Innovazione

‘Città in transizione’, il nuovo rapporto di SNPA

08
Luglio 2022
Di Daniele Bernardi

È da poco stato pubblicato il nuovo rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) su ‘Città in transizione’, l’analisi dei capoluoghi italiani e del loro percorso verso un futuro più sostenibile per l’ambiente.

Gli indicatori scelti per condurre questa analisi vanno dalla qualità dell’aria e dell’acqua, all’inquinamento acustico, la mobilità dolce, quella sostenibile, il consumo di suolo e la gestione dei rifiuti. Complessivamente sono tre le macroaree affrontate: la vivibilità della città (riferita principalmente ai primi indicatori di qualità), la sua circolarità (ovvero il grado di riciclo dei rifiuti, di sviluppo del trasporto pubblico, ecc..) e la sua resilienza (la propensione della città a resistere o prevenire i danni dei cambiamenti climatici). Lo studio parte dai target proposti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Per quanto riguarda la qualità dell’aria, in tutti i capoluoghi (o quasi) la tendenza è positiva: scende la percentuale di particolato atmosferico (PM10), di biossido di azoto (NO2) e, meno significativamente, ma si riduce anche la quantità di ozono (O3), che mostra un andamento prevalentemente fluttuante nella maggior parte dei comuni. Nonostante gli ottimi trend, i valori di riferimento forniti e aggiornati dall’OMS vengono comunque superati in tutti i capoluoghi monitorati. Causa di questi alti valori sono la produzione energetica, il riscaldamento delle abitazioni, i trasporti e la mancata efficienza energetica degli edifici, dell’agricoltura e della zootecnica. A tutto ciò si aggiungono anche, e soprattutto, gli impianti industriali presenti sul territorio, impianti in aumento nelle città di Bolzano, Trento, Venezia, Genova, L’Aquila e Palermo. La presenza degli impianti non necessariamente comporta un maggior inquinamento, ma occorre che vengano implementate le BAT (le Migliori Tecnologie Disponibili) nella gestione degli impianti per ridurre al minimo il loro impatto sull’ambiente.

Non solo l’aria, ma anche l’acqua, che va accuratamente depurata, eliminando gli scarichi e minimizzando il rilascio di sostanze chimiche pericolose. I valori registrati nelle diverse città mostrano una situazione positivamente stazionaria, con alcuni casi di miglioramento: Venezia (+90%), Trieste (+74%), Napoli (+93%) e Bari (+78%). Situazioni più critiche a Catanzaro, dove entrambi i depuratori si sono dimostrati non conformi alle norme nel 2018, e a Palermo, dove si registra solo il 5% di acque reflue depurate in maniera conforme, il dato più basso del campione.

In condizioni di siccità sempre più frequenti, è fondamentale anche un minor consumo di acqua potabile da parte dei cittadini. Nei comuni del campione si registra quasi sempre una diminuzione dell’acqua erogata pro-capite, con la sola eccezione di Campobasso, Aosta e Potenza. Come si legge nel rapporto: “Con l’incremento demografico, e il conseguente aumento del fabbisogno, e la crisi climatica che ne minaccia la disponibilità, la risorsa idrica è sottoposta a stress crescenti: risparmio idrico, riuso e riutilizzo sono la risposta imperativa ad una gestione non sempre sostenibile e rappresentano i pilastri del necessario cambio di paradigma in chiave circolare”.

Attenzione anche a non perderla l’acqua! Nel 2018 hanno superato il 50% di perdite idriche i comuni di Catanzaro, Campobasso e Cagliari. Fortunatamente con tendenze a diminuire i propri sprechi in quasi tutti i capoluoghi, ad eccezione di quello calabrese.

“Le quantità ingenti di acqua che vengono disperse non raggiungendo gli utenti finali determinano lo spreco molto grave di una risorsa che il cambiamento climatico sta minacciando sempre più, con eventi siccitosi più frequenti, intensi e duraturi.”

Venendo alla cosiddetta mobilità dolce, un primo indicatore è quello della densità delle piste ciclabili: con le sole eccezioni di Campobasso, Roma e Potenza che mostrano una diminuzione, tutti gli altri capoluoghi presentano dei valori in aumento. Torino è testa di serie con 166km di piste ciclabili ogni 100km2, seguita da Milano e Bolzano. Le città che registrano i balzi più grandi sono Genova che decuplica i propri km di piste, Cagliari che quadruplica e Bari che mostra valori tre volte più alti rispetto a un decennio fa. L’altro indicatore è la disponibilità di aree pedonali: al primo posto c’è Venezia con 510m2 ogni 100 abitanti, Firenze a 111m2 e il resto delle città con valori molto al di sotto, come Genova (7,6m2) o Aosta (5,9m2). La tendenza è comunque quella di aumentare le aree pedonali, come dimostrano Palermo (+600% circa) e Trento (+495%), in calo solo Bolzano, Roma, Cagliari e Catanzaro. 

Quando si parla di mobilità, si parla soprattutto di trasporto pubblico locale. La domanda di trasporto pubblico è diminuita in circa la metà del campione: Aosta (-61%), Perugia (-43,8%), Roma (-43,2%) e, a seguire, Napoli, Campobasso, Potenza, Bolzano, Trento, Palermo, L’Aquila e Milano. Per quanto riguarda l’altra metà, il risultato più alto è Torino (+40%). In molte delle città in cui diminuisce la domanda di trasporto pubblico, si compensa con aumenti di mobilità elettrica privata, come Milano che supera il 4% di auto elettriche o ibride nel parco auto complessivo.

Un evento che si verifica sempre più spesso nelle grandi città è quello della comparsa di voragini o sprofondamenti del suolo: Torino, Milano, Genova e Bologna, nel nord del Paese, Roma e Perugia nel centro, Cagliari, Napoli, Bari e Palermo nel Sud sono i comuni che hanno fatto registrare il numero più elevato di questi eventi nell’ultimo decennio. Tra queste, è Roma a presentare il bilancio più alto, perfino più delle altre città d’Europa, complice anche l’estensione urbana. Causa principale è la presenza di cave per l’estrazione di materiali minerali.

A proposito di sfruttamento del suolo, uno degli aspetti più importanti riguarda il suo consumo. I valori più alti si registrano a Torino, con il 66%, seguita da Napoli a 62%, mentre il consumo minimo si riscontra a L’Aquila con solo il 5% circa di suolo consumato sul territorio comunale. Tra le conseguenze negative di tale attività, un maggior consumo di suolo comporta un’amplificazione delle isole di calore urbano nelle città.

In senso favorevole è invece l’uso del suolo per orti urbani, promuovendo la cultura del km 0 nonché progetti di inclusione sociale. A fronte di un aumento generalizzato in quasi tutti i capoluoghi, si registrano situazioni stazionarie a Palermo, Aosta e Venezia. A Campobasso e Catanzaro invece, fino al 2019, non sono state proprio rilevate superfici adibite a orti urbani.

Last-but-not-least, la gestione dei rifiuti. Le tendenze mostrano una crescita della percentuale di raccolta differenziata in tutti i capoluoghi esaminati, il più virtuoso è Trieste con l’82,5%, il valore minimo a Palermo, sotto quota 20% (17,4%). Gli incrementi più significativi si riscontrano a Catanzaro (+577%) e a Potenza (+214%). Aumenta coerentemente anche il consumo di rifiuti organici, dunque facilmente riciclabili. Ma aumenta in molti comuni anche quantità di rifiuti pro-capite prodotti: Bolzano, Palermo, Trento, Trieste e Venezia presentano tutte un incremento positivo superiore al 10%. Situazioni più virtuose a Cagliari, Catanzaro e Potenza che registrano invece un saldo negativo e quindi una diminuzione dei rifiuti prodotti pro-capite.

In definitiva, tutti i capoluoghi italiani presentano una crescita in termini di sostenibilità ambientale, la maggior parte degli indicatori rilevano uno sforzo al miglioramento. Questi risultati possono differire da città a città e sembra permanere una differenza sostanziale tra Nord e Sud del paese. Ma è bene far notare come, anche nel Sud e nel Centro Sud, gli indicatori segnino un complessivo miglioramento, spesso superiore ai capoluoghi settentrionali.

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