Esteri
Biden in Medio Oriente, tra elezioni israeliane e contenzioso nucleare
Di Giampiero Gramaglia
La missione in Medio Oriente di Joe Biden è uno slalom “fra omicidi ingombranti”, in un territorio “ad alto rischio”, dove il presidente Usa “mette i piedi nelle impronte di Donald Trump” e dove lo insegue il fantasma dell’inflazione al 9,1% in giugno – mai così elevata da 40 anni -, che pesa sull’esito delle elezioni di midterm per i democratici e sulle prospettive di conferma nel 2024.
Le immagini e gli intrecci non sono miei: sono citazioni del Washington Post, del New York Times e della Cnn (e probabilmente di buona parte della stampa statunitense). Gli omicidi ingombranti sono quelli del giornalista e oppositore saudita/americano Jamal Khashoggi – Istanbul, 2 ottobre 2018 -: inquirenti turchi e intelligence Usa hanno individuato il mandante nel principe ereditario Mohammed bin Salman, che Biden incontra oggi a Riad; e della giornalista palestinese-americana di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, uccisa l’11 maggio mentre copriva disordini a Jenin nei Territori da una pallottola sparata – è la conclusione di indagini indipendenti – dalle forze di sicurezza israeliane.
Ma la missione in Medio Oriente di Joe Biden rischia anche di aggrovigliare la diplomazia di pace per l’Ucraina, senza sbloccare, ma anzi acuendo, le tensioni regionali, contrapponendo alleanze – Usa con Israele e Arabia Saudita da un lato; Russia con Iran dall’altro – potenzialmente esplosive.
Viene da chiedersi chi glielo abbia fatto fare, al presidente Usa, di programmare la missione proprio ora, tanto più che in Israele c’era a fare da sfondo una situazione di caos politico – qui cito l’Ap -, governo in carica per gli affari correnti, elezioni politiche il 1° novembre, le quinte in quattro anni: lui deve fare l’equilibrista tra i leader attuali, Yair Lapid e Naftali Bennett, e Benjamin Netanyahu, l’amico di Trump, mai uscito di scena; e doveva barcamenarsi tra la conferma di decisioni di Trump (il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme) e ritorni al passato dell’Amministrazione Obama (“La soluzione dei due Stati rimane la migliore per garantire pace e stabilità a israeliani e palestinesi”).
In conferenza stampa col premier Lapid, Biden ha ripetuto che «la guerra di Putin deve fallire. Continueremo a sostenere l’Ucraina e il suo popolo». Biden ha poi aggiunto che prevenire che l’Iran ottenga l’arma nucleare «è vitale per la sicurezza globale», pur aggiungendo che la soluzione diplomatica del contenzioso nucleare con Teheran «resta la preferibile».
Nonostante le smentite iraniane, Washington ha più volte accusato l’Iran nei giorni scorsi di fornire droni alla Russia: il fatto che Teheran aiuti Mosca contro Kiev è “una minaccia grave”, ha sostenuto il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan, mentre fonti iraniane e russe lo accusavano di fare “pura disinformazione”. E la dichiarazione sulla partnership strategica tra Usa e Israele firmata giovedì impegna gli Stati Uniti a non permettere all’Iran di dotarsi dell’arma nucleare usando “tutti gli elementi del potere nazionale” – cioè senza escludere il ricorso alla forza -.
La Russia legge dietro la riaffermazione dell’alleanza tra Washington e Gerusalemme – gli Usa sono “senza se e senza ma” per la sicurezza di Israele – il rischio che gli Usa chiedano a Israele di inviare armi in Ucraina e auspica che Israele “agisca in modo saggio e corretto” – parole del vice-ministro degli Esteri di Mosca Mikhail Bogdanov, il rappresentante speciale del presidente Vladimir Putin per il Medio Oriente -.
Biden prosegue ora la missione in Arabia Saudita, dove va – spiega – “per promuovere gli interessi degli Stati Uniti e la nostra influenza in Medio Oriente che sbagliando non abbiamo più esercitato”, ma forse soprattutto per convincere Riad ad aumentare la produzione di petrolio, calmierando i costi e contribuendo a ridurre l’inflazione negli Usa.
Il presidente è conscio delle critiche che suscita il suo incontro con il principe bin Salman. Che aveva quasi ‘messo al bando’ nei primi mesi del suo mandato. E assicura: “Parlerò dei diritti umani durante la mia visita”. Domani, Biden parteciperà al vertice dei Paesi del Golfo con altri tre alleati chiave degli Usa nella Regione: Egitto, Giordania e Iraq.
Il rischio di tornare a casa con un pugno di mosche in mano è molto alto: dai leader israeliani ormai in campagna elettorale, non può pretendere impegni scomodi; e i sauditi non sono mai malleabili. Tanto che la Casa Bianca deve presentare come un grande passo avanti la decisione di Riad di fare atterrare d’ora in poi nei suoi aeroporti anche aerei provenienti da scali israeliani. Un gesto che, nelle urne di midterm il 4 novembre, non vale neppure un voto.