Politica
Dalla “legge truffa” all’Italicum, il chiasso delle leggi elettorali. Alla fine voteremo col Rosatellum
Di Pietro Cristoferi
“Vittoria del popolo italiano, la legge truffa non è scattata”, così recitava la prima pagina de L’Unità all’indomani delle elezioni del 1953 e anche questa volta un episodio della nostra storia repubblicana ci aiuta a capire meglio il presente. In quella tornata elettorale per un pugno di voti il premio di maggioranza, che per quella legge elettorale dava il 65% dei seggi al partito che avesse raggiunto il 50% dei consensi, non scattò, la DC insieme alle forze apparentate si fermò al 49,8% e il PCI gioì della morte di quella che passerà poi alla storia come Legge “truffa”. Fatta la legge svelato l’inganno si potrebbe dire; un po’ questo sembra essere il leitmotiv delle leggi elettorali italiane che nel corso degli anni hanno solcato elezioni, distrutto partiti e logorato coalizioni, tutte sembrano essere accomunate da un unico comune denominatore: non appena approvata, la legge elettorale deve essere cambiata. Di nomi particolari per leggi elettorali ne abbiamo sentiti molti, dopo la famosa legge truffa a partire dagli anni ‘90 si sono succeduti il Mattarellum, il Porcellum, l’Italicum, il Consultellum e infine il famoso Rosatellum, dal nome del suo estensore il renziano Ettore Rosato, che ci ha portati al voto nel 2018.
Malgrado i nomi altisonanti e il perenne richiamo al latino, come se questo potesse dare maggiore dignità al sistema di regole del gioco e alzare il livello culturale del dibattito politico, nessuna di queste leggi, Rosatellum in testa, è riuscita a superare il dramma perenne della ricerca della stabilità. La stabilità di governo (quella che evita le crisi di governo sic) passa proprio attraverso una legge elettorale che il giorno stesso delle elezioni permetta di capire chi ha la maggioranza in Parlamento per governare.
I meccanismi per consentire la governabilità in seno ad una netta maggioranza parlamentare sono vari: i più classici sono soglie di sbarramento, contro cui solitamente si scagliano i piccoli partiti, e il premio di maggioranza, in questo caso il maggiore favor o meno dipende da chi sta davanti o dietro nei sondaggi.
Tutto questo passa anche da un grande dilemma. La dicotomia tra il bene e il male in tema di legge elettorale non è tra buoni e cattivi ma tra chi è per il proporzionale e chi invece sostiene il maggioritario. Le posizioni diverse poggiano sull’una o sull’altra parte a seconda degli umori del momento e dei sondaggi elettorali, tuttavia c’è un unico grande mantra che accomuna entrambi gli schieramenti: basta che i cittadini non scelgano.
Volendo essere provocatori è proprio questa la grande truffa che si cela dietro al voto. I partiti affermano la dinamica del voto per dare ai cittadini la possibilità di scegliere, ma di fatto gli elettori non hanno mai avuto nelle ultime occasioni di voto la possibilità reale di selezionare la classe dirigente politica, avendo escluso il sistema delle preferenze dal perimetro di qualsiasi legge elettorale.
Liste e listini bloccati, grandi o piccoli che siano, li troviamo lì già pronti e stampati sulla nostra scheda elettorale, potendo solo esercitare il segno grafico della X (qualcuno dopo aver leccato con sospetto la matita copiativa del Ministero dell’Interno) sul simbolo di un partito che ha già scelto per noi chi tra i suoi affiliati di lungo corso ci debba rappresentare e chi no, a seconda dell’ordine in cui viene piazzato all’interno di quell’elenco blindato.
Anche per i candidati, il rischio della truffa è dietro l’angolo. Gli inesperti sono irretiti dal sogno di una elezione, i più navigati, con almeno una elezione alle spalle, ripongono le loro speranze nel famoso “collegio sicuro” o nel sistema del c.d. paracadute, doppia candidatura per cui se non vieni eletto nell’uninominale di Pordenone magari puoi sperare che scatti il seggio a Crotone o a Roccaraso.
Il 25 settembre prossimo ci troveremo a votare con il Rosatellum perché questa legislatura è riuscita dare la pensione ai parlamentari (curioso notare come il 24 settembre cadano i fatidici 4 anni 6 mesi e 1 giorno necessari a maturare la prestazione previdenziale) ma non a cambiare la legge elettorale pur essendo passata una riforma costituzionale che vedrà il Parlamento ridotto da 945 a 600 parlamentari. Il Rosatellum è il gin tonic dei sistemi elettorali: ⅓ maggioritario su collegi uninominali (la coalizione che arriva prima prende il seggio), ⅔ proporzionale con listini bloccati (i seggi sono distribuiti tra i partiti in base ai voti ricevuti).
Con meno parlamentari si aprirà la XIX legislatura e non è dato sapere se qualcuno stavolta aprirà il Parlamento come una scatoletta di tonno, certo è che tra coloro che solcheranno la soglia di Montecitorio e di Palazzo Madama tutti saranno eletti, ma nessuno in fondo veramente “scelto”.
«Io sono l’Onorevole Cosimo Trombetta. Ma mi faccia il piacere» così Totò apostrofava il politico in una delle prime pellicole a colori del cinema italiano. Il prossimo Parlamento con il Rosatellum potrebbe portare tra i banchi volti nuovi e riconfermare anche personaggi conosciuti e alla fine anche senza le preferenze questa è una truffa dal “gusto dolce” perché almeno alle urne a votare ci andiamo ancora…