Ambiente
Acqua, il piano Marshall della rete idrica italiana secondo Confindustria
Di Giampiero Cinelli
Nella giornata mondiale dell’acqua, Confindustria intende sottolineare come essa sia una risorsa da organizzare e gestire al meglio per le comunità cittadine. Siccome questo aspetto in Italia presenta tuttora criticità non trascurabili, della politica sull’acqua l’associazione degli imprenditori ha voluto parlare in un convegno, “Dall’emergenza all’efficienza idrica”, presentando un suo documento di proposte per migliorare la rete di approvvigionamento.
Il problema più allarmante è sicuramente la dispersione idrica data anche da tubature ormai inadeguate e da pratiche inefficienti. A ciò va aggiunto l’effetto del cambiamento climatico. Il risultato è una diminuzione di oltre il 51% rispetto alla media registrata nel periodo 1951-2022 raggiungendo, così, il punto più basso di sempre, stanti inoltre i divari territoriali nella disponibilità idrica. A questo bisogna aggiungere il progressivo aumento degli eventi estremi legati all’acqua: nel periodo 2010-2021 si sono verificati 486 allagamenti e 134 esondazioni fluviali, che hanno interessato 602 comuni.
Come contenere la domanda di acqua e ridurne le perdite. Una linea
Nella riflessione dell’ente trova molto spazio la capacità di raccolta delle acque piovane, attualmente all’11% del potenziale (5,9 miliardi di metri cubi su 54 possibili), mediante interventi sia sugli invasi sia sulle grandi dighe. Non si possono eludere neppure importanti investimenti su diversi fronti, tra cui la mappatura delle falde sotterranee e la desalinizzazione dell’acqua marina.
Senza dimenticare di rendere più efficiente il processo di irrigazione. Creando, mediante tecnologie di riutilizzo dedicate, apposite reti di distribuzione nelle aree industriali e incentivandone l’utilizzo da parte delle imprese. Oggi in Italia, pur rappresentando una soluzione economicamente sostenibile, il riuso delle acque reflue depurate viene utilizzato solo per il 4% a fronte del possibile 23% di reflui destinabili al riutilizzo. E, in aggiunta, non è contemplato il recupero delle acque piovane.
Le infrastrutture strategiche, come le dighe, devono essere preservate e correttamente manutenute. Per farlo, è importante affrontare il tema delle concessioni di grande derivazione idroelettrica scadute e in scadenza, assicurando certezza agli operatori in merito agli investimenti e valorizzando, al contempo, il ruolo dell’energia idroelettrica rispetto agli obiettivi europei di decarbonizzazione dei settori industriali.
Il capitolo sugli investimenti e la governance
Confindustria poi nel testo ha suggerito azioni di mappatura degli investimenti e delle reti attuali: è fondamentale avere una mappatura precisa e fedele delle infrastrutture esistenti che sia accompagnata da un’adeguata quantificazione di consumi, prelievi, scarichi e ricicli, nonché da una rendicontazione capillare che fornisca un quadro chiaro delle reali esigenze. Occorre dunque individuare le opere strategiche e prioritarie necessarie a mitigare gli effetti negativi derivanti dalla crisi idrica.
Infatti l’Italia è sotto la media europea di investimenti pro capite nel servizio idrico integrato, sarebbero necessari ulteriori 1,3 miliardi di euro l’anno, di cui solo una quota parte è prevista nei fondi Pnrr (circa 580 milioni di euro all’anno per il periodo 2021-2026), è stato spiegato nel convegno.
L’assetto amministrativo
L’idea è quella di completare la costituzione degli Enti Idrici Regionali, incentivare l’aggregazione delle imprese attraverso una revisione del perimetro degli ambiti territoriali da parte delle regioni e garantire l’immediato trasferimento alle Regioni dell’esercizio delle funzioni e il mantenimento delle stesse per tutta la durata dell’affidamento a regime del Servizio Idrico Integrato.
Preservare i volumi
I volumi disponibili possono essere incrementati grazie ad una strategia di investimento a tutto tondo: dall’adeguamento delle infrastrutture alla manutenzione e al potenziamento della rete fognaria e dei depuratori. È necessario, infine, secondo Confindustria, rafforzare la dimensione media degli operatori del settore promuovendo una gestione del settore idrico secondo criteri industriali. Più aumenta la dimensione del gestore, infatti, più crescono le economie di scala, che sono capaci di generare efficienza e capacità finanziaria. L’obiettivo è costruire una filiera idrica strutturata ed efficiente e iniziare a considerare l’acqua dopo l’utilizzo (civile, industriale, agricolo) come una risorsa/materia da valorizzare nel ciclo di riuso e riutilizzo (depurazione e immissione nel circolo).
Il piano nazionale
«Per il Piano Nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (Pniissi) le nostre associate hanno presentato progetti per circa 2,66 miliardi di euro», ha evidenziato il presidente di Utilitalia Filippo Brandolini, intervenendo all’evento organizzato da Confindustria. In termini di tipologie di intervento, la maggior parte dei progetti presentati dalle aziende associate alla Federazione si concentra sulla distribuzione e sulla riduzione delle perdite (48%), seguita da adduzione (28%), potabilizzazione (10%), interconnessioni (10%) e infine captazione (2%) e digitalizzazione (2%). «Per il settore idrico – ha spiegato Brandolini – serve una pianificazione che porti le necessarie risorse e investimenti su opere strategiche. Abbiamo adesso in corsa due leve importanti che devono essere rese pienamente operative e finanziate compiutamente: il Piano Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici e il Pniissi». I progetti complessivamente ammessi al Pniissi sono 562, per un valore di 13,5 miliardi di euro.
Gli utilizzi dell’acqua
«Il settore agricolo è quello maggiormente ‘idrico-dipendente’, utilizzando il 41% (vale a dire 16 miliardi di m3 in un anno) del totale, superato in Europa solamente dalla Spagna. Nel settore civile, invece, l’Italia è prima in Europa (il 24% del totale, con 9 miliardi di m3 ogni anno), con valori doppi rispetto alla Germania, ma anche a Paesi a noi più simili, come Francia e Spagna», informa il documento di Confindustria. «Questo primato è, almeno in parte, conseguenza di sprechi, ma anche di uno scarso valore economico percepito dagli utenti finali per la risorsa idrica. L’industria ha un consumo di oltre 8 miliardi di m3 ogni anno (il 20% del totale), un valore elevato ma comunque diminuito di oltre la metà negli ultimi 20 anni».
Il monito di Bonomi
Così al convegno il presidente di Confindustria Carlo Bonomi: «Con l’acqua non si ripeta lo stesso errore fatto con l’energia, che non si è affrontato il tema per tempo e poi ci si è trovato di fronte a una crisi. «La mia preoccupazione è che questo tema non diventi come al solito gigantesco nei prossimi anni. Non diventi come l’energia. Perché sull’energia era da tempo che dicevamo che saremmo potuti andare in crisi, che sarebbero potuti arrivare dei problemi. Se si analizzano i dati, oggi sappiamo che il tema arriverà. Non facciamoci trovare di nuovo impreparati di fronte a queste problematiche. L’acqua è politica. Può essere elemento di pace ma anche di grandi conflitti. L’acqua è politica e questa mattina ho visto quella politica consapevole dell’importanza dei temi in discussione».