Esteri
Brexit alle prese con il risorgimento dei nazionalismi irlandese e scozzese
Di Paolo Bozzacchi
Un’uscita più complicata del previsto. Il Regno Unito è alla prese con una Brexit non proprio “easy and smooth”. Lo dimostrano il probabile risultato storico delle elezioni in Irlanda del Nord, dove dopo un secolo potrebbe vincere il partito nazionalista (e di sinistra) dello Sinn Fein favorevole alla riunificazione irlandese e con 8 punti di vantaggio sul partito Unionista, e l’ancora più probabile vittoria dello Scottish National Party alle amministrative in corso, dato addirittura al 42% dei consensi.
Ma la Brexit non è minacciata solamente dal risorgimento dei nazionalismi irlandese e scozzese. Nel Regno Unito sta facendo molto discutere la decisione della scorsa settimana di posticipare alla fine del 2023 l’attivazione dei controlli portuali sui prodotti animali e vegetali provenienti dai Paesi UE. Motivo per cui i porti britannici hanno chiesto un risarcimento al governo britannico a causa dei ritardi di 18 mesi. Il Major Ports Group (ente commerciale che riunisce i principali operatori) stima che siano state spese circa 100 milioni di sterline (118,3 milioni di euro) per costruire le nuove strutture di frontiera, mentre altri 200 milioni di sterline (236,6 milioni di euro) sono stati erogati sotto forma di sovvenzioni governative post-Brexit tramite il Fondo per le infrastrutture portuali. Il Ministro per le Opportunità generate dalla Brexit, Jacob Rees-Mogg, si è affrettato a dichiarare che il quarto ritardo deciso dal governo nell’attuazione dei controlli ai confini “dovrebbe garantire un risparmio al settore industriale di oltre un miliardo di sterline oltre che a contribuire ad allentare gli effetti del rincaro dell’inflazione”. L’inflazione, appunto. A marzo (anno su anno) i prezzi sono cresciuti del 7%, il più alto rialzo annuale da quando sono iniziate le serie statistiche nel 1997, un quarto di secolo fa.
Se il ritorno dei nazionalismi irlandese e scozzese potrebbe essere una notizia non buona per la sostenibilità politica della Brexit, l’uscita dall’UE ha però portato anche dei risultati positivi importanti. In primis un’immigrazione che ha innalzato subito il suo livello di qualità. Non più europei a basso costo, ma asiatici e africani qualificati. Nel 2021 solamente Londra ha concesso 840mila visti di ingresso, con un balzo in avanti del 50% rispetto al pre-Brexit. Tra questi solamente 50mila visti sono andati a cittadini UE. Mentre i visti di lavoro per gli arrivi extra-Ue sono balzati dai 163mila del 2016 a quota 210mila.
In attesa del destino politico di Irlanda del Nord e Scozia ci si può ampiamente consolare.