamo tutti aspettando, e un quadro di sviluppo della parte infrastrutturale. Tutto questo per evitare che succeda con l’eolico offshore quello che è successo con il fotovoltaico, cioè una crescita impetuosa ma non controllata. Per l’eolico offshore parliamo di 3,8 Gigawatt nel Fer2, di 2 Gw al 2030 nel Pniec. Sono numeri estremamente importanti. Già solo i 2 Gw al 2030 significherebbero una lavorazione di acciaio in quantità equivalente a quella che tutta l’Italia utilizza per gli altri scopi, un raddoppio di questi numeri».
Accordo tra Italia e Cina
Al Summit l’intervento del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha annunciato: «Domani incontreremo i sindacati con Abi, la produzione d’acciaio e la cantieristica sono settori in cui l’Italia può dare molto per la produzione delle piattaforme galleggianti, una delle opportunità più importanti nei prossimi anni. Le potenzialità del nostro Paese sono molte, che ha sviluppato una propria capacità industriale per eolico a terra, ma può fare di più e meglio per l’eolico offshore per le caratteristiche delle imprese a perché siamo gli attori più significativi dell’economia del mare. A settembre porteremo in Parlamento il decreto preparato con Musumeci per aprire la strada alla legge quadro sulla Blue Economy. L’offshore può rafforzare il sistema industriale italiano e aumentare l’indipendenza energetica. Stiamo lavorando a partnership industriali. Tema di cui mi sono occupato a Pechino e su questa base si svilupperà l’accordo elaborato con il Ministero dell’industria cinese che sarà sottoscritto durante la missione di Giorgia Meloni, che si terrà nei prossimi giorni. L’accordo si concentra sulla tecnologia green e la mobilità elettrica per renderci uno dei Paesi più performanti per la produzione di energia green ai fini del mercato interno ed europeo.
Infine Urso ha considerato l’idea di aumentare le risorse nei bandi dedicati all’eolico, condividendone le potenzialità per lo sviluppo, anche delle aree meno competitive, e per gli obiettivi ambientali.