Ambiente

L’uomo è un lupo per l’uomo? Storia della convivenza uomo-lupo attraverso fatti recenti

06
Settembre 2023
Di Simone Zivillica

Lupo. Sono settimane, ormai, che il mammifero più elusivo dei boschi è saltato – nuovamente – alla ribalta delle cronache nazionali ed europee. Ovviamente per demeriti suoi, almeno così si vorrebbe. Il punto di partenza è il solito refrain del lupo cattivo che mangia il bestiame, si avvicina troppo all’uomo ed è, quindi, pericoloso. Nulla di diverso di quando ci si stupisce che un orso è un animale selvatico e gli incontri con l’umano possono non finire necessariamente come una puntata dell’orso Yoghi. Per il lupo, al contrario, la narrazione antropizzata e disneyana ha sempre voluto che fosse una belva feroce e cattiva, da tenere lontana e combattere quando necessario.

I motivi del ritrovato interesse nel lupo risiedono in qualche fatto sparso abbastanza recente. Fatti, questi, non necessariamente collegati da rapporti di causa-effetto, ma che contribuiscono all’ondata di interesse comunicativo e, soprattutto, politico intorno ai movimenti del lupo. Si proverà, in questa sede, a mettere ordine, se non obbligatoriamente cronologico, quantomeno tematico. L’obiettivo è quello di tracciare una linea scevra da pregiudizi di sorta che issino bandiere da un estremo o da un altro – il binomio cacciatori-allevatori da una parte e gli animalisti talebani dall’altra – per avere il più possibile chiaro quanto realmente esista un problema lupo, o più in generale fauna selvatica, o quanto, al contrario, la comunicazione – e la politica – stia facendo i classici danni da prima pagina.

Fatto uno: M237, la banalità del male

Una delle notizie più sconvolgenti, almeno per chi scrive, riguardo al tema lupo-uomo, è arrivata quest’estate, quando tutta Europa è venuta a conoscenza dell’uccisione per mezzo di una fucilata di M237, un lupo-star, in quanto studiato per le sue migrazioni record, che l’hanno portato dalla Svizzera all’Ungheria, coprendo una distanza di circa 2.000km. A premere il grilletto sarebbe stato un bambino di 9 anni, durante una battuta di caccia con il padre e un amico. Di sconvolgente, qui, c’è la banalità del male che passa per le mani necessariamente innocenti di un bambino, quelle di certo più colpevoli del padre e di una cultura machista che impone il dominio dell’uomo su tutto ciò che si muove, soprattutto se fa paura. Anche se quelli con il fucile in mano siamo sempre noi umani.

Fatto due: Ursula’s Dolly vs GW950m

Un anno fa, a settembre 2022, Dolly è stato vittima di predazione da parte di un lupo in Bassa Sassonia, Germania. Dolly era il pony, circa trent’anni d’età, della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Qualche settimana dopo quell’evento, drammatico per la famiglia della burocrate di Bruxelles, GW950m – questo il nome in codice del lupo imputato – viene inserito nella lista degli esemplari da abbattere perché pericolosi per l’uomo e le sue attività. Una mossa che, formalmente non deriva dalla von der Leyen, ma che ha evidentemente un collegamento con l’uccisione di Dolly, anche se va specificato che GW950m aveva già predato una dozzina di capi di bestiame, quindi un attenzionato speciale. Il sito Politico ha persino aperto una pagina con un countdown del lupo.

La taglia sul lupo aveva la scadenza fissata al 31 gennaio 2023, data alla quale i cacciatori erano rimasti a mani vuote e la von der Leyen senza vendetta. Per poco, però. Dopo pochi giorni, infatti, una nuova richiesta di inserimento nella solita lista del solito lupo era stata nuovamente inoltrata. Non si sa più nulla fino ad aprile, quando la sigla che identifica il lupo compare tra le liste dei lupi trovati morti nella regione. Non sono specificate le cause di morte, rimane il mistero di una caccia al lupo, mediatica, politica, ma fin troppo intima. È della scorsa settimana, infine, la notizia che, proprio su iniziativa di Ursula von der Leyen, la Commissione europea ha chiesto agli stati membri di fornire dati aggiornati sulle popolazioni di lupi nei rispettivi territori, facendo seguito a una risoluzione del Parlamento europeo dello scorso novembre che puntava a riesaminare le protezioni di alcune specie selvatiche, tra cui il lupo. La motivazione è che «il ritorno del lupo nelle regioni dell’Ue dove è stato assente per molto tempo sta portando sempre più conflitti con le comunità locali di agricoltori e cacciatori, soprattutto dove le misure per prevenire gli attacchi al bestiame non sono ampiamente attuate» ha spiegato la testa dell’esecutivo Ue.

