Ambiente
Pacchetto ambiente, UE divisa sulle emissioni di carbonio
Di Giampiero Cinelli
La settimana dell’ambiente europeo al parlamento di Strasburgo è un passo avanti, ma non una corsa, verso la neutralità climatica. Il pacchetto per l’energia ha registrato non poche divisioni. Gli accordi raggiunti ora dovranno essere negoziati con il Consiglio Europeo, nell’ambito del programma Fit55 che punta ad abbattere le emissioni inquinanti del 55%, rispetto al 1990, entro il 2030.
C’è l’accordo sullo stop alla vendita di auto nuove a diesel, benzina e gpl, inclusi i furgoni, entro il 2035. La Motor Valley italiana (il segmento di lusso) avrà tempo invece fino al 2036 per adeguarsi grazie a un emendamento. Deroga per i piccoli produttori di auto e furgoni nuovi (da 1000 fino a 10.000 vetture l’anno per le auto; da 1000 a 22.000 l’anno per i furgoni), fino al 2036. Il Pd favorevole. Ma l’UE si spacca sulla riforma del sistema di scambio delle quote di emissioni (Ets) che torna in commissione Ambiente. Di conseguenza frenata anche della carbon tax (l’aggiustamento del prezzo del carbonio alla frontiera) e il fondo sociale per l’ambiente. La spaccatura si è vista anche nella maggioranza parlamentare. Gli stati membri ora dovranno trovare un’intesa nel Consiglio Ambiente del 28 giugno. Occhi puntati sul’Ets, su cui anche l’esecutivo italiano non è compatto. Molti emendamenti erano stati proposti dal Ppe, di cui è parte Forza Italia. Il Pd a Strasburgo su questo provvedimento ha invece votato in modo sparso. Il Sistema Ets è un grande meccanismo che mira allo scambio dei permessi di inquinamento, a seconda di quale sia la situazione nei Paesi UE.
Cingolani critico
Il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani come sempre è molto schietto. Considera giusto l’emendamento del Ppe che mirava ad abbandonare le auto a motore dal 2035 non al 100% ma al 90% e in un’uscita pubblica ha detto: «I Paesi europei che non producono auto vogliono un’elettrificazione veloce. A loro cosa costa? Diverso il discorso per noi che dobbiamo adeguarci. E poi si trascurano le possibilità dei carburanti sintetici che abbassano i danni all’ambiente del 90%, sono totalmente compatibili con le pompe che abbiamo nelle nostre strade e con i motori a combustione interna, Di questi carburanti siamo i secondi produttori, sarebbero un’ottima idea per la fase di transizione. Va considerato che la transizione ecologica si intreccia anche con la questione sociale. Le persone tengono le auto vecchie non perché vogliono inquinare ma perché magari non possono acquistarne una elettrica».
Un macigno sull’automotive
Il settore automobilistico italiano può andare incontro a uno stallo da cui sarebbe difficile uscire. Sono a rischio 70.000 posti di lavoro. Per fabbricare un motore elettrico c’è bisogno di meno personale e l’Italia non è ancora pronta per soluzioni alternative. L’allarme sociale dovuto alla transizione ecologica, paventato da Cingolani, non è fantasia. Nel Paese la produzione di autovetture è scesa e nel 2020 se ne sono prodotte 452.000, rispetto alle 660.000 del 2018. Ma la tendenza è in negativo anche per un altro grande produttore come la Germania. Idem la Francia. Il 30% delle auto tedesche è composto da parti prodotte in Italia. Bisognerà trovare mediazioni per scongiurare la perdita di decine di miliardi di fatturato e della chiusura di centinaia di imprese nell’indotto. L’automotive contribuisce per il 6,2% sul fatturato aggregato italiano, le ripercussioni più forti si prospettano nel settore diesel.