Ambiente
Contro il catastrofismo ambientalista. Dopo una tragedia, niente speculazioni, per favore
Di Daniele Capezzone
Tanto vale ammetterlo subito. Non sono un ecocatastrofista, non mi piace il tentativo di criminalizzare la presenza umana sul pianeta, e mi piace ancora di meno la propensione di alcuni a sfruttare una tragedia – quella verificatasi sulla Marmolada – per fini politici o ideologici.
Mentre scrivo, leggo sulle agenzie che, dopo i fatti di domenica, c’è già chi ha presentato esposti in Procura sui cambiamenti climatici. Leggo su autorevoli quotidiani che (testuale) “il pianeta si vendica della follia umana” e che “c’è un solo colpevole: noi ‘sapiens’”. Leggo ancora che, secondo gli “esperti”, le nevi perenni spariranno “nel 2035”, mentre un altro giornale ci concede una proroga, immaginando che i ghiacciai spariscano “nel 2100”.
Ecco riassunto, in poche righe, tutto il repertorio che mi pare sbagliato e pericoloso: la deriva giudiziaria, la colpevolizzazione degli esseri umani e addirittura una sorta di autodisprezzo applicato alla presenza umana su questa terra (una sorta di critical race theory climatica), fino a derive volte a immaginare atroci punizioni divine.
Ora, gli ecologisti più accesi non hanno davvero bisogno dei nostri consigli: sanno benissimo sbagliare da soli. Ma, se potessimo, suggeriremmo loro un approccio più razionale, pacato, argomentato. E invece siamo sempre lì, nelle reazioni e nei commenti, con l’apocalisse alle porte: “la casa brucia”, “il disastro climatico”, “i nostri figli”, “i piani ambientali troppi timidi”. E’ curioso come, da Al Gore in poi (l’allora vicepresidente Usa pronosticava già alla fine degli anni ‘90 l’imminente scioglimento delle calotte polari…), ci sia sempre chi sente l’esigenza di rappresentare una pressoché immediata fine del mondo.
Altro classico: è abbastanza scontato il tentativo di presentare chiunque la pensi diversamente, o abbia anche solo sfumature meno catastrofiste, come un mostro, provando a tatuargli addosso il marchio di nemico del green. Un grande classico, insomma: chi la pensa in un modo è sensibile e consapevole, chi la pensa in un altro è rozzo e arrogante.
Va bene: come ci siamo detti molte volte, siamo in tempi di polarizzazione ossessiva ed esasperata. Ma sarà il caso di decelerare. Chi continua ad accelerare, invece, otterrà solo tre risultati: alimentare un’informazione esasperata ed iperemozionale, impedire un discorso pubblico ragionevole, destare diffidenza e in ultima analisi allontanare chiunque non sia disponibile a farsi ricattare emotivamente e moralmente.