Fatto tre: Fugatti vs The Wilderness

A fine luglio, il presidente della Provincia autonoma di Trento Fugatti – sì, lo stesso delle condanne, poi bloccate, a tre orsi tra cui Jj4, il colpevole dell’uccisione del runner Andrea Papi – ha firmato un’ordinanza per l’uccisione di due lupi in Lessinia. La motivazione erano le predazioni sul bestiame che avvenivano con una frequenza maggiore rispetto alle medie dell’arco alpino. Anche quest’ordinanza, però, è stata fermata dal Consiglio di Stato, almeno fino al prossimo 14 settembre. La carenza di motivazioni valide sarebbe il movente che ha spinto l’organo a inibire legislativamente l’ennesimo atto di guerra di Fugatti verso animali selvatici, questa volta – oltretutto – senza un obiettivo specifico, ma semplicemente a casaccio su uno dei branchi della zona. Decisione, quella di Fugatti, che non ha preso in considerazione, come ha evidenziato l’Enpa, tutti i sistemi di prevenzione alternativi e soprattutto preventivi a quelli dell’uccisione del selvatico. A partire dalle recinzioni, anche elettrificate, alla presenza del pastore così come quella dei cani da guardiania, il deterrente per eccellenza contro le predazioni. Su questo punto si tornerà poco più avanti.

Fatto quattro: il super-lupo con le impronte giganti

Infine, anche se questi quattro eventi sono evidentemente scelti in modo arbitrario per dare un quadro il più vario possibile del perimetro di analisi entro cui ci si vuole muovere, è di un paio di settimane fa la notizia di quindici daini trovati morti sul litorale nord di Roma, vicino Fregene. Gli ungulati presentavano segni di morsi e sono state rinvenute impronte compatibili con quelle di canidi. Subito è partita la psicosi da cappuccetto rosso. I titoli dei giornali assomigliavano quasi tutti a qualcosa del genere: “Trovati 15 daini morti a Fregene: si teme un super-lupo con le zampe enormi”. Qualcosa, ovviamente, che se non ha del fantascientifico è quantomeno cinematografico.

Seppur esiste la possibilità di un’ibridazione tra cane e lupo, e magari con esemplari del primo di grossa stazza, com’è stato documentato proprio lungo il litorale romano, nulla lascia pensare che un esemplare del genere sia coinvolto in questo fatto. Tanto più che i daini, come hanno evidenziato gli esperti, non presentano segni di predazione ma solo morsi tipici di avvicinamento alla carcassa post-mortem. Tanto più che le impronte di un lupo sono esattamente compatibili con quelle ritrovate, non più grandi appartenenti a un super-lupo. Tanto più che, pare, i daini sono morti molto probabilmente a causa di un’intossicazione alimentare in quanto nei loro stomaci sono state ritrovate molte patate – che non fanno solitamente parte della loro dieta.

Uomo e lupo: una storia millenaria, ma fin troppo recente in Italia

La storia della convivenza tra uomo e lupo risale alla notte dei tempi, per dirla alla narrativa, ma fondamentalmente è così. Non solo. La storia delle predazioni del bestiame da parte del lupo risale alla notte dei tempi. Fa parte del carattere insito nella specie quella di essere opportunista e curioso, quindi di avvicinarsi una volta agli accampamenti per trovare resti o facili predazioni, oggi alle aree urbane e periurbane per trovare cibo tra i nostri sprechi e semplici predazioni di bestiame non protetto. Qui sta la chiave di volta, forse, per comprendere il corto-circuito cui stiamo assistendo sia a livello politico che comunicativo.

Se l’uomo ha convissuto da sempre con il lupo, è vero anche che in Italia questo è stato cacciato a livello professionale per le necessità di antropizzazione del territorio prima e di urbanizzazione poi. Fino agli anni ‘50, infatti, esisteva la professione del luparo, il cacciatore specializzato in lupi. Quando ci si è resi conto, grazie a un’indagine, che la popolazione di lupi era ridotta alle circa 300 unità in tutto il territorio italiano, si è corsi ai ripari tentando difficoltosamente e lentamente il reinserimento del predatore sia sulle aree appenniniche che alpine. Dagli anni sessanta, poi, le aree interne e montane hanno subito un forte spopolamento contribuendo alla proliferazione dei lupi che stavano cominciando a essere reinseriti grazie a diversi interventi cominciati nel 1971 con la campagna di sensibilizzazione del WWF e culminata nel 1997 con il recepimento della direttiva europea Habitat in Italia, che prevedeva la completa protezione per alcune specie, tra cui il lupo.

Tornando al punto. È come se non fossimo più abituati, come comunità, a una convivenza, perché di fatto non abbiamo convissuto con il lupo per moltissimi anni. Oggi ne contiamo una stima di circa 3300 sparsi su tutto il territorio idoneo peninsulare e alpino (praticamente tutte le aree del suolo italiano, con eccezione delle isole e della pianura Padana). Non c’è, quindi, la cultura della convivenza, della prevenzione, delle azioni da mettere in pratica affinché non avvengano predazioni di bestiame e i lupi non si avvicinino più del dovuto alle aree urbane e periurbane. Esiste, però, ancora la cultura dell’uccisione dell’animale cattivo. È insita nella nostra narrativa e ancora di più nella nostra storia. Eppure tre o quattro pastori maremmani a difesa di un branco di pecore sono praticamente inavvicinabili da qualsivoglia lupo. Anche perché, va specificato, non stiamo parlando di esemplari di lupi del nord-America con stazze imponenti. Qui i lupi sono mediamente di stazza contenuta e comunque mai sufficiente a intimorire la tempra di un cane da guardiania che può arrivare a pesare oltre i 60-70kg. Ci sono poi, come detto, le recinzioni elettrificate e le buone pratiche della presenza del pastore per una buona percentuale di tempo al pascolo.

Però. Però i cani liberi sono un problema per il turismo lento che attraversa alpeggi e vallate montane a piedi o in bici. Si rischiano, e spesso sono avvenuti, incontri pericolosi molto più con quei cani che con i lupi. Le recinzioni costano, e limitano il territorio di pascolo, chi paga? Alla fine siamo sempre lì. Le soluzioni, eppure, ci sono e in molte aree vengono applicate. In Val d’Aosta, ad esempio sono segnalate le presenze di cani da guardiania, con la conseguente obbligatorietà di condurre i propri cani al guinzaglio lungo i sentieri e di non abbandonarli, i sentieri. Stessa cosa in Abruzzo. I costi di prevenzione, poi, andrebbero sostenuti anche dalle istituzioni, in quanto sono un servizio alla comunità. Ne va della salute degli allevatori, dei lupi e della comunità stessa.

Homo Homini Lupus

In conclusione, come i fatti sopra descritti ce ne sono altre decine, come ci sono altre ordinanze provinciali e altre razze di cani da guardiania ancor più feroci del pastore maremmano. Tuttavia, prima di arrivare a parlare di tutto ciò e a rischiare di perseguire vendette quasi-personali e farne casi politici, basterebbe considerare fatti piuttosto basici. La fauna selvatica, grandi predatori compresi, ha lo stesso nostro diritto di vivere su questa Terra, sulla base di un ragionamento etico fin troppo banale: sono esseri viventi. Come tutti, noi compresi, va capito come convivere, senza arrivare alla sterminazione dell’altro come unica soluzione sempre a portata di mano. Anche perché, vale la pena ricordarlo, i lupi li abbiamo reinseriti noi, così come gli orsi, e questi stanno trovando un buon terreno dove riprodursi e vivere perché il nostro territorio abbonda di prede, spesso perché esse stesse sono state reinserite da noi, o meglio, dai cacciatori per avere più bersagli e trofei. Non c’è polemica, è solo una rapida e superficiale ricostruzione di fatti più o meno recenti. Basta, molto spesso, ricordare un detto latino fin troppo famoso per essere dimenticato. Homo homini lupus. L’uomo è un lupo per l’uomo.