Ambiente

Criptovalute, come ridurre il consumo energetico del 99%

13
Giugno 2022
Di Giuliana Mastri

Le criptovalute non sono soltanto una questione economica ma anche ambientale. Per produrli è richiesto un alto consumo energetico, che si stima potrebbe essere pari a quello di una nazione media. Anche se a onor del vero l’attività del sistema bancario è molto più impattante. Non è comunque una scusa per non fare niente di fronte a una tecnologia energivora nuova che si aggiunge a quelle già radicate e può influire sugli obiettivi globali della transizione ecologica. Ecco perché per alcune centrali a carbone dismesse degli Stati Uniti si sta pensando a una riconversione interamente dedicata al mining (l’estrazione delle cripto attraverso la tecnologia blockchain) e attualmente nascono delle farm adibite all’installazione dei macchinari. L’impatto non è trascurabile, tanto da aver spinto Green Peace, in collaborazione con gruppi di attivisti afferenti al settore delle valute digitali, a lanciare la campagna Change the Code. Not The Climate .

Una soluzione infatti ci sarebbe. Apportare modifiche all’algoritmo che permette la produzione di criptovalute, che ridurrebbe il consumo energetico tra il 90 e il 99%. Il modello del Bitcoin è denominato “proof-of-work”, mentre un metodo “proof-of-stake” avrebbe bisogno di meno calcoli, grazie a specifiche certificazioni a operatori che accetterebbero di depositare dei bitcoin come collaterali e consumando meno energia. Le pressioni verso chi estrae i bitcoin si sta intensificando e i responsabili della produzione di Ethereum, la seconda criptovaluta più diffusa al mondo, si stannno muovendo concretamente per cambiare sistema.

Un’idea dei numeri

Il consumo aumenta o diminuisce a seconda delle oscillazioni del valore. Quando un bitcoin cala ne vengono prodotti meno. L’Università di Cambridge nel 2021 calcola che la criptovaluta necessiti di oltre 133 terawatt-ora di elettricità l’anno, più di un paese come la Svezia, che ha un consumo annuo di poco meno di 132 TWh. Secondo stime più recenti (febbraio 2022) fatte dal Cbeci la blockchain Bitcoin utilizza 14,27 gigawatt di energia elettrica, che corrisponde a un consumo totale annuo di elettricità di 125,10 terawatt-ore. Selectra, Web Company specializzata, ha provato a fornire un termine di paragone, si pensi che che una famiglia media consuma secondo l’Autorità per l’Energia 2.700 kWh all’anno (dati non aggiornati). Il sistema Bitcoin consuma quindi quanto 4,8 milioni di famiglie italiane. Il consumo di ogni singola transazione (100 kWh) corrisponde più o meno a un costo di 17 euro. Le contromisure per l’impatto potrebbero essere le rinnovabili stesse, il cloud computing o la regolamentazione dell’attività di estrazione. Più problematico poi se si estrae in luoghi più freddi. Ma forse l’intervento degli Stati, in senso antagonista, potrebbe già influire. Paesi come la Cina stanno puntando su divieti, pur complicati nella pratica.

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