Ambiente

Energia, spieghiamo perché si è deciso di non prorogare il mercato tutelato

03
Dicembre 2023
Di Gianni Pittella

In questi giorni, in occasione della legge di bilancio e dell’emanazione da parte del governo di un nuovo decreto-legge in materia di energia, si sta animando una discussione politica sulla fine del mercato tutelato. Si tratta, seguendo la definizione dell’Arera, di quei servizi di fornitura di energia elettrica e gas naturale con prezzo e condizioni contrattuali definite dall’Arera stessa destinati ai clienti finali di piccole dimensioni (quali famiglie e microimprese) che non hanno ancora scelto un venditore nel mercato libero. La normativa attuale prevede che per le famiglie che non sono in difficoltà economica ci sarà un superamento del sistema delle tutele da gennaio 2024 per quanto riguarda il gas e da aprile 2024 per l’elettricità, mentre i clienti vulnerabili potranno continuare ad essere coperti da condizioni più favorevoli definite dall’Arera. Dato che né la legge di bilancio né il decreto energia prevedono una proroga del sistema tutelato, si è assistito a un dibattito paradossale che vede protagonisti la lega e il PD. Da un lato, Salvini dà la colpa ai “governi di sinistra” per la scelta di prevedere la fine del mercato tutelato, dall’altra il PD a guida Schlein si scaglia contro la mancata proroga chiamandola “Tassa Meloni”. Per dipanare la matassa occorre tuttavia fare un passo indietro. Il Pnrr prevede, nell’ambito delle riforme, disposizioni molto chiare sulla concorrenza, e in particolare richiede che, occorre completare il processo di piena liberalizzazione nel settore dell’energia elettrica previsto per il 2023, “attraverso l’adozione di regole finalizzate ad assicurare un passaggio consapevole e trasparente al mercato libero da parte della clientela domestica e delle micro-imprese, anche seguendo il modello già adottato per il servizio a tutele graduali, fissando tetti alla quota di mercato, e potenziando la trasparenza delle bollette per garantire maggiore certezza ai consumatori”. A fronte di questa proposta contenuta nel Pnrr approvato dal governo Draghi, sostenuto sia dal Pd che dalla Lega, va ricordato che una delle ragioni per cui si è deciso di affidare a Draghi la stesura del Pnrr invece che a Conte era il fatto che il Pnrr di Conte non prevedeva sufficienti riforme, senza le quali difficilmente il Piano sarebbe stato approvato da parte della Commissione europea. La scelta di non prorogare il mercato tutelato è quindi in linea con gli obiettivi del Pnrr. Per essere ancora più chiari occorre aggiungere un altro elemento. L’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento, prevede che, ai fini del pagamento delle rate, “il conseguimento soddisfacente dei traguardi e degli obiettivi presuppone che le misure relative ai traguardi e agli obiettivi conseguiti in misura soddisfacente in precedenza non siano state annullate dallo Stato membro interessato”. Quindi, eventuali passi indietro sulla fine del mercato tutelato significherebbero la sospensione delle rate successive e, in sostanza, il fallimento del Pnrr. Lo ha, del resto, dichiarato la Commissione europea stessa qualche giorno fa, affermando che “l’eliminazione della tutela sui prezzi regolamentati dell’energia elettrica rappresenta un traguardo che rientra nel più ampio pacchetto di leggi sulla concorrenza incluso nel piano di ripresa e resilienza italiano. Vediamo che i prezzi dell’elettricità sul mercato libero sono notevolmente inferiori rispetto al mercato regolamentato, a vantaggio dei consumatori e delle imprese”. Quindi, oltre a beneficiare i consumatori finali italiani, la fine della tutela è essenziale per ottenere i fondi del Pnrr. Se la posizione di Salvini non sorprende, perché siamo oramai abituati al suo opportunismo e al suo distacco dalla realtà, stupisce invece quella del PD a guida Schlein, essendo il suo partito tradizionalmente attento alle dinamiche europee e alieno alle pulsioni populiste.

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