Ambiente
Ci sono alternative per Jj4? L’intervista con Massimo Vitturi
Di Gaia De Scalzi
L’orsa Gaia – meglio nota come Jj4 e responsabile della morte di Andrea Papi lo scorso 5 aprile – non verrà abbattuta. La misura è stata definita “sproporzionata” da un’ordinanza del Consiglio di Stato il 14 luglio. Insomma, è stato accolto con favore l’appello delle Associazioni Animaliste. L’ordinanza è stata quindi trasmessa al Tar di Trento per la fissazione dell’udienza di merito prevista per il 14 dicembre 2023.
Di fatto un’ulteriore conferma di quanto già previsto da un decreto del 97 in recepimento alla direttiva sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali (DL 357/97). In buona sostanza; le specie protette, tra cui lupi e orsi, possono essere uccisi solo in assenza di alternative praticabili.
E quali sono allora queste alternative? Lo abbiamo chiesto a Massimo Vitturi, Responsabile Area Animali Selvatici della LAV (Lega Anti Vivisezione).
«Tra queste il trasferimento di JJ4, attualmente rinchiusa a Casteller, in un rifugio in Romania. Parliamo di un santuario di 70 ettari, cento volte più grande di dove si trova ora. Le basti sapere che tutto è pronto per il trasferimento dell’orsa. Il corrispettivo rumeno del nostro Cites ha già disposto il nulla osta alla sua importazione. Ci serve solo l’ok del Presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, e JJ4 lascerà per sempre questo Paese».
Un costo per l’Amministrazione…
«Niente affatto. Noi della LAV lo abbiamo ribadito più volte: non vogliamo un centesimo. Le spese di spostamento e mantenimento le sosterremo noi. Tuttavia, né il TAR né il Consiglio di Stato possono imporre a Fugatti di trasferire l’animale in un altro centro di accoglienza, dipende solo da lui».
Un gesto generoso e gratis, perché non accettarlo?
«Le dico solo una data: 22 ottobre 2023, ci saranno le elezioni a Trento e Bolzano. E il tema degli orsi è molto sentito da quelle parti».
Mi scusi se faccio un passo indietro ma il progetto Life Ursus, che risale al 2000, non è stato voluto dalla stessa Regione che adesso vede questi plantigradi solo come una minaccia?
«È proprio così. Nel 2000 vennero trasferiti in quelle zone 10 esemplari provenienti dalla Slovenia, geneticamente compatibili con la specie presente in Trentino e a quei tempi a rischio estinzione (ne erano rimasti solo 3 – ndr). Il progetto prevedeva anche tutta una serie di misure da mettere in atto per garantire una convivenza sicura tra uomini e orsi; misure che non sono state mai attuate».
Ad esempio?
«Percorsi di educazione scolastica, informazione presso le aree di sosta turistiche, percorsi off-limits e corridoi faunistici. Le basti sapere che i cassonetti anti-orso sono stati installati per la prima volta a giugno 2021 e il loro adeguamento non terminerà prima del 2028. Secondo lei quanti orsi in 21 anni si sono abituati a frequentare le zone urbane e periurbane perché piene di cibo a disposizione? Quanti hanno imparato a frugare dentro i cassonetti avvicinandosi così pericolosamente all’uomo e trasferendo queste informazioni alla loro prole? Hanno perso la diffidenza nei confronti della specie umana e la colpa è dell’amministrazione che non li ha saputi o non li ha voluti gestire. Se si fosse fatta la dovuta prevenzione, non si sarebbero registrati neppure quegli 8 incidenti che ci sono stati in due decadi».
Ma avete mai provato a proporre alla Provincia di Trento una collaborazione per avviare dei percorsi seri di educazione?
«Non sa quante volte. Ad aprile 2021 organizzammo un convegno online, invitando i massimi esperti provenienti dal Canada e dal Nord America che da decenni studiano le pratiche per favorire la convivenza tra plantigradi e uomini e prevenire così gli incidenti. Avevamo invitato anche la Provincia di Trento che all’ultimo, con una scusa, si sfilò. Da questo incontro molto proficuo redigemmo un documento di tre paginette con tutte le misure da adottare per favorire tale coabitazione. Volevamo promuovere dei corsi nelle scuole, e non solo. Ma la trovammo le porte dell’Amministrazione chiuse. Siamo stati letteralmente cacciati!».
Eppure in Abruzzo, al netto del contesto ambientale differente e di una differente specie di plantigrade, questa convivenza funziona bene. Merito delle misure di prevenzione attuate?
«Al di là della buona gestione, gli orsi in Abruzzo non sono mai spariti, mentre in Trentino – come le dicevo – per un periodo sono stati a rischio estinzione. Quindi la consapevolezza di convivere con quell’animale è svanita. In Abruzzo la cultura dell’orso si continua a tramandare di generazione in generazione e quando ci si addentra in un bosco si agisce in maniera preventiva a un possibile incontro con l’animale. In Trentino questo processo si è interrotto per anni».
Tornando al trasferimento di JJ4, non converrebbe – valutando il principio di sussidiarietà – trasferire gli orsi cosiddetti dannosi o problematici altrove, anziché spendere soldi per la manutenzione e la gestione di quel carcere chiamato Casteller?
«Certamente, anche se non abbiamo un’idea precisa di quanto costi all’Amministrazione quella struttura. Sappiamo che è dotata di un’equipe veterinaria fissa con tre medici, oltre al personale di controllo».
Secondo Vitturi, è difficile capire lo sforzo economico sostenuto per Casteller. Ci hanno provato ma senza successo. Quello che però è noto alla cronaca è che i lavori per il primo rinforzo della rete di contenimento, quelli che M49 (il compagno di cella di JJ4) è riuscito a eludere, sono costati 10 mila euro in più rispetto alle spese sostenute – solo nel 2019 – per i danni causati da tutta la popolazione di plantigradi della Provincia di Trento e Bolzano (162.000 euro contro i 152.689 di risarcimenti danni). Una spesa alla quale potrebbero aggiungersi altri 1,2 milioni per un futuro ampliamento della struttura per “accogliere” altri orsi, così come ipotizzato da Fugatti.
Che dire, ci attende una campagna elettorale a colpi di filo spinato.