Come rendersi autonomi dal gas russo e abbattere l’incremento dei costi energetici sono i crucci del momento dell’esecutivo Draghi e, in particolare, del ministro Cingolani. In un’informativa urgente alla Camera dei Deputati, il ministro ha provato a sciogliere alcuni nodi sulle prospettive che ci attendono.
Anzitutto ha ricordato come i consumi di gas naturale siano rimasti sostanzialmente stabili negli ultimi venti anni, mentre la produzione nazionale di gas naturale si riduceva. Per questo motivo, siamo diventati quasi completamente dipendenti dalle importazioni: il 95% del gas naturale consumato in Italia proviene dall’estero.
Per superare la dipendenza dal gas russo, nell’informativa urgente Cingolani ha individuato tre scenari, ma il tempo non gioca a nostro favore. Nel breve termine, grazie all’arrivo della bella stagione, non dovrebbero esserci problemi nell’assecondare i consumi. Nel medio termine, si renderà necessario riempire gli stoccaggi al 90%. Nel lungo termine, già a partire dal prossimo inverno, sarebbe necessario sostituire completamente i 29 bcm (miliardi di metri cubi) di gas russo con altre fonti: eventualità possibile solo in un orizzonte minimo di 3 anni.
Anche per questo il governo si sta muovendo per reperire altrove le forniture necessarie: si vedano a tal proposito le trasferte in Qatar, Algeria, Angola e Congo del ministro Di Maio, con l’intenzione di recuperare almeno 20 bcm l’anno sui 29 bcm “russi” consumati. In particolare, l’esecutivo si prepara a: incrementare le importazioni del gas algerino fino a 9 bcm/anno; incrementare di circa 1,5 bcm l’anno le forniture via TAP; massimizzare l’utilizzo dei terminali GNL a disposizione (+6 bcm/anno); incentivare l’iniezione di gas in stoccaggio. È infine possibile incrementare la produzione a carbone o olio per periodi definiti con risparmio di 3-4 bcm/anno di gas naturale, con buona pace della transizione ecologica.
Il Governo – rende noto nell’informativa urgente Cingolani – ha poi avviato una riflessione su una serie di misure strutturali in linea con il pacchetto europeo in corso di finalizzazione “REPowerEU”. Esse includono una nuova capacità di rigassificazione su unità galleggianti ancorate in prossimità di porti, realizzabile in 12-18 mesi per circa 16-24 bcm: il MITE, su questo aspetto, ha già dato a Snam l’ indirizzo per la negoziazione all’acquisto di una FSRU e al noleggio di una seconda unità.
Non solo, si parla anche di: nuovi progetti rinnovabili offshore e onshore capaci di un risparmio annuo di circa 3 bcm di gas naturale; sviluppo del biometano, con potenziale di circa 2,5 bcm di risparmio al 2026; incremento della produzione nazionale di 2,2 miliardi di metri cubi; raddoppio della capacità della TAP (necessari però tra i 4 e i 6 anni per incrementare le importazioni fino a 10 bcm/anno).
Il percorso è lungo e complesso, ma non ci sono alternative. La cecità di una politica energetica che ci ha legato mani e piedi alla Russia ha prodotto una situazione di dipendenza assoluta da Mosca. Anche per questo non riusciamo ad essere radicali nelle sanzioni: del loro gas abbiamo bisogno, nonostante Biden chieda all’Europa l’embargo totale. Superare il prima possibile questa condizione è allora vitale per l’Italia e per il Vecchio Continente, che come spesso accade arriva in ritardo sui dossier più spinosi. Ma questa volta sembra più unito di quanto ci si potesse attendere: alla fine è dalle crisi che ci rialziamo più forti.