Politica

Post amministrative, cosa resta

27
Giugno 2022
Di Daniele Capezzone

Comprensibilmente, il Pd festeggia, e ne ha molti ottimi motivi: da Verona a Parma, da Piacenza a Monza, da Catanzaro ad Alessandria. Nell’altro spogliatoio, il centrodestra ha seri motivi di riflessione: per la seconda tornata amministrativa consecutiva, dopo quella dell’autunno scorso (Roma, Milano, Torino, Napoli), anche stavolta partiva con sondaggi molto favorevoli, e ne è invece uscito rimediando sconfitte quasi ovunque (con le rilevanti eccezioni di Genova e Palermo).

A sinistra, va detto, si vince se c’è un deserto di elettori (stavolta ha votato appena il 40% degli aventi diritto) o se la destra commette errori al limite dell’autolesionismo (come a Verona). Per il resto, detto con franchezza, non è che la strategia lettiana del rapporto privilegiato con i Cinquestelle abbia particolarmente funzionato in queste amministrative. Anzi: dove la sinistra ha vinto, l’apporto pentastellato non si è proprio visto; dove invece quell’apporto c’era (Genova e Palermo), sono venute le due sconfitte più secche. La sensazione è che dunque il Pd lavorerà più che altro su se stesso, con campagne identitarie (diritti, ambiente, immigrazione) teoricamente in grado di solidificare il suo 20%, e per il resto cercherà di allestire un tendone con dentro tutti quelli che ci vorranno stare: atlantisti e pacifisti, riformisti e massimalisti. Resterà purtroppo deluso – temo – chi sperava o spera nello scioglimento di alcuni nodi di fondo.

Sul lato destro, ci si è cullati da settimane, in attesa delle amministrative, ripetendo lo scioglilingua per cui “uniti si vince”. Ah sì? L’amara verità è che il centrodestra ha perso ovunque: dove è andato unito e dove è andato diviso, a Nord come a Sud, a guida civica o a guida politica. L’impressione è che i leader del centrodestra debbano riflettere su un’evidenza: hanno un solo potente “asset”, che è rappresentato dai propri elettori potenziali. O li mobilitano, oppure non c’è speranza. Per mobilitarli, l’unità è una precondizione, insieme a candidature credibili. Ma serve soprattutto un progetto, un motivo che spinga l’elettore a uscire di casa. Se a sinistra basta l’obiettivo di “battere le destre”, da quest’altro lato questo genere di richiamo non ha presa sufficiente. Personalmente, continuo a ritenere che l’unica potente arma di mobilitazione sia quella fiscale: e quindi una campagna direttamente rivolta ad autonomi, partite Iva, piccole imprese e lavoratori del privato. Ma per un verso il piccolo cabotaggio del governo (che oggettivamente penalizza le formazioni di centrodestra che ne fanno parte) e per altro verso una maggiore attitudine della coalizione, in questa fase storica, alla protezione rispetto alla scommessa liberale, rappresentano due problemi tutt’altro che marginali in vista delle politiche.