Dopo il Consiglio europeo e i vertici di G7 e NATO si è svolto a Bali il G20 esteri. Il summit è stato un banco di prova per l’Indonesia che presiederà il prossimo G20; l’occasione che ha visto l’ennesimo scontro tra occidente e Russia. La prima “buona notizia” uscita dal vertice arriva dal confronto tra Antony Blinken, Segretario di Stato americano, e il suo omologo cinese Wang Yi. La richiesta che arriva dagli States è chiara: condannare l’aggressione russa in Ucraina.
Gli Usa colgono al volo l’occasione di confronto, ma la richiesta di arrivare ad un punto di incontro in merito, sapendo come Pechino spalleggi Mosca, non è scontata. Motivo per cui Blinken ha aggiunto: «In una relazione complessa come quella tra Stati Uniti e Cina, c’è molto di cui parlare». Dalla risposta di Wang Yi, che comprende la consapevolezza dell’importanza del “rispetto reciproco” tra le due potenze da parte del presidente cinese, si evince che l’incontro potrebbe aver dato i suoi frutti. Nell’attesa che questo dialogo ponga la messa a terra di soluzioni concrete la Russia non rimane a guardare.
All’avvicinamento tra Cina e Stati Uniti si aggiunge la diserzione da parte dei ministri del G7 alla cena di benvenuto. Il motivo? La presenza del ministro degli esteri russo, Serghiei Lavrov. Una presenza che trascina nel vortice l’assenza non solo della consueta foto di famiglia ma anche del comunicato finale. A quanto pare la via della diplomazia, questa volta, non ha funzionato esattamente come ci si aspettava.
Nonostante la propensione da parte del governo indonesiano di aprire i lavori in un clima di neutralità arriva la conseguenza a ciò che, formalmente, sarebbe giudicata una mancanza di rispetto ossia l’abbandono del G20 esteri da parte del ministro russo.
Tra gli opinionisti c’è chi crede che i ministri dell’occidente avrebbero dovuto sfruttare meglio l’opportunità di sedersi di fronte la contro parte. Come invece c’è chi pensa che gli interventi verbali effettuati nei confronti di Mosca siano stati un modo per mostrare la compattezza degli altri paesi membri. Blinken, per la prima volta di fronte a Lavrov dall’inizio del conflitto, ha dichiarato: «Oggi abbiamo sentito un coro forte da tutto il mondo, non solo dagli Stati Uniti, sulla necessità di porre fine all’aggressione in Ucraina». La ministra francese Catherine Colonna, facendo eco alla posizione americana, specifica che nessun paese dei Brics, i Paesi in via di sviluppo alleati della Russia, ha preso una posizione di difesa rispetto alle azioni avviate da Mosca contro l’Ucraina.
Mentre la strada della diplomazia continua in questa direzione anche il Vaticano dà il suo contributo, come? C’è la possibilità che Papa Francesco vada a Kiev ad agosto. Ma le scaramucce interne al summit rischiano di acutizzare le risposte della Russia. Infatti la contrapposizione tra Mosca e i membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu mostra il blocco del rinnovo del corridoio di aiuti umanitari verso le zone della Siria controllate dall’opposizione. Si tratta dell’unico passaggio disponibile che non attraversa l’area controllata dal governo di Assad, alleato di Putin.
L’altro nodo fondamentale che si sarebbe dovuto sciogliere riguarda lo sblocco dei 20mln di tonnellate di grano ferme in Ucraina. Lavrov si era detto pronto a negoziare, ma le trattative non sembrano ingranare la marcia.
C’è chi pensa che lo stallo alla messicana non riguardi solo la crisi alimentare ma, alla luce dei fatti, proprio l’intero summit.