Esteri
Consiglio Ue, G7 e Vertice NATO: tre Summit che non fanno una pace
Di Giampiero Gramaglia
Quando Mario Draghi è arrivato al Consiglio europeo, giovedì pomeriggio, il suo lo aveva già fatto. Per il presidente del Consiglio italiano, la parte più spinosa del trittico di Vertici internazionali che prosegue fino al primo luglio erano i preliminari ‘domestici’: addomesticare e appianare le tensioni nelle forze che sostengono il suo governo e ottenere un mandato ampio e duttile da maneggiare. Missione compiuta in Parlamento fin da martedì, sia pure al prezzo di un’ulteriore destrutturazione di una maggioranza sempre più caravanserraglio, che si sfrangia e si frantuma, ma resta a parole unita nel sostegno al governo.
Il resto, per Draghi, è quasi routine. Al Vertice europeo, che si conclude oggi, il tema che più gli sta a cuore, l’energia con l’idea di un tetto al prezzo del gas, non è maturo per decisioni – se ne riparlerà forse a luglio -, mentre il riconoscimento all’Ucraina e alla Moldavia dello statuto di candidato all’adesione era praticamente scontato, nonostante le tensioni innescate alla vigilia dal veto bulgaro all’apertura dei negoziati d’adesione con Albania e Macedonia del Nord, due Paesi in lista d’attesa da molti anni, come tutti i Balcani occidentali. Gli appuntamenti successivi, G7 e Nato, non hanno particolari insidie per l’Italia e per il premier.
Il sì dei leader dei 27 allo statuto di candidato ha pure avuto l’avallo largo del Parlamento europeo, con 529 voti a favore, 45 contrari e 14 astenuti. I deputati giudicano la scelta “prova di leadership e lungimiranza”, ma sottolineano che “non esiste una procedura accelerata per l’adesione all’Ue” e che questa resta “un processo strutturato e basato sul merito”.
Il trittico di appuntamenti internazionali è serrato: oggi si chiude il Consiglio europeo a Bruxelles; da domenica 26 a martedì 28, ci sarà il G7 al Castello di Elmau in Baviera – è il 48esimo della serie: toccherà all’Italia ospitare il 50esimo nel 2024 -; e, infine, da martedì 28 a giovedì 30, ci sarà il Vertice della Nato a Madrid, nel 40esimo anniversario dell’adesione della Spagna all’Alleanza atlantica.
La guerra in Ucraina fa da minimo comune denominatore: se ne parlerà in tutte e tre le sedi, toni e accenti analoghi. Ma tre Vertici di fila non fanno una pace. Anzi, possono rendere una guerra peggiore e più lunga, se l’obiettivo è sconfiggere la Russia e non concordare una tregua. E, intanto, il conflitto in Ucraina prosegue, con i russi all’offensiva nel Donbass.
Draghi e il suo governo sono sostanzialmente allineati sulle posizioni europea e occidentale. Dopo l’invasione dell’Ucraina, la sintonia è ampia nell’Unione europea fra i Grandi e nella Nato: il tema è come uscire dal conflitto senza ‘remunerare’ Mosca per la sua aggressione e, nel contempo, sventando una ‘guerra del grano’ – letale al Terzo Mondo – e una ‘guerra dell’energia’ – letale a noi -.
La pace non è alle viste e non è neppure una priorità condivisa – c’è chi punta a logorare la Russia con una “guerra lunga”: ad esempio, Stati Uniti, Gran Bretagna, Polonia, Paesi baltici -. Draghi potrà, nelle varie sedi, riferire, insieme al presidente francese Macron e al cancelliere tedesco Scholz, della loro missione congiunta a Kiev la settimana scorsa; ma nessuno dei tre leader arriva alla settimana cruciale in condizioni eccellenti: Draghi deve tenere a bada le turbolenze interne; Macron non ha più una maggioranza, dopo i ballottaggi politici di domenica scorsa; e Scholz è sotto schiaffo degli ucraini perché fornisce loro con riluttanza le armi promesse.
La risoluzione approvata dal Parlamento italiano impegna, fra l’altro, il governo a “garantire sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, legittimati dall’art. 51 della Carta dell’Onu – che sancisce il diritto all’autodifesa individuale e collettiva – confermando il ruolo dell’Italia nell’ambito dell’azione multilaterale, a partire dall’Unione europea e dall’Alleanza Atlantica, finalizzata al raggiungimento del primario obiettivo del cessate il fuoco e della pace”.
C’è uno iato con il mantra Usa e Nato della ‘guerra lunga’ destinata a fiaccare la Russia e a indebolirla militarmente ed economicamente. Ma Draghi ha risorse diplomatiche e dialettiche adeguate a destreggiarsi tra le indicazioni del Parlamento e le conclusioni dei vari Vertici.
Energia ed emergenza alimentare saranno le angolature specifiche del G7, che produrrà parole più che decisioni. Mentre all’ordine del giorno della Nato c’è un punto ancora aperto e su cui si continua a negoziare, ma che non chiama direttamente in causa l’Italia: l’ingresso nell’Alleanza di Finlandia e Svezia è bloccato dal veto di Ankara che contesta a Helsinki e soprattutto a Stoccolma l’asilo offerto a esponenti del Pkk, il Partito dei lavoratori curdo, per la Turchia un’organizzazione terroristica. Si discute, ma non è sicuro che si trovi un compromesso in tempo utile. Un’incrinatura nello show d’unità dell’Occidente? Certo, ma il presidente turco Recep Tayyip Erdogan tiene sempre sorprese in serbo.
A Madrid, la Nato varerà la nuova versione del suo Concetto strategico, che individua nella Russia “la principale minaccia alla sicurezza atlantica” e che per la prima volta indica la Cina come “fonte di preoccupazione”. Pechino ha già organizzato la sua risposta al gran pavese di vertici occidentali, riunendo in formato virtuale i leader dei Brics – Cina, Russia, Brasile, SudAfrica e India -: è stata l’occasione, per il presidente Xi Jinping, di stigmatizzare l’espansionismo delle alleanze militari – una stoccata alla Nato – e di predicare “l’autentico multilateralismo”, l’abbandono della “mentalità da Guerra Fredda” e l’opposizione “alle sanzioni unilaterali”. Vladimir Putin ha invece denunciato “l’egoismo dell’Occidente”.