Paese che vai, tassa che trovi. Verrebbe da dire così leggendo i dati pubblicati nell’annuale rilevazione dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva sui costi sostenuti dai cittadini per lo smaltimento dei rifiuti in tutti i capoluoghi di provincia, prendendo come riferimento nel 2018 una famiglia tipo composta da 3 persone ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. La situazione, infatti, vede una grande disparità fra le diverse regioni.
Nel 2018 la tassa dei rifiuti nel nostro Paese ammonta in media a 302 euro, con differenze territoriali molto marcate: i due estremi della graduatoria sono rappresentati dal Trentino Alto Adige che si conferma la regione più economica, con una tassa rifiuti media di 188 euro, e la Campania, la più costosa, con 422 euro annuali. In generale, i rifiuti costano meno al nord Italia (in media 256 euro), segue il centro (301 euro) e il sud (357 euro). Guardando i soli capoluoghi, la cifra più alta si paga a Reggio Emilia (313 euro), seguita da Modena (293 euro), Rimini (287 euro) e Bologna (286 euro). Più bassi invece i costi a Forlì (279 euro), Piacenza (276 euro), Cesena (269 euro), Parma (255 euro) e Ravenna (247 euro), mentre Ferrara è l'unico capoluogo che applica la tariffa puntuale. Rispetto all’anno precedente, si evidenzia un aumento in ben 10 regioni, con la Basilicata che registra l’incremento più elevato (+13,5% nella sola città di Matera) e una diminuzione in 6 regioni, in particolare in Molise (-4,9%) e in Trentino Alto Adige (-4,5%). Roma è l’unica città del Lazio in cui la tariffa è aumentata nel 2018 (passata da 383 a 394 euro l’anno), Napoli continua a trovarsi nella top 10 delle città più costose con una mazzata annua di 446 euro anche se nell’ultimo anno c’è stato un calo di 2 euro. Rincari anche a Milano (+3,5%) dove la Tari si attesta a 332 euro.
Capitolo a parte riguarda i rifiuti. Secondo il rapporto “Rifiuti urbani 2017” dell’Ispra in Italia nel 2016 sono state prodotte 30,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. La Regione che ha una produzione pro capite di rifiuti urbani più alta è l’Emilia Romagna (653 Kg l’anno) mentre la più bassa è la Basilicata (354 Kg). La maggioranza dei rifiuti urbani in Italia è prodotta nel nord (47%) seguito dal sud con il 31% e infine dal centro (22%). L’incremento più alto della produzione pro capite rispetto alla precedente rilevazione è quello registrato nel Veneto (+9,2%) mentre in Liguria si assiste alla diminuzione più significativa (-2,7%). Buone notizie, invece, per la raccolta differenziata: nel 2016 (ultimo anno disponibile) secondo dati Ispra, siamo arrivati a livello nazionale al 52,5% (+5% rispetto al 2015), mentre un quarto dei rifiuti finisce in discarica. Da una indagine Istat di luglio 2018, risulta che, per incrementare e migliorare la raccolta differenziata, oltre il 90% delle famiglie vorrebbe maggiori informazioni su come differenziare i rifiuti, nonché centri di riciclo e compostaggio più numerosi ed efficienti; oltre l’80% chiede detrazioni o agevolazioni fiscali e tariffarie, già esistenti in alcune aree del Paese. Tra i motivi che spingerebbero le famiglie a differenziare di più i rifiuti, al primo posto – secondo una rielaborazione di dati Istat – figura una "maggiore informazione su come separarli", indicata nel 91% dei casi, seguita da centri di raccolta di rifiuti riciclabili più numerosi (90,5%). All'ultimo posto, invece, come incentivo alla differenziata c'è il sistema porta a porta, indicato solo dal 44% dei cittadini come aiuto utile a separare di più i rifiuti.
A un leggerissimo calo della Tari a livello nazionale corrisponde un aumento della raccolta differenziata, che (dati Ispra) dal 2006 al 2016 è passata dal 25,8% al 52,5%. Le regioni più virtuose sono Veneto e Trentino Alto Adige, dove si supera il 70% e Lombardia e Friuli Venezia Giulia dove il 70% lo si sfiora. La Sicilia resta l’unica sotto alla soglia del 20%, mentre Calabria e Basilicata hanno fatto un balzo dell’8% dal 2015 al 2016.
E.G